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> GUARIRE LA NOSTRA TERRA --- Ravensbrück, l’inferno delle donne: «If this is a Woman», «Il cielo sopra l’inferno», presentato alla Casa internazionale delle donne.

mercoledì 20 aprile 2016

la memoria

Ravensbrück, l’inferno per donne

La vita (e la morte) nel lager e femminile voluto da Himmler nel saggio di Sarah Helm («Il cielo sopra l’inferno») che sarà presentato giovedì, e nel libro fotografico di Ambra Laurenzi («Ravensbrück»)

di Paolo Brogi *

Ravensbrück. Il lager delle donne sorgeva a 80 km a nord est di Berlino, l’aveva voluto Himmler, dopo il ’45 finì sotto la Germania dell’Est e a lungo ha conservato i suoi orribili segreti, restando in un cono d’ombra da cui riappaiono oggi le storie sconvolgenti che riguardano le 130 mila deportate finite in quel campo gestito da carceriere terribili, un numero di vittime che si spinge fino a una stima di 90 mila sterminate, i volti di chi non ce l’ha fatta a sopravvivere e di chi invece è riuscito a scampare.

La ricostruzione di questo inferno in cui furono deportate anche molte donne di Roma è affidata a un paio di opere, la ricerca della giornalista inglese Sarah Helm con le oltre 700 pagine di «Il cielo sopra l’inferno» (titolo originale «If this is a Woman») tradotto da Newton Compton e l’omaggio fotografico di Ambra Laurenzi, figlia e nipote di due deportate nel lager (la madre Mirella Stanzione e la nonna Nina Tantini), con «Ravensbrück», edito da Punto Marte, con una ricerca di Aldo Pavia dell’Aned.

Il libro della Helm è uscito in questi giorni anche in Germania e in Francia, in Inghilterra ha appena ricevuto il Premio Longan-History Today. Se ne discute giovedì 21 aprile alla Casa internazionale delle donne.

Donne zingare, comuniste, lesbiche, vagabonde, mendicanti, prostitute, ladre, disabili, ebree, antifasciste, soldatesse nemiche. Di Francia, Polonia, Inghilterra, Germania, Olanda, Russia e Italia. Ecco Ravensbrück, l’inferno per donne, sotto gli ordini di efferati capi nazisti, prima Max Koegel (suicida per impiccagione in prigione, nel ’46) e poi Fritz Suren, fucilato nel 1950, che sotto di sé avevano uno stuolo di terribili donne carceriere. A Ravensbrück le esecuzioni di massa iniziarono nel ’44 - la prima uccisa fu una zingara. Lì le deportate che arrivavano incinte venivano fatte prima abortire e poi alla fine partorire perché i loro bambini morissero di stenti.

Nel lager delle donne sono morte figure storiche come Margarethe Buber-Neumann, ebrea «venduta» da Stalin al momento del patto Molotov-Von Ribbentrop, e Milena Jesenska, la scrittrice ceca legata a Franz Kafka. Oggetto di sadici esperimenti medici e anche di lavoro schiavizzato presso uno stabilimento Siemens le donne di Ravensbrück erano 45 mila al momento in cui il lager arrivò alla massima espansione.

Tra loro anche italiane e romane come le antifasciste Maria Arata, Ida Desandré, Lidia Beccaria Rolfi, Teresa Noce, le ebree Costanza Astrologo, Graziella Coen, Erina Fornario, Enrica e Milena Zarfati, Giorgina Bellak. Di Roma era Maria Anna Murri, 19 anni, catturata il 2 ottobre del ’43 con la madre Pierina Ferrari in un appartamento a Cola di Rienzo. Maria Anna ce la fece a sopravvivere al lager, la madre no.

* Corriere della Sera-Roma, 20 aprile 2016


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