Tre potenti No di Michela Murgia (il Fatto, 15.06.2011)
Questo referendum verrà ricordato come quello dei quattro “sì”, ma in realtà quello che è emerso dalle urne fa risuonare per le strade il suono cristallino di tre potenti “no”, ciascuno da leggere su un piano diverso. Il più evidente è la conseguenza dei quesiti: ora nessuno potrà contestare la volontà popolare di riprendersi il diritto all’acqua come bene pubblico non mercifica-bile, avere un futuro energetico senza nucleare e soprattutto stare sotto una legge che non consideri nessun cittadino più uguale degli altri, meno che mai quello che li rappresenta tutti.
Il secondo piano di lettura è altrettanto chiaro: questo risultato è l’ennesimo segnale di insofferenza popolare verso il governo in carica e in particolar modo verso la persona di Silvio Berlusconi, che aveva cercato con ogni mezzo di liberarsi in corsa della patata bollente nucleare nella speranza di far fallire il quorum all’unico quesito che gli stava davvero a cuore: quello sul legittimo impedimento. Infine - ed è un dato con il quale sarà bene che impari a fare i conti tutta la casta politica di questo Paese, sinistra compresa - dopo anni di assenteismo elettorale e schede bianche brilla la ritrovata voglia delle persone di dire la propria democraticamente. L’affluenza festosa a questo referendum è una vittoria popolare contro il tentativo di demotivare i cittadini alla partecipazione politica diretta, sia ostacolando il loro accesso al voto con una informazione scarsa e confusa, sia con il furbo dribbling legislativo per far apparire “inutile” il quesito sul nucleare.
La gente è andata alle urne nonostante gli ostacoli e abbiamo assistito, come già alle recenti amministrative, a una commovente liturgia laica, dove prima si è andati a votare e poi si è scesi in piazza a trasformare il singolo voto segreto in un atto di giubilo collettivo. C’è voglia di amicizia civica. Inutile che Berlusconi ripeta ossessivamente che questo referendum non cambia niente: per uno che si è sempre fatto forte di un consenso “imbarazzante” questo voto cambia tutto. Mostra che sul piano politico il presidente del Consiglio è ormai un morto che cammina, tanto che i suoi servi già temono che la parabola si chiuda con una piazzale Loreto giudiziaria. Esagerati: gli abbiamo dimostrato che per farla finita ci basta andare a votare.