La fedeltà al giuramento d’Ippocrate, il medico difende la sua indipendenza
di Adriana Bazzi (Corriere della Sera, 21.06.2014)
La rivolta parte dall’Ordine dei medici e degli odontoiatri di Milano: noi continueremo a mantenere il vecchio giuramento d’Ippocrate. Quello nuovo, che è stato discusso a Bari nei giorni scorsi e costituisce una sorta di prefazione al Codice deontologico dei medici (appena approvato a Torino), è dannoso e pericoloso.
Dannoso, secondo il presidente dell’Ordine milanese Roberto Carlo Rossi, perché elimina il concetto di «alleanza terapeutica» e la sostituisce con una più generica «relazione di cura» che non sottolinea abbastanza il valore di uno stretto rapporto medico-paziente. Pericoloso, perché minaccia l’indipendenza della categoria e rischia di aprire la porta a derive come il caso Stamina o la richiesta per i medici di pronto soccorso di denunciare gli immigrati clandestini (è stata, infatti, cancellata la frase che recitava: «Osserverò le norme giuridiche che non sono in contrasto con la mia professione»).
Così i nuovi medici che si laureeranno nei prossimi mesi e si iscriveranno all’Ordine di Milano (ma probabilmente anche a quello di Bologna e di Ferrara, che si sono posti sulla scia di Milano) continueranno a giurare sul vecchio testo che, rispetto alla versione originale del medico di Kos, è stato via via aggiornato fino all’ultima versione del 2006-2007.
Il rifiuto da parte dell’Ordine milanese del nuovo giuramento è il primo segnale concreto di una protesta che riguarda il nuovo Codice di deontologia medica, vissuto come non necessario, dal momento che in otto anni la professione medica non è cambiata radicalmente e, in alcuni punti, inaccettabile (per esempio, l’obbligo di assicurazione per il medico).
Ma se respingere il nuovo giuramento di Ippocrate è semplice perché su questo tema gli ordini possono deliberare autonomamente, ricorrere contro un codice con tanto di articoli è molto più complicato. Rifiutare il nuovo e confermare il vecchio creerebbe non pochi problemi agli ordini in caso di provvedimenti disciplinari e ai tribunali in caso di contenziosi giudiziari .