DIO AMORE ("CHARITAS") O DIO MAMMONA ("CARITAS")?! LA GERARCHIA DEL "LATINORUM" CATTOLICO-ROMANO HA DECISO PER DIO MAMMONA (Benedetto XVI, "Deus caritas est", 2006) E SI PREPARA ... A PORTARE LA "BUONA NOTIZIA" A TUTTA LA TERRA ...

AD ASSISI, A PARLARE DI DIO CON LA RAGIONE ASTUTA DEL SERPENTE. Senza l’innocenza evangelica della colomba, l’arcivescovo Bruno Forte va alla ricerca della via di mezzo tra "esclusivismo", "relativismo", e "inclusivismo". Una sua riflessione - a c. di Federico La Sala

( ...) senza l’accettazione del principio di non contraddizione nessun dialogo o comunicazione vera potrebbe darsi fra gli uomini (...)
giovedì 27 ottobre 2011.
 



Parlare di Dio senza confusioni

di Bruno Forte *

Che cosa significa per il cristianesimo l’idea che esistano altre religioni universali o dalla potenziale destinazione universale in aree non piccole del pianeta? Sono le altre religioni vie equivalenti al cristianesimo per accedere al mistero della divinità e farne esperienza salvifica? Se sì, a che scopo un cristiano dovrebbe impegnarsi per l’annuncio del Vangelo nel mondo? Se no, quale senso ha il dialogo interreligioso e come intenderlo? La ricerca teologica cristiana, stimolata da incontri emblematici come quello di Assisi nel 1986 e quello del 27 ottobre prossimo, muove fra due estremi.

Da una parte, l’«esclusivismo», per il quale nessuna religione salva al di fuori del cristianesimo e le religioni sono al massimo espressione della sete che l’uomo ha di Dio (è il teologo evangelico Karl Barth a costituire il punto di riferimento più alto di questa posizione nel Novecento); dall’altra, il «pluralismo» di carattere relativistico, con teologi che hanno messo in luce la relatività del cristianesimo. Per essi il Logos universale e il Logos manifestato nella storia sarebbero equivalenti e si potrebbe arrivare a Dio anche attraverso il Logos universale, per cui il cristianesimo non è la sola religione assoluta, perché il divino ha più nomi e non si lascia incontrare solo in Gesù Cristo. In positivo, la posizione pluralistica afferma che le religioni non hanno solo valore di supplenza, ma sono risposte umane diverse all’unico mistero divino che chiama, secondo un modello d’interpretazione della salvezza non cristocentrico, ma teocentrico.

Molte di queste posizioni pluralistiche riconoscono Gesù come il Cristo, Verbo incarnato di Dio, ma si rifiutano di accettare che la totalità del Logos sia contenuta in lui: l’idea del Cristo diviene così una sorta di categoria teologico-salvifica universale, di cui la rivelazione cristiana non offre che un esempio, fosse pure il più alto (come suggerisce ad esempio il pensatore indiano-catalano Raimon Panikkar).

La facile e leggera adesione a questo tipo d’ipotesi teologiche ha portato non di rado a crisi di identità in coloro che per Cristo avevano giocato la propria vita. Queste idee però contrastano con quanto affermano i testi di Paolo e di Giovanni e Gesù stesso, che si presenta come la via necessaria per andare al Padre, oltre che con il discorso evidente che - se ognuno trova la sua via al divino senza bisogno del Dio incarnato - non avrebbero senso le missioni del Figlio e dello Spirito: a che scopo il Figlio di Dio si sarebbe incarnato? Se c’è stata una motivazione dell’incarnazione è perché l’uomo potesse arrivare più facilmente a Dio e arrivarvi autenticamente.

Ecco perché fra esclusivismo e relativismo si va configurando nel mondo cristiano la posizione maggioritaria dell’ «inclusivismo»: Cristo è l’unico mediatore e senza di lui non c’è salvezza. Tuttavia l’adesione a Cristo può avvenire sia in forma esplicita, sia in maniera più o meno implicita, ad esempio attraverso il desiderio del battesimo per coloro che non possono conoscere ancora Dio in Gesù, ma sono già in certo modo uniti a Dio. Le vie misteriose dello Spirito di Cristo, insomma, raggiungono ogni persona onesta che cerchi Dio e apra a Lui le porte del suo cuore. Ecco, allora, l’importanza di scoprire Cristo quale punto di riferimento irrinunciabile senza negare il rispetto dell’altro.

Il senso della singolarità di Cristo si può così coniugare per il cristiano al riconoscimento della dignità di ogni uomo, a quella teologia delle religioni, che vede in esse uno strumento di ricerca autentica dell’incontro con Dio. Peraltro, la sfida delle grandi religioni e del loro rapporto col cristianesimo è quanto mai attuale: l’altro è ormai in casa nostra, concretamente e nel mondo virtuale. Dialogo e proclamazione vanno dunque coniugati. Alcuni offrono alla tesi «pluralistica» come fondamento ermeneutico la considerazione che il pensiero asiatico, specialmente indiano, non si costruisce sul principio di non contraddizione, e quindi sulla contrapposizione, ma sull’allargarsi ospitale dell’identità, che può esprimersi in una pluralità di forme concrete.

Non mi sento di condividere questa tesi, perché senza l’accettazione del principio di non contraddizione nessun dialogo o comunicazione vera potrebbe darsi fra gli uomini. Si profila così la validità di un’interpretazione del rapporto fra cristianesimo e religioni all’insegna dell’inclusivismo: mantenendo ferma la necessità del Cristo e della sua mediazione, si prende sul serio la possibilità universale della salvezza secondo tendenze interpretative diverse.

Per alcuni pensatori cristiani il cristianesimo compirebbe i valori delle altre religioni, le quali, più che mediazioni salvifiche, sono segnali d’attesa; per altri va riconosciuta una certa sacramentalità delle altre religioni, un loro effettivo costituirsi come vie di trascendenza; per altri ancora è determinante la distinzione fra storia generale e storia speciale della salvezza, in base alla quale le religioni hanno sì il valore di una mediazione di trascendenza, che tuttavia è attuata in pienezza solo nel cristianesimo.

Frutto del «déplacement» subito dalla teologia cristiana a causa della pratica del dialogo con le grandi religioni mondiali, la riflessione teologica sulle religioni appare un campo di ricerca tuttora aperto e non poco problematico, anche per le conseguenze che essa comporta sul piano del rapporto fra proclamazione del messaggio e dialogo con mondi culturali e spirituali diversi dal cristianesimo. Esperienze come quella prossima di Assisi, lungi dal favorire confusioni indebite, costituiscono l’occasione per riproporre gli interrogativi accennati in maniera seria e responsabile da parte di chiunque abbia a cuore la verità e la causa di Dio in questo mondo.

* Arcivescovo di Chieti-Vasto

-  L’articolo è ispirato alle tesi del prossimo incontro interreligioso di Assisi e riflette le idee del capitolo 23 del libro intervista di Bruno Forte, «Una teologia per la vita» (Editrice La Scuola). Il libro, a cura di Marco Roncalli, sarà in libreria nei prossimi giorni


Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:

-  "Deus caritas est": la verità recintata!!!

IL VANGELO DI PAPA RATZINGER E DI TUTTI I VESCOVI E IL "PANE QUOTIDIANO" DEL "PADRE NOSTRO", VENDUTO A "CARO PREZZO".

LA GRAZIA DEL DIO DI GESU’ E’ "BENE COMUNE" DELL’INTERA UMANITA’, MA IL VATICANO LA GESTISCE COME SE FOSSE UNA SUA PROPRIETA’. Bruno Forte fa una ’predica’ ai politici, ma non ancora a se stesso e ai suoi colleghi della gerarchia. Una sua nota, con appunti

IL PARADOSSO DEL "MENTITORE" - KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI").

-  PER UNA SVOLTA ANTROPOLOGICO-TEOLOGICA...
-  ALLE RADICI DELLA BELLICOSA POLITICA DEL VATICANO. LA GUERRA NELLA TESTA DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICO-ROMANA E L’INDICAZIONE ’DIMENTICATA’ DI GIOVANNI PAOLO II.

-   ASSISI, 27 OTTOBRE 2011: LA CHIESA TACE E IL PAPA TEOLOGO CAMBIA LE CARTE IN TAVOLA. La «Giornata di riflessione, dialogo e preghiera» ideata da Papa Wojtyla 25 anni fa sarà solo una «Giornata di riflessione e dialogo» tra diverse fedi. Una nota di Franca Giansoldati - con appunti

(Federico La Sala)


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