Principi non negoziabili
di Ugo Basso
in “Notam” (lettera agli Amici del Gruppo del Gallo di Milano), n. 382, 24 ottobre 2011
Credo che l’espressione sia stata coniata dal cardinale Camillo Ruini, allora per nomina di Giovanni Paolo II presidente dei vescovi italiani, per indicare, con rigore etico, principi appunto non discutibili che avrebbero dovuto essere difesi in qualunque circostanza dai cattolici e in primo luogo dai parlamentari cattolici. I due fondamentali sono la difesa della vita dal concepimento alla fine naturale e la famiglia fondata sul matrimonio, bandiere quindi del coinvolgimento del cattolicesimo nella vita civile del paese.
Tristissimo argomento. Tristissimo innanzitutto per l’espressione: credo che ogni persona che conduca, o intenda condurre, una vita etica abbia dei principi sostenuti con intransigenza, ma una dichiarazione così altisonante e pronunciata da una cattedra che si pone altissima è una dichiarazione contro il dialogo: chi, non condividendo i principi sottoposti a non negoziabilità, si sente opporre una tale affermazione può solo riconoscere di non aver nulla da dire, di non avere spazio di dialogo.
Dunque un’espressione che si pone nello spirito anticonciliare che ha preso il sopravvento nel magistero, visto che il Vaticano secondo, proprio al contrario, invita a praticare lo stile di Gesù, che a nessuno chiude la porta.
E basterebbe questo per cassare l’espressione. Ma purtroppo temo ci sia di peggio. Infatti i due principi dichiarati non negoziabili riguardano temi complessi e delicati, su cui credo nessuno abbia una parola definitiva, ma proprio nessuno e neppure la scrittura offre risposte chiare e immutabili nel tempo: il cristiano deve appellarsi sempre alla tutela dell’uomo, ma sono argomenti su cui è probabilmente impossibile stabilire in modo inequivoco e definitivo che cosa comporti perché le stesse conoscenze si evolvono presentando situazioni originali e imprevedibili che impongono di ripensare gli stessi parametri di giudizio.
La via può solo essere la ricerca insieme agli uomini di buona volontà per operare al meglio, per individuare nelle vie della scienza quello che umanizza e non disumanizza, nell’ambito della coscienza prima che della legge, per dare all’uomo sempre maggiore serenità e una più accettabile qualità di vita a tutte le condizioni, età, appartenenze.
La pretesa immutabilità di principi in questi campi allora non scende da rigore etico, che necessariamente sta a monte, ma dall’esigenza di discriminare in ambito politico: chi li sottoscrive è con la chiesa, chi no è fuori. Guardando lo scenario che abbiamo davanti agli occhi ormai da diversi anni, diciamo con amarezza che chi cerca, si impegna a trovare soluzioni a problemi dolorosi e inquietanti, con la consapevolezza di sbagliare, è additato come non in linea: chi sottoscrive, sottoscrivendo quindi l’idea di una chiesa che pretende norme nell’indifferenza delle coscienze, è da sostenere. E le coincidenze politiche sono pure evidenti, posto che non siano le motivazioni di queste affermazioni, del tutto indipendentemente dalle scelte di vita di che le sostiene in parlamento, relegate a fatti personali.
Cerchiamo di usare il discernimento, dono dello Spirito, per capire e distinguere: i principi etici affermati dall’evangelo sono la fraternità, la dignità, la sobrietà, la laicità, l’impegno a non mentire e a fare giustizia, alla tutela della vita, sì alla vita di tutti, dei malati che non possono curarsi, dei bambini che non possono nutrirsi, dei condannati. L’assiduità alla preghiera mantiene all’erta nel distinguere i falsi profeti che si annidano forse anche in noi, a non abbassare mai la guardia nel riconoscere l’autentico dal corrotto, nonostante gli allettamenti e i successi.
Ancora in questi giorni i cattolici del Pdl ribadiscono come segno di identità i principi non negoziabili: chissà se i movimenti cattolici che stanno cercando un’intesa nella speranza di un nuovo corso alla politica del paese si riconoscono in principi più evangelici?