Il presidente del Consiglio Mario Monti, ha annunciato la nuova squadra di governo composta esclusivamente da esponenti tecnici. *
Questa la lista dei nuovi ministri:
Corrado Passera, ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture;
Giampaolo Di Paola, ministro della Difesa;
Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno;
Paola Severino, ministro della Giustizia;
Giulio Terzi, ministro degli Esteri;
Elsa Fornero, ministro del Welfare con delega alle Pari Opportunità;
Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca;
Lorenzo Ornaghi, ministro per i Beni culturali;
Renato Balduzzi, ministro per la Salute;
Mario Catania, ministro delle Politiche Agricole e forestali;
Corrado Clini, ministro dell’Ambiente.
Monti, che mantiene la delega all’Economia e alle Finanze, ha nominato anche cinque ministri senza portafoglio:
Enzo Moavero Milanesi (Affari Europei),
Piero Gnudi (Turismo e Sport),
Fabrizio Barca (Coesione territoriale),
Piero Giarda (Rapporti con il Parlamento),
Andrea Riccardi (Cooperazione internazionale).
Monti proporrà al Cdm la nomina di Antonio Catricalà, attuale presidente dell’Antitrust, a sottosegretario della Presidenza del Consiglio.
17:20 I ministri hanno giurato, esecutivo nella pienezza delle funzioni 128 -
Con il giuramento di tutti i ministri che compongono l’esecutivo a guida Mario Monti, il nuovo Governo, in attesa di ottenere le fiducie dalle Camere, è nella pienezza delle sue funzioni.
17:08 I ministri ripassano la formula
Mentre Monti giurava i ministri ripassavano tutti la formula sul cartoncino in attesa del loro turno. "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione", è la formula del giuramento.
17:00 Monti giura davanti a Napolitano
Monti ha giurato davanti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Dai treni di Montezemolo all’operazione Alitalia. I conflitti d’interesse del neo ministro Passera
di Vittorio Malagutti (il Fatto, 17.11.2011)
Milano. Il suo "sogno per l’Italia" Corrado Passera lo ha raccontato in un’intervista a Panorama nel gennaio del 2008, agli sgoccioli del governo Prodi. Ed era un Corrado Passera più che mai ispirato, quello che si abbandonava tra le braccia dell’allora direttore Maurizio Belpietro per illustrare all’house organ berlusconiano Panorama la sua ricetta per il risanamento di un “Paese in declino” e con un “sistema politico bloccato”. Da allora il capo di Banca Intesa ci ha preso gusto e nelle successive interviste ha sempre recitato da statista. “Un piano da 50 miliardi per l’Italia”, era il titolo scelto dal Sole 24 Ore per un lungo colloquio del banchiere con Ferruccio De Bortoli, direttore (a quell’epoca) del quotidiano confindustriale. E ancora, il 5 settembre scorso, dalle colonne del Corriere della Sera, il manager invocava un "Patto per crescere".
Così, adesso che finalmente è approdato a una poltrona di governo (anzi, due in una), riesce facile affermare che Passera studiava da ministro ormai da anni. Uscite pubbliche sempre più frequenti, discorsi, interviste, perfino la gestione mediatica del suo (secondo) matrimonio nel maggio scorso (tra i selezionatissimi invitati anche Mario Monti e Mario Draghi). TUTTO SEMBRAVA rientrare in una sapiente strategia d’immagine studiata apposta per cucire addosso al banchiere un ruolo politico. Strategia culminata, solo un mese fa, con la partecipazione da riverita superstar al forum delle associazioni cattoliche riunite a Todi, dove la Chiesa ha mandato l’avviso di sfratto a Berlusconi. Come politico, Passera ha dimostrato di cavarsela ottimamente con lo slalom. Nel 2007 votò alle primarie del centrosinistra, per poi impostare, l’anno successivo, una manovra d’avvicinamento al governo di centro destra culminata con il salvataggio dell’Alitalia in cui Intesa guidò la cordata degli investitori patrioti. Ma mentre il Cavaliere affondava in un mare di debiti e scandali, Passera si era già procurato un salvacondotto verso i tempi nuovi. Quelli del governo tecnico guidato dall’amico Monti. Che ieri a domanda precisa sull’opportunità di scegliere proprio Passera ha negato “che ci siano nelle sue nuove funzioni possibili intralci legati alla sua attività passata”.
DI SICURO, però, per il manager bocconiano, classe 1954, già assistente, ormai vent’anni fa, di Carlo De Benedetti e amministratore delegato del Gruppo L’Espresso e dell’Olivetti, non sarà facile lasciarsi alle spalle il suo ingombrante passato da primo banchiere d’Italia. Con questo ruolo Passera ha finanziato e gestito affari miliardari che ora sarà chiamato a valutare da una poltrona di governo e nell’interesse pubblico. Prendiamo i treni superveloci della Ntv controllata da Diego Della Valle e Luca di Montezemolo, entrambi in ottimi rapporti con il neo ministro. Intesa ha sostenuto sin dall’inizio l’avventura della compagnia ferroviaria che vuol far concorrenza al Frecciarossa di Trenitalia. E adesso l’ex amministratore della banca socia e finanziatrice del gruppo privato è chiamato, in qualità di ministro, a fare da arbitro nella contesa con l’azienda di Stato. “È un bel progetto di sistema, sano, solido, messo insieme da quattro amici”, disse Passera tre anni fa a proposito di Ntv. Questione di opinioni, ma il neo-ministro ora dovrà convincere anche Mauro Moretti, il numero uno di Trenitalia.
Poi c’è la questione Alitalia, che ha evitato il crac grazie ai soldi pubblici e a quelli di Intesa. Fino a ieri Passera faceva il tifo per la compagnia guidata da Roberto Colaninno dove la sua banca era pesantemente impegnata. Adesso invece il manager diventato ministro è chiamato a tutelare i cittadini viaggiatori. Mica facile dare un taglio netto con il passato, senza esporsi a prevedibili sospetti alimentati dalle sue precedenti attività. Non è mistero, per esempio, che Intesa è di gran lunga l’istituto più coinvolto nei finanziamenti delle opere pubbliche. Nel 2007 fu un’idea di Passera quella di sviluppare, sotto l’ombrello di Intesa, la nuova Banca delle Infrastrutture, pensata apposta per affiancare Stato ed enti locali. Grandi progetti come la Brescia-Milano, la Pedemontana lombarda e la Brebemi, per citare solo le autostrade, vedono Intesa nel ruolo di finanziatore e azionista.
Altro capitolo delicato è quello dei telefoni. Intesa è uno dei soci di riferimento di Telecom Italia, partecipata attraverso la holding Telco. A suo tempo Passera ebbe un ruolo decisivo nella manovre finanziarie che traghettarono il gruppo di telecomunicazioni, ceduto da Marco Tronchetti Pro-vera, nell’orbita del salotto buono di Mediobanca e Generali. Solo che adesso il banchiere grande socio di Telecom Italia è diventato il ministro competente nel delicato settore delle telecomunicazioni. Difficile che i concorrenti, da Vodafone a Wind, abbiano accolto con gioia la notizia. Così come Mediaset, Rai e gli altri rivali di Telecom (che controlla La7) in vista della fase finale finale del beauty contest che assegnerà gratis le frequenze televisive liberate dal passaggio al digitale.
Da Todi a Palazzo Chigi
di Marco Politi (il Fatto, 17.11.2011)
I cattolici di Todi vanno al governo. Prima ancora che la carovana umbra riesca a darsi un’organizzazione, l’area bianca assume il volto della consistente pattuglia di personalità cattoliche che faranno parte del Consiglio dei ministri guidato dal cattolico Monti. È una squadra di tutto rispetto: Andrea Riccardi, leader della Comunità di Sant’Egidio alla Cooperazione internazionale, il banchiere Corrado Passera allo Sviluppo, Lorenzo Ornaghi rettore dell’Università Cattolica ai Beni culturali, Renato Balduzzi già presidente dei Laureati cattolici (Meic) alla Salute. Al di là delle differenti caratteristiche, la loro presenza testimonia l’avvento di una cultura politica radicalmente diversa da quella del governo di centro-destra. Al posto di una compagnia di ventura ispirata a faziosità, aggressività, ideologismo e nutrita di un’incosciente disattenzione al Paese reale, salgono sulla scena personaggi riunitisi a Todi sulla base del “Manifesto per la buona politica e il bene comune”.
“SIAMO ORGOGLIOSI di essere italiani, portatori di valori, di cultura, di tradizioni, apprezzati nel mondo e consapevoli di avere un destino comune... (impegnati ad) avviare una nuova stagione di sviluppo e per dare risposte positive alle giovani generazioni, ai territori meno sviluppati, alle persone bisognose”. Così recita il manifesto, su questo si misureranno e saranno misurati.
Il solo fatto di vedere persone che non alzeranno il dito medio (marchio Bossi), non manderanno ‘affanculo oppositori (Romano), non parleranno di élite di merda (Brunetta) o elettori coglioni (Berlusconi) è antropologicamente un sollievo. Il loro stesso modo di esprimersi rappresenta un ritorno a un linguaggio basato sul pensiero e non ispirato a spot pubblici-tari o furbizie da comizio.
La foto di Monti e dei suoi boys di parte bianca (al di là delle specifiche esperienze di ognuno) rappresenta plasticamente l’immagine del contributo di risorse cattoliche che si è sempre manifestato nei tornanti decisivi delle vicende italiane. Persino durante il Risorgimento, nel quale - nonostante la scatenata opposizione papalina e clericale - il cattolicesimo liberale è stato ben presente. Sul piano della cronaca politica più recente, il loro arrivo marca la sconfitta definitiva del tentativo di Berlusconi di costruire il suo governo del 2008 rifiutando superbamente il rapporto con forze cattoliche autonome. Tutti si accorsero, quando fu presentato l’ultimo governo di centrodestra, che i cattolici erano stati esclusi dai ministeri che contano. (Letta, uomo vaticano, è un caso a parte). La ricreazione del partito padronale, ateo devoto e intrinsecamente cinico, ora è finita. La benedizione di Ruini e di Bertone - è bene ricordarlo - ha portato al disastro attuale.
Il conciliaboli antecedenti alla formazione del governo hanno lasciato tuttavia uno strascico avvelenato. Il veto prepotente pronunciato da parte della Chiesa nei confronti dell’ipotesi che uno scienziato come Veronesi andasse al ministero della Salute. Vera o no l’ipotesi, rimane reale il veto. Sintomo preoccupante di una visione ideologica dei problemi della sanità (e della famiglia, possiamo aggiungere) che con un governo di stampo “europeo” non è assolutamente in sintonia.
È bene riflettere subito su problemi che toccano la vita quotidiana di milioni di uomini e donne. Un governo liberalizzatore di stampo europeo non può e non dovrà permettere che un farmacista si arroghi il diritto - contro la legge - di vendere o meno la pillola del giorno dopo. Non può tollerare ostruzionismi capziosi, che nulla hanno a che fare con la cura delle persone, nei confronti della pillola del giorno dopo o della Ru486. Dovrà riformulare urgentemente le assurde linee guida, varate come ultima raffica, per impedire la diagnosi preimpianto degli embrioni mortalmente malati. Soltanto il cinismo di una radicale pentita come Eugenia Roccella può dichiarare che l’assistenza alla procreazione è per le coppie sterili e non riguarda padri e madri che hanno la responsabilità di non mettere al mondo bimbi condannati a morire per talassemia o fibrosa cistica.
QUESTA VERGOGNA ideologica deve finire. Sarebbe poco logico predicare la libera concorrenza e ampliare la libertà di gestione delle imprese ad esempio nel campo dei licenziamenti, sarebbe poco comprensibile voler spezzare i lacci delle caste e delle corporazioni, e poi mortificare la libertà di responsabile decisione di uomini e donne nello spazio vitale della propria esistenza. Il profilo stesso delle personalità cattoliche arrivate nel governo Monti dimostra che questo governo è tutt’altro che tecnico. Al contrario, è altamente politico perché portatore di una visione generale di riorganizzazione sociale all’insegna di sviluppo, modernizzazione, equità e coesione. Dai cattolici, che siederanno ai banchi del governo, ci si aspetta che sappiano misurarsi con i problemi della modernità con l’indipendenza di un De Gasperi e della migliore tradizione di autonomia della Dc, trovando soluzioni concrete orientate al bene comune. Con l’accento su “comune”.
Il cardinale Bertone: «Una bella squadra». Dalle Acli all’Azione Cattolica reazioni soddisfatte
Casini si spinge a dire: «È la fine della diaspora della Dc». Replica Bindi: «Ti sbagli»
Il Vaticano benedice
Per i cattolici è l’«effetto Todi»
I «professori cattolici» nella squadra del governo Monti rassicurano la Chiesa.
La novità dell’esecutivo «tecnico» risponde allo spirito di Todi. Apprezzamenti dal cardinale Bertone, dal Sir, dall’Azione cattolica e dalle Acli.
di Roberto Monteforte (l’Unità 17.11.11
«Una bella squadra alla quale auguro buon lavoro. Si tratta di un lavoro difficile, ma penso che la squadra sia attrezzata per affrontare questo lavoro». È stata questa l’autorevolissima «benedizione» del segretario di Stato vaticano, cardinale Bertone al «governo tecnico» presentato ieri dal professore Mario Monti che ha giurato ieri al Quirinale. Un governo forte. Con personalità «tecniche» di grande competenza che con si mettono al servizio del Paese per favorire il superamento della crisi con un’imprevista accelerazione, almeno stando ai commenti e ai messaggi di augurio rivolti dal mondo dell’associazionismo cattolico al governo. Dal settimanale Famiglia Cristiana all’agenzia dei vescovi Sir, dalle Acli all’Azione cattolica è comune il sostegno convinto a Monti.
«Un governo tecnico» lo descrive il Sirnato da un passo indietro delle forze politiche che «tuttavia, fin d’ora sono chiamate ad accompagnare con serietà e senso di responsabilità il lavoro dei tecnici». «Coniugare rigore ed equità, sacrifici e crescita conclude il Sir comporta da parte di tutti uno spirito di coesione e di collaborazione. Plaudono anche il Terzo Settore e il presidente delle Acli, Andrea Olivero che lo definisce «un esecutivo convincente», con «figure di alto profilo» che «non nasce contro la politica, ma al servizi della buona politica».
Quello che si sottolinea è la sintonia con le indicazioni «politiche» avanzate dal laicato cattolico al seminario di Todi. Rafforzata dalla presenza di «ministri» di area. Il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini si spinge a parlare di «fine della diaspora della Dc», visto che ora i cattolici si ritrovano uniti nello stesso al gover no. Gli risponde Rosy Bindi (Pd). Non vi è stata «alcuna riunificazione» dei cattolici. «Questo governo puntualizza -non è sostenuto da una coalizione, ma da forze politiche che lavorano in autonomia, ciascuna con le proprie caratteristiche».
QUELLI DELL’«INCONTRO»
Una cosa è certa. Tra i ministri che hanno giurato al Quirinale, vi sono protagonisti dell’«incontro di Todi» che hanno accolto l’invito delle gerarchie e dello stesso pontefice a mettersi al servizio del paese e del «bene comune». Vi è il banchiere Corrado Passera, neo-ministro allo sviluppo economico. Il professore Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, a cui il presidente Monti ha affidato la responsabilità di un nuovo dicastero che comprende la «cooperazione interna e internazionale», due emergenze che hanno contraddistinto l’«azione sociale» della comunità di Trastevere. «L’impegno per la coesione sociale, per l’integrazione nazionale e per la cooperazione internazionale ha spiegato Riccardi fanno parte della mia cultura e dell’esperienza da me maturata in questi anni. Credo siano elementi decisivi per un Paese che ritrova la forza per uscire dalla crisi».
Alla guida dei Beni culturali vi è il rettore della università Cattolica professore Ornaghi, l’uomo chiave del «progetto culturale» della Cei voluto dal cardinale Ruini, intellettuale apprezzato anche dal presidente dei vescovi, Bagnasco. Del governo fa parte anche Piero Giarda, formatosi alla Cattolica di Milano: sarà il ministro per i rapporti con il Parlamento. Espressione autorevole dell’associazionismo cattolico è il professore di diritto costituzionale, Renato Balduzzi già presidente del Meic, il movimento di impegno culturale legato all’Azione cattolica. Sarà a capo di un ministero strategico per la Chiesa: la Salute. Non gli manca l’esperienza. È stato esperto giuridico della Bindi alla Sanità e alle Politiche per la famiglia.
IL PERSONAGGIO
Passera, il manager delle emergenze vigilerà su sviluppo e infrastrutture
Il nuovo ministro dello Sviluppo economico: tra banche, Poste e imprese ha sempre ambìto al ruolo di risanatore
di ANDREA GRECO *
MILANO - C’è un adagio che da anni insegue Corrado Passera. "E’ come un compratore di titoli capace sempre di muoversi quando hanno raggiunto i minimi storici". In Borsa, chi riesce a entrare "sui minimi" è difficile che perda i suoi soldi. La logica vale forse in generale, sicuramente vale per le carriere.
Il banchiere comasco laureato alla Bocconi e formato alla McKinsey - i due standard per le tecnocrazie private italiane - è uomo particolarmente accorto. Nei suoi oltre vent’anni di lavoro al vertice delle più importanti aziende del paese, è opinione diffusa che abbia sempre avuto un sesto senso a guidarlo, da punto a punto, sempre riuscendo a vestire i panni del risanatore di gruppi in difficoltà.
Dopo la parentesi nelle aziende di Carlo De Benedetti (Cir, L’Espresso, Olivetti), nel ’96 fu nominato ad del Banco Ambrosiano rinato sotto le macerie del crac di Roberto Calvi, e da lui fuso con Cariplo, a creare le basi dell’attuale gruppo bancario. Due anni dopo la nomina a capo delle Poste Italiane, che Passera portò al pareggio di bilancio dopo l’iniezione di anticorpi privati e l’entrata nei servizi finanziari (Banco Posta).
Nel 2002 il ritorno in grande stile a Banca Intesa, proiettata verso la leadership nazionale ma schiacciata nei conti dai tracolli di mercato che ne avevano quasi azzerato l’utile. In Ca’ de Sass il manager ebbe buon gioco a recuperare efficienza, ridurre i costi, unificare le piattaforme informatiche delle reti e rispolverare l’immagine della banca. L’effetto fu sensibile anche in Borsa, per la soddisfazione dei soci e dello stesso management: Passera e i suoi accoliti incassarono stock option per decine di milioni di euro in pochi anni.
Nel 2006 l’integrazione con Sanpaolo Imi, la miglior banca italiana, che Intesa seppe annettersi senza pagare un premio agli azionisti torinesi. Poi un lungo cabotaggio tra i marosi della lunga crisi finanziaria, che ha fiaccato Intesa Sanpaolo ma meno di tante rivali, per le caratteristiche di solidità e prudenza del suo business.
Ora il salto in politica, che non deve sorprendere: Passera da qualche anno aveva iniziato una privata raccolta di spunti politici, e sempre più "parlava da ministro", anche in pubblico. Anche l’azienda Italia è sui minimi, anzi: è a un passo dal default. E il prossimo ministro dello Sviluppo economico, dopo un decennio alla guida della "banca per il paese", conosce forze e debolezze italiane a memoria.
Per lui c’è nei fatti un superministero: come ha confermato Monti, vigilerà su Sviluppo e infrastrutture. * la Repubblica, 16 novembre 2011
IL VIA LIBERA AL NUOVO ESECUTIVO
Monti al Colle per il nuovo governo
Dalle 11 l’ex commissario Ue è al Quirinale per accettare l’incarico e presentare la lista dei ministri: saranno 11 o 12 e tutti tecnici. Stasera i summit di Pdl e Pd
ROMA. Puntualissimo, alle 11, il presidente del Consiglio incaricato, Mario Monti, è giunto al Quirinale per sciogliere la riserva nelle mani del Capo dello Stato e accettare l’incarico di formare il nuovo governo. Abito grigio scuro, camicia azzurra e cravatta blu con piccoli motivi floreali, è giunto al Colle con Federico Toniato, che lo ha affiancato da quando è a Roma. I ministri saranno 11 o 12, tutti tecnici.
La trattativa per definire la squadra di governo è finita nella notte. Il segretario del Pdl Angelino Alfano si è recato a Palazzo Giustiniani dove ha avuto un lungo incontro con il presidente del Consiglio incaricato Mario Monti. Sembra tramontata, per i veti incrociati, l’ipotesi di far entrare nell’Esecutivo Gianni Letta e Giuliano Amato. Si profila un governo di soli tecnici.
Nel toto- ministri, potrebbe esserci una novità per la Giustizia con il nome di Paola Severino, avvocato e docente alla Luiss. Il nome del prefetto Pansa circola per gli Interni, oltre alla candidatura di Anna Maria Cancellieri. Per l’Economia si parla dell’interim a Monti (con la nomina di quattro vicepremier) o di Corrado Passera (o Secchi). Elsa Fornero, docente all’Università di Torino, tra le massime esperte italiane ed europee di welfare e previdenza, andrebbe al Welfare. Si parla inoltre di Mosca Moschini alla Difesa, Settis ai Beni culturali; per l’Istruzione il rettore della Cattolica Ornaghi è in calo, mentre salgono le quotazioni di Francesco Profumo, presidente del Cnr.
La Conferenza dei capigruppo del Senato intanto è intanto convocata alle 16 per stabilire quando il presidente del Consiglio incaricato, Mario Monti, sciolta la riserva e presentata la lista dei ministri, verrà al Senato per ottenere la fiducia. L’Aula dovrebbe essere convocata per domani, probabilmente nel pomeriggio.
Per esaminare la composizione del nuovo govenro alle 19, a palazzo Grazioli, ci sarà oggi la riunione dell’ufficio di presidenza del Pdl. All’ora di pranzo, in via del Plebiscito, Silvio Berlusconi riunirà i vertici del partito. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha convocato per questa sera alle 20 una riunione del coordinamento del partito.
* La Stama, 16/11/2011
Il cavaliere non tace.
di Rosario Amico Roxas
Eliminati dalla compagine governativa nani, ballerine, prestigiatori, fantasisti, giocolieri, esibizionisti, mimi, ventriloqui, imitatori, poetastri, spogliarelliste, danzatrici del ventre, equilibristi, uomini volanti, suggeritori, nonchè l’intera orchestra che suonava sempre la stessa musica, non resta nulla della politica politicante, ma emerge la sconfitta dei giochi di palazzo, quei giochi che hanno permesso e favorito l’emergere dell’anti-politica .Ma a fronte di un governo, non più del fare a parole, ma dell’agire con i fatti, che vorrebbe distinguersi per chiarezza e trasparenza, ai margini di quel che resta della precedente politica si mescola nel torbido per impedire proprio la chiarezza e la trasparenza, nel timore che possano emergere altre malefatte cavalleresche fin ora mimetizzate nella grande confusione.
Così nella quotidiana esternazione di Berlusconi si legge l’aspirazione di Monti alla presidenza della Repubblica, come accadde con Ciampi, che risolse taluni inghippi e così venne premiato.
Il cavaliere non resiste alla tentazione di annoverare anche Monti tra i suoi fedeli, se non proprio fedelissimi, così fa emergere ipotesi, facendo capire che le appoggerebbe (ma in cambio di che ?).
Il cavaliere non tace, mentre gli italiani sono ancora in apnea, in attesa di riprendere fiato. Per tacere forse servirà un default personale, tale da costringerlo a chiedere sostegno in cambio del suo silenzio.
Mediaset e le altre aziende quotate in borsa del cavaliere, sono sulla buona strada del fallimento.
Rosario Amico Roxas
GOVERNO
Berlusconi: "Con Monti democrazia sospesa"
E su Napolitano: "Ci trattava come bambini"
Davanti ai senatori del Pdl l’ex premier non usa mezzi termini e attacca il nuovo esecutivo: "La decisione finale ci è stata praticamente imposta. Durerà finché vorremo noi". E sulle elezioni e l’incognita Casini: "Faremo ragionare il ragazzo al momento giusto, con le buone o le cattive" *
ROMA - Il governo di Mario Monti rappresenta una "sospensione certamente negativa della democrazia". Sono le parole che Silvio Berlusconi ha usato, parlando ai senatori del Pdl, davanti ai quali ha parlato del nuovo governo, dei punti del programma che non gradisce e di elezioni: "Non possiamo lasciare il paese alla sinistra. E poi a chi? a Di Pietro, Vendola e Bersani. Gli italiani non sono così cretini da dare il voto a questi qua".
Attacco a Monti e Napolitano. L’ex premier non usa mezzi termini e attacca duramente il nuovo esecutivo: "la decisione finale ci è stata praticamente imposta, con i tempi voluti dal presidente della Repubblica". Ce n’è anche per il capo dello Stato: "Come presidente del consiglio mi sentivo impotente, potevo solo suggerire disegni di legge. Anche i decreti, quando arrivavano al Quirinale, il presidente della Repubblica diceva no a 2 su 3 - sottolinea Berlusconi -. Ci correggeva con la matita rossa, come una maestra con i bambini delle elementari".
No alla patrimoniale. Davanti ai senatori del suo partito, l’ex presidente del Consiglio sottolinea che la durata del nuovo esecutivo dipende anche dal Pdl, decisivo anche nella nuova maggioranza e insiste perché il nuovo premier chiarisca il suo programa: "Monti ha parlato di sviluppo e crescita, ma non ci ha detto nulla di preciso sul suo progamma. Abbiamo parlato a grandi linee degli impegni presi con l’Europa - ha detto Berlusconi, che ha ribadito il no del Pdl alla patrimoniale perché sarebbe una misura depressiva.
Legge elettorale e regime intercettazioni. L’ex primo ministro non ha tralasciato l’argomento elezioni: se si andasse al voto oggi, ha detto, ci sarebbe "L’incognita del Terzo Polo, l’incognita di Casini. Ma non vi preoccupate: faremo ragionare il ragazzo al momento giusto, con le buone o le cattive...". Poi, sulla legge elettorale: "Monti non cambierà la legge elettorale, ma siamo d’accordo che va cambiata. Abbiamo un gruppo di esperti che sta valutando quella migliore, va modificata prima delle prossime elezioni", ha spiegato, ribadendo il suo no per ora al voto anticipato: "Affrontare ora una campagna elettorale, sotto la pressione negativa e l’assedio dei media, sarebbe stato un errore". L’ex premier, poi, ha affrontato anche il tema delle intercettazioni: "Quella delle intercettazioni è una vergogna. Io ho deciso che di non avere più il cellulare", ha detto e ha sottolineato la necessità entro la fine della legislatura di mettere mano al regime delle intercettazioni e alla giustizia.
* la Repubblica, 17 novembre 2011