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> GUARIRE LA NOSTRA TERRA. --- ISRAELE-PALESTINA. A un passo dalla guerra E il mondo resta a guardare (di Rocco Cangelosi)

giovedì 10 luglio 2014

A un passo dalla guerra

E il mondo resta a guardare

Il presidente israeliano Peres ha lanciato l’ultimo avvertimento ad Hamas: stop ai razzi o sarà invasione. Abu Mazen: «Fermare il genocidio».

di Rocco Cangelosi (l’Unità, 10.07.2014)

I tentativi di gestire la crisi innescata dal ritrovamento dei tre adolescenti rapiti e barbaramente uccisi, seguita dall’altrettanto barbaro omicidio di un giovane palestinese, sono miseramente falliti di fronte all’escalation della violenza da una parte e dall’altra.

A nulla sono valsi i gesti distensivi promossi dal presidente israeliano uscente Shimon Peres, che ha voluto condividere il dolore con la famiglia del palestinese ucciso, nè le prudenti parole di Mahmoud Abbas. Né sembra aver alcuna possibilità di successo il tentativo del governo israeliano di indurre Abbas a rompere l’accordo di governo di unità nazionale raggiunto con Hamas. Svanita questa possibilità, Netanyahu e il nuovo presidente di Israele Rivlin hanno dovuto piegarsi alle pressioni dei falchi e della pubblica opinione che chiede un’azione esemplare nelle striscia di Gaza.

Il rischio è che l’azione israeliana ormai imminente non possa essere circoscritta, ma rischi di deflagrare in un conflitto di più ampie proporzioni in una congiuntura politica esplosiva per tutta la regione, in coincidenza con l’offensiva condotta dall’autoproclamato califfato dell’Iraq e del levante (Isil), che richiederebbe nuove alleanze per frenare la furia distruttiva del nuovo leader del terrorismo Al Baghdadi.

È noto infatti il sostegno che l’Iran fornisce ad Hamas da lungo tempo e non è escluso che Teheran faccia pesare diplomaticamente il ruolo di contenimento nei confronti dell’Isil, che è stata chiamata a giocare indirettamente dagli Stati Uniti.

A ciò si aggiunga la drammatica situazione in Siria, dove un nuovo conflitto israelo-palestinese potrebbe innescare nuove violenze e nuovi scontri, aprendo le porte ai jahidisti dell’Isil. Intanto la diplomazia internazionale si rimette in movimento per cercare di arginare il conflitto e stabilire una tregua tra le due parti nella speranza che si riannodi il difficile percorso verso la pace. Ma per il momento gli interventi - sia degli Usa, sia dell’Unione europea - si sono limitati a generiche dichiarazioni di condanna senza un piano organico che riporti al tavolo negoziale le due parti in causa.

Emerge da tutto questo il sostanziale fallimento del tentativo di mediazione condotto dall’amministrazione Obama attraverso il segretario di Stato John Kerry e la marginalità dell’Europa nell’area. Federica Mogherini ha chiesto esplicitamente un ruolo della Ue per la ripresa dei negoziati e incontrando il suo omologo russo Serghei Lavrov ha rappresentato la gravità della situazione che sta vivendo il Medio oriente in queste ore invitando Mosca a contribuire alla ricerca di una tregua. Obama da parte sua ha invitato israeliani e palestinesi a proteggere gli innocenti e a operare in maniera ragionevole non per vendetta, né per rappresaglia. Ma le buone parole non bastano più e sarà necessario uno sforzo collettivo della diplomazia internazionale per costringere le due parti al tavolo del negoziato, ricorrendo anche a misure coercitive per impedire che la spirale della violenza accenda nuovi fuochi in tutta la regione.

L’amministrazione Obama è tuttavia sempre più riluttante ad impegnarsi in azioni concrete in un’area che considera sempre più di minore di importanza strategica per gli interessi economici degli Stati Uniti dopo la rivoluzione dello «shale gas». Dovrebbe essere l’Europa a svolgere un ruolo di primo piano di mediazione e sostegno al processo di pace, ma le divisioni e i distinguo tra i vari Stati membri hanno impedito finora che la Ue potesse assumere una posizione credibile unitaria nell’ambito della politica estera e di sicuerzza comune (la cosiddetta «Pesc»), limitando il suo ruolo a quello di ufficiale pagatore, quando si tratta di erogare aiuti o concessioni commerciali nell’area.


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