INTERVISTA
"Dopo Wojtyla la Chiesa tace sugli scandali"
Il pm Pietro Forno
di ALBERTO GAINO *
TORINO. - Dottor Piero Forno, lei è il responsabile del pool «fasce deboli» che segue anche questo caso di violenza: il mix di ricatti e sesso con sacerdoti l’ha fatto schizzare in vetta alla cronaca.
«La stragrande maggioranza dei preti è gente per bene. Le dico di più: nell’antichità l’abuso dei minori non era considerato un abuso. Furono i cristiani a sollevare la questione morale: la Didaké, 80 anni dopo Cristo, ne è una testimonianza forte».
Il suo messaggio è chiaro: comportamenti di singoli. Lei si era già occupato di casi come questo?
«Ricordo quello di un parroco dell’hinterland milanese: denunciò come suoi estorsori alcuni ragazzi sbandati. I quali, per la parte in cui spiegarono i motivi del loro ricatto, ci fornirono la possibilità di un riscontro bancario: gli 80 milioni di lire che il sacerdote aveva versato loro. I ragazzi furono condannati, e pure il prete».
Negli Stati Uniti lo scandalo dei preti pedofili ha avuto echi e strascichi enormi. Le pare che in Italia le autorità religiose abbiano avuto reazioni adeguate?
«No. C’è stata la denuncia di quel grande papa che è stato Giovanni Paolo II: “Vergognatevi”. Altro? Credo, per quest’aspetto, di aver contribuito a rompere il ghiaccio. Dobbiamo risalire al 2001, a un mio intervento su “Minori e Giustizia”. Scrissi che la nostra autorità ecclesiastica, a differenza di quanto accaduto all’estero (Francia, Usa, Canada), non ha ancora preso posizione di fronte ai mali sociali. Tanto meno rispetto all’emergente fenomeno della pedofilia nella Chiesa. Ne parlai a proposito di un documento dell’associazione delle comunità cattoliche (l’Uneba) sulle responsabilità degli operatori. Dopo le condanne di taluni, quali autori di violenze sui minori loro affidati, si è posta una maggior attenzione sull’obbligo della denuncia all’autorità giudiziaria. Resto dell’idea che in Italia vi sia tuttora ritardo culturale rispetto a Francia, Stati Uniti, Canada».
Lei parla anche del Canada.
«Tenga presente che dalla Chiesa canadese è stata fatta un’indagine da cui è emerso che il 5 per cento dei suoi preti era un pedofilo. Io, certo non so. Si tratta di un numero spaventoso».
Parlando in generale, in Italia vi sono più denunce di violenze ai minori.
«C’è una maggior sensibilità. Ed è molto importante. Voglio citarle il “paradosso” di Tocqueville: quando un male diminuisce, ciò che resta appare insopportabile. Valeva per le guerre, può calzare anche per queste realtà».
Può parlarci dei ragazzi di vita?
«Il fenomeno è cambiato con l’arrivo dei giovani romeni. A Milano me ne sono occupato a lungo: ragazzini sotto i 14 anni mandati a prostituirsi di notte, e di giorno sfruttati da una rete inquietante di adulti anche come borseggiatori. Scoprimmo una scala gerarchica alla cui base c’era il nonnismo: ciascun piccolo aveva come referente un sedicenne o giù di lì. Il quale a sua volta rispondeva a un adulto. Siamo arrivati a processarne parecchi e a ottenerne la condanna, per riduzione in schiavitù di minori».
Era un fenomeno organizzato, e i capi?
«I capi giravano da un paese all’altro. Non furono presi. Stiamo parlando di un’organizzazione che spostava di continuo anche le proprie vittime. Associava la condizione di clandestinità dei minori sfruttati alla loro mobilità. I nostri investigatori, con l’aiuto di bravissimi operatori, ne agganciarono alcuni».
Come vi riuscirono?
«Il ragazzino fermato con un cliente veniva portato in comunità. Faceva la doccia, ringraziava e scappava. Con alcuni funzionò chieder loro: “Che ti serve scappare di continuo?”».
E adesso?
«Uno si domanda: che cosa sarà di queste creature? Rapinate dell’infanzia, dei giochi, della spensieratezza dell’età. Bambini, o poco più, che hanno conosciuto con tutti gli adulti, a cominciare dai clienti, solo un rapporto di sfruttamento dei loro corpi. E’ chiaro che poi uno è portato ad atteggiamenti di rivalsa, leciti e no. Il che non vuol dire giustificarli».
* La Stampa, 9/8/2007 (7:49)
Iniziativa contro il magistrato milanese Pietro Forno, che indaga sui casi di molestie
La denuncia dell’omertà dei sacerdoti raccolta dal “Giornale”. Per il Guardasigilli è diffamazione
La denuncia: «Mai una segnalazione dalla Chiesa, solo dai familiari delle vittime»
Come i leghisti anti-pillola. Anche il ministro tenta di ingraziarsi le gerarchie vaticane
Pedofili, pm: Chiesa omertosa
E Alfano manda gli ispettori
La solita storia: o l’inchiesta piace al governo, e ai suoi sponsor, oppure il ministro Alfano manda gli ispettori.
E così il guardasigilli paga la cambiale alla chiesa dopo l’appello al voto contro Bresso e Bonino.
di Oreste Pivetta (l’Unità 3.4.2010)
Il ministro Angelino Alfano si sta inventando un nuovo modo di far giustizia, senza aspettare le riforme di Berlusconi. La sua idea è che un’inchiesta giudiziaria si possa fare, ma solo con il suo nihil obstat governativo. Procede con giudizio, per il momento solo inviando i suoi ispettori dove qualcosa non gli garba o non garba al suo padrone. In Puglia piuttosto che a Milano. Il ministro non si scandalizza per i colpi di Cota o di Zaia contro una legge della Repubblica. Se la prende con un magistrato che indaga su casi di pedofilia e che chiama in causa le gerarchie della Chiesa. Il caso è ben raccontato dal Giornale della famiglia Berlusconi: l’altro ieri in un’intervista con il magistrato, il procuratore aggiunto Pietro Forno, cattolico, capo del pool specializzato in molestie e stupri, ieri dando la parola addirittura al padre, il signor G., di una piccola vittima. Spiegava Forno che certi vescovi coprivano quanto avveniva nella loro diocesi: «Nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento non mi è mai, e sottolineo mai, arrivata una sola denuncia nè da parte dei vescovi nè da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente». E ancora: «Si creano legami di difesa, di protezione. E c’è soprattutto la paura dello scandalo». Raccontava il padre che la bimba frequentava un oratorio dei salesiani, che la bimba era stata oggetto di attenzioni poco simpatiche, che lui stesso ne aveva parlato con i religiosi, che aveva atteso per mesi una reazione, di aver subìto per ripicca ogni genere di angherie, di essersi alla fine deciso alla denuncia.
Leggiamo: «...a parlare con il signor G. si direbbe che Forno sia stato fin troppo cauto. Perché in questo caso i superiori del prete sotto accusa non si sono limitati a insabbiare. Hanno reagito ribaltando le parti, trasformando la vittima in colpevole, isolando lei e la sua famiglia...». «Mi aizzarono contro gli altri parrocchiani - queste son parole del signor G. - Ordinarono a tutti di chiudermi le porte in faccia». Nel frattempo le indagini proseguono. La Procura mette sotto controllo alcuni telefoni. Intercettazioni. Qui già si immagina Alfano inorridire. Il parroco, riferisce ancora il Giornale di Feltri, che avrebbe dovuto vigilare sul prete in sospetto di pedofilia, viene intercettato mentre fa sesso al telefono. L’ispettore dei salesiani, che avrebbe dovuto governare le indagini, viene ascoltato mentre orchestra le testimonianze «per addomesticare» quelle indagini. Sembra Il nome della rosa. Sembra una mafia, commenta il signor G. , che poi riferisce altri particolari della brutta storia, ormai riassunta in un processo che andrà presto a sentenza. Il Giornale, con un sorprendente senso della par condicio, cita le reazioni del solito cardinal Bagnasco: «Le ombre non cancellano i meriti della Chiesa». Nessuno si sognerebbe di negare i meriti di Tettamanzi (delle diocesi di Milano, appunto, si parla) e di tanti preti. Il Giornale intervista pure monsignor Girolamo Grillo, vescovo di Civitavecchia, che critica le generalizzazioni ma denuncia l’omertà: «Da me sono venute persone che sapevano... Ma mai queste persone hanno accettato di firmare una testimonianza e, lasciandomela, di permettermi di intervenire nelle sedi opportune...».
Il ministro non attende il processo, l’unico antidoto alle generalizzazioni, ma ordina l’inchiesta, «lette le dichiarazioni rese... alla stampa dal Procuratore aggiunto di Milano dott. Forno... considerato il carattere potenzialmente diffamatorio di tali dichiarazioni». L’accusa: violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riserbo... Corrono a dar man forte ad Alfano, Formigoni, Lupi e vari altri del centrodestra, gli stessi pronti a rimbrottare il cardinale Dionigi Tettamanzi quando parla di poveri e di immigrati.
Alfano, senza un attimo di esitazione, è salito sul carro dell’opportunismo clericaloide. Preceduto in volata dagli zelanti governatori del Piemonte e del Veneto, dimentichi delle sparate di Bossi contro i «vescovoni» di Roma (ma se n’è dimenticato anche Bagnasco), ha voluto far la sua comparsata nella corsa a ingraziarsi i potenti del Vaticano. Ovviamente a proposito delle vittime non s’è lasciato sfuggire una parola di giustizia o almeno di pena. Neppure un amen per la laicità dello Stato.
Politica - Dibattito
Le metafore sbagliate del cardinale Bertone.
di Rosario Amico Roxas *
Di ritorno dagli Stati Uniti, dove è andato a cercare l’appoggio della curia americana al suo disegno pontificale, il card. Bertone è stato travolto da quesiti che ha cercato di glissare prima, per poi azzerare con una metafora che, in verità si trasforma in un boomerang. Ha tentato una parvenza di difesa di don (!) Gelimini, per poi partire all’attacco in difesa dell’ulteriore scandalo che sta investendo la Chiesa italiana, quello riguardante il prestigioso liceo della Torino-bene Valsalice. Difende attaccando il cardinale Bertone, per dimostrare una sua personale autorevolezza che dovrebbe surclassare le motivazioni accusatorie.
Dice Bertone:
«La Cappella Sistina restaurata è uno splendore e ha riacquistato i colori originali di Michelangelo, specialmente il grande affresco del Giudizio Universale. Ci sono dei ritagli di affresco che hanno mantenuto il colore rovinato, viziato dalle candele, dai secoli, dalle celebrazioni. Quindi, ci sono dei ritagli, dei rettangoli oscuri. Se uno puntasse la telecamera per riprendere la Cappella Sistina su questo angolo oscuro e non la puntasse sullo splendore, sarebbe una falsificazione. Anche questo frammento è Cappella Sistina, certamente, ma non è il grande capolavoro. La Chiesa - prosegue Bertone - è un grande capolavoro di Dio e degli uomini e delle donne di Chiesa, nel passato della sua storia gloriosa e nell’attualità di un volume immenso di bene che la Chiesa produce in ogni parte del mondo». Per questo la «requisitoria» si chiude con una condanna: il «modo dei media di presentare la Chiesa, qualunque sia l’intenzione o la colpa, è un modo mistificatore».
A metafora non si può rispondere che con un’altra metafora; non comprendere, il cardinale Bertone, che sotto accusa non sono “i ritagli dell’affresco”, bensì lo splendore che circonda quei ritagli.
La Chiesa “è un grande capolavoro di Dio e degli uomini e delle donne di Chiesa, nel passato della sua storia gloriosa....”. La Chiesa, come comunità dei cristiani è quella voluta da Cristo; è la Chiesa che vive e opera nel mondo proponendo la solidarietà fra gli uomini, l’amore, la giustizia, l’equità; è la Chiesa che condivide i drammi che in tutte le epoche si sono verificate nel pianeta, per lenirne i catastrofici effetti; è la Chiesa che condivide le parole e l’insegnamento di Cristo e ne fa motivo di proselitismo lì dove la voce di Cristo non giunge; è la Chiesa dell’esempio vivente, l’esempio di Madre Teresa di Calcutta, l’esempio dei sacerdoti dell’America latina, l’esempio dei preti-operai e di tutte quelle persone che si sono fatte carico delle croci altrui portando la Croce di Cristo, ben consapevoli che una croce senza Cristo è troppo gravosa da portare.
Ma Bertone non rappresenta questa Chiesa; è il n. 2 della nomenclatura vaticana, ma dello Stato Città del Vaticano, quello che brilla dello splendore degli affreschi, della ricchezza degli ori, della magnificenza dei suoi musei, della solidità del suo Istituto per le Opere Religiose, conosciuto come IOR, la banca che tratta a livello internazionale con le altre banche del pianeta e non sempre in maniera limpidissima; è la Chiesa che amministra il più ingente patrimonio immobiliare privato d’Italia; è la Chiesa che gestisce l’8 per mille dei proventi dello Stato, ma ne utilizza solo il 18% per opere di beneficenza, riservando il resto alle esigenze di apparenza e non di sostanza.
I ritagli dell’affresco, dal colore rovinato, possono rappresentare l’eccezione che conferma come la Chiesa vive nel mondo e subisce le alterazioni del tempo; è la magnificenza che non corrisponde all’insegnamento di Cristo, è l’opulenza, il formalismo, l’indottrinamento, le esegesi, le epistemologie del trascendente, che allontanano il mondo della fede che non si riconosce più nelle parole private dell’esempio. Il capolavoro di Dio è il cristianesimo che è dilagato quando “i cristiani venivano dato in pasto ai leoni” e non per meriti delle gerarchie vaticane, ma per la fede del popolo cristiano.
Cercando l’imposizione forzata, identificando le radici elettivamente nell’Europa, dichiarando un primato che dovrebbe ridurre gli altri popoli e le altre religioni a fenomeni antropologici subordinati, non al cristianesimo, bensì alle gerarchie dello Stato Città del Vaticano, si capovolgono i termini del mandato di Cristo e si pretende di dare “i leoni in pasto ai cristiani”, vanificandone lo spirito.
* Il dialogo, Domenica, 02 settembre 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a don Gelmini
di Fausto Marinetti
Se volete fare un "Gelmini day" fatelo in P.zza San Pietro per chiedere perdono alla vittime dei preti pedofili *
10.8.2007
Caro don Pierino,
all’avvicinarsi del "Gelmini-Day", perché non collaborare con la verità e la giustizia? Sei la persona più indicata, perché hai la stoffa del martire, come dice il tuo portavoce, che ti mette alla pari di Cristo, "tradito" come Giuda. Sei un uomo votato agli altri, che non ha neppure bisogno del "santo subito". Sei uno che sfida tutti quanti, Dio compreso: «A costo di strisciare per terra, voglio andare avanti. Cadrò quando Dio vorrà, ma rimarrò in mezzo ai miei ragazzi, qualsiasi cosa pensino di me».
E allora, affinché la tua apoteosi sia piena, perché, invece di cantare le tue litanie ad ogni comunicato stampa, non inviti tutti gli abusati a venire alla luce? Suvvia, sottoponiti spontaneamente a una specie di prova del fuoco. Sii tu a lanciare una santa proposta o, se vuoi, una crociata: in tutte le chiese le vittime di qualsiasi pedofilia siano esortate a farsi avanti; si metta su tutti i blog cattolici e non-cattolici un invito a ripulire la chiesa dalla "sporcizia" dei preti pedofili; ogni episcopio, ogni parrocchia abbia un numero verde per le vittime. Non sarebbe il più bel servizio di testimonianza ai tuoi figli e aficionados? Non sarebbe il segno più efficace che prendi sul serio quel Cristo, che grida ancora: "Chi scandalizza un bambino meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi in mare"?
Stai tranquillo, sei al sicuro nella mani di Dio e della magistratura umana. Chi non ha debiti da saldare non ha bisogno di sbraitare, attaccare ebrei, massoni, gay, "magistrati mascalzoni", ecc. Hai visto? Le tue esternazioni hanno fatto un certo effetto perfino al tuo avvocato, perché sei "ingestibile". Anche qualche prelato, a titolo personale (secondo lo stile della diplomazia vaticana) ti invita a metterti da parte. Come mai a te non viene applicata la regola d’oro della "tolleranza zero"? Il manuale dei prelati americani (loro si, che se ne intendono) prevede che il solo sospetto di abusi sessuali su minori, è sufficiente per mettere subito il prete in isolamento. Una misura precauzionale (non è mai troppa) per prevenire possibili ricadute e perché fedeli e genitori hanno diritto alla massima sicurezza dei loro figli, siano essi chierichetti, ragazzini del catechismo, seminaristi, tossici, ecc. E allora perché a te è riservato un trattamento speciale, per cui non ti viene imposto, ma sei "invitato" a tirarti da parte? [Vale la pena ricordarti che don Zeno, al quale pensi di assomigliare, non solo aveva in orrore qualsiasi forma di assistenzialismo, ma riteneva che l’unico ambiente educativo è la famiglia di origine o adottiva. E’ evidente che la presenza di uomini e donne previene le aberrazioni degli ambienti a sesso unico, comunità terapeutiche e seminari compresi, che negli USA si sono rivelati vivai di omosessualismo; che ogni comunità è bene sia gestita da adulti e sia sotto il controllo dei laici, ecc.]
L’hanno capita anche in Vaticano: un’eccessiva auto-esaltazione rischia di essere, quantomeno, sospetta: "Chi troppo si loda, s’imbroda". Ti invitano a fare un passo indietro e tu ne fai due in avanti, paragonandoti ai "martiri", che hanno sofferto per mano di santa madre chiesa, come don Orione, p. Pio, don Zeno di Nomadelfia. Non è vano ricordare la saggezza popolare: "Scherza con i fanti, non con i santi". Zeno prendeva i soldi dai ricchi, ma gli diceva in faccia: "I soldi non sono vostri, ma del popolo che lavora, suda e soffre". Non li blandiva con pagelle e onorificenze; non dedicava loro lapidi di benemerenza, ma, mentre con una mano prendeva i soldi, con l’altra puntava il dito, ricordando loro: "Il ricco? O iniquo o erede di un iniquo". Nessun vescovo ha mosso un dito per difendere Zeno "nell’ora di Barabba". L’hanno affogato, perché urlava ai politici (alleati, fin da allora, con la gerarchia ecclesiastica) il dovere della giustizia. Gridava in faccia agli uni e agli altri, come Giovanni Battista: "Fate i conti, fate i conti. Le calcolatrici davanti al confessionale! Senza giustizia non si può neanche parlare di cristianesimo". Per questo l’hanno eliminato.
Converrai che i tuoi fans, devoti, ammiratori, anche se per lo più fascisti o di destra (con qualche ingenuo sinistrorso), dovrebbero almeno stupire della tua tanto esaltata "Cristo-terapia". Che la religione offra delle buone ragioni per delle esistenze distrutte dalla "felicità chimica" è un conto, ma ridurre il Cristo ad una ricetta magica è un altro: lui non è venuto a rubare il lavoro a psicoterapeuti, psicologi e psichiatri (sarà utile rileggersi il testo di Marco Salvia, il quale ha affermato di aver voluto descrivere proprio te...).
Non si può mettere in dubbio la tua generosità: 250 case di recupero, 300.000 assistiti, salti mortali per i 5 continenti, zelo "eccessivo" per aiutare i "poveri drogati", ecc. Se hai fatto tanto del bene, non devi avere paura di niente, vero? E allora? Allora non senti quello che ti suggeriscono le vittime della pedofilia, comprese quelle che ti hanno denunciato?
"Caro don,
perché non vai fino in fondo al tuo cammino di gloria? La vita ti ha dato tutto: macchine, ville, soldi, soddisfazioni, gratificazioni, amici "onnipotenti", ecc. Di noi, gli intimi, quelli che più ti hanno dato soddisfazioni spirituali, hai detto tutto il male che hai potuto. Ci hai definito "quei quattro farabutti, quegli sbandati, quei delinquenti...". Ce lo meritiamo, certo, ma non siamo sempre tuoi figli? Noi, tutti i violentati dai preti (senza allusione a te, aspettiamo il giudizio degli addetti ai lavori), abbiamo perso tutto, anche noi stessi, non abbiamo più niente da perdere.
Allora ti facciamo una proposta: alle tue benemerenze ne manca una sola, un gesto coraggioso, degno di te. Lo vedi?, ad ogni momento, viene fuori "un pezzo" di pedofilia clericale. Perché, sia pur innocente, non prendi in mano la bandiera degli "agnelli immolati"? Fino a quando non si avrà la forza di chiedere perdono a chi è stato distrutto non solo nel corpo, ma anche nell’anima dai rappresentanti di Dio, come potremo credergli? Se sei buono, come affermano i tuoi devoti ("È un padre e un santo"), perché non prendi l’iniziativa?
Lo sai: chi è stato "assassinato nell’anima", solo dopo anni di tortura interiore, di incubo notturno ha il coraggio di buttare fuori la verità. Se proprio i tuoi figli e ammiratori ci tengono, se proprio un "Gelmini-day" s’ha da fare, ebbene facciamolo come si conviene ad un patriarca come te: in piazza S. Pietro con tutte le tv del mondo.
Ma, sia chiaro, stiano a casa i leccapiedi. Solo tu, con il papa, i cardinali, i vescovi e noi, le vittime dei vizietti clericali, con i nostri parenti ed amici. Voi, sommi sacerdoti, vestiti di sacco, la testa coperta di cenere, vi inginocchierete davanti a noi (tutti gli abusati del mondo, compresi quei dieci, che ti hanno denunciato), ci laverete i piedi, li bacerete (quelli sì) e direte, urbi et orbi: "Vi chiediamo perdono in nome dei nostri confratelli preti e vescovi, che hanno calpestato anime fragili, le quali hanno visto in noi dei padri, che si sono rivelati dei traditori; chiediamo perdono per non aver fatto tutto quello che era in nostro potere per prevenire il delitto. E siccome non basta chiedere scusa a parole, ci impegniamo a risarcire i danni per giustizia. Vogliamo riparare le nostre colpe. Vi chiediamo perdono anche di avervi calunniato, dicendo che siete dei farabutti, sporchi ricattatori, che volete il nostro denaro (che è dei fedeli, dei genitori delle vittime e dei benefattori). Vi spetta per diritto, non per elemosina: un dovuto atto di GIUSTIZIA.
Noi, le vittime, solo a queste condizioni, assolveremo preti e prelati, alleggerendo la vostra coscienza e vi daremo la giusta penitenza: pane ed acqua per il resto dei vostri giorni. Ma non potremo opporci, anche se lo volessimo, al corso della giustizia, il quale non può che finire in una santa prigione. Solo lì la vostra coscienza troverà pace, lavandosi, giorno e notte con lacrime di dolore.
Così sia".
PS. Notizia dell’ultima ora: il portavoce di don Gelmini, Alessandro Meluzzi, dirotta l’annunciato "Gelmini-day" su un giorno di festa e di preghiera ad uno dei protettori della comunità: S. Michele Arcangelo, perché è "l’unico che può sconfiggere i demoni che stanno arrivando da ogni parte".
"Caro don, anche noi pregheremo con te, per te. Ma la proposta di cui sopra, è sempre valida, anzi raccomandabile".
Messaggio originale----- Da: La Sala
Inviato: domenica 27 gennaio 2002 0.09
A: posta@magistraturaassociata.it
Oggetto: Per la nostra sana e robusta Costituzione...
Stimatissimi cittadini-magistrati
"Nella democrazia - come già scriveva Gaetano Filangieri nella sua opera La Scienza della Legislazione (1781-88) - comanda il popolo, e ciaschedun cittadino rappresenta una parte della sovranità: nella concione [assemblea di tutto il popolo], egli vede una parte della corona, poggiata ugualmente sul suo capo che sopra quello del cittadino più distinto. L’oscurità del suo nome, la povertà delle sue fortune non possono distruggere in lui la coscienza della sua dignità. Se lo squallore delle domestiche mura gli annuncia la sua debolezza, egli non ha che a fare un passo fuori della soglia della sua casa, per trovare la sua reggia, per vedere il suo trono, per ricordarsi della sua sovranità"(Libro III, cap. XXXVI).
Tempo fa una ragazza, a cui da poco era morta la madre e altrettanto da poco cominciava ad affermarsi il partito denominato "Forza Italia", discutendo con le sue amiche e i suoi amici, disse: "Prima potevo gridare "forza Italia" e ne ero felice. Ora non più, e non solo perché è morta mia madre e sono spesso triste. Non posso gridarlo più, perché quando sto per farlo la gola mi si stringe - la mia coscienza subito la blocca e ricaccia indietro tutto. Sono stata derubata: il mio grido per tutti gli italiani e per tutte le italiane è diventato il grido per un solo uomo e per un solo partito. No, non è possibile, non può essere. E’ una tragedia!". Un signore poco distante, che aveva ascoltato le parole della ragazza, si fece più vicino al gruppo e disse alla ragazza: "Eh, sì, purtroppo siamo alla fine, hanno rubato l’anima, il nome della Nazionale e della Patria. E noi, cittadini e cittadine, abbiamo lasciato fare: non solo un vilipendio, ma un furto - il furto dell’anima di tutti e di tutte. Nessuno ha parlato, nessuno. Nemmeno la Magistratura!".
Oggi, più che mai, contro coloro che "vogliono costruire una democrazia populista per sostituire il consenso del popolo sovrano a un semplice applauso al sovrano del popolo"(don Giuseppe Dossetti, 1995), non è affatto male ricordarci e ricordare che i nostri padri e le nostre madri hanno privato la monarchia, il fascismo e la guerra del loro consenso e della loro forza, si sono ripresi la loro sovranità, e ci hanno dato non solo la vita e una sana e robusta Costituzione, ma anche la coscienza di essere tutti e tutte - non più figli e figlie della preistorica alleanza della lupa (o della vecchia alleanza del solo ’Abramo’ o della sola ’Maria’) - figli e figlie della nuova alleanza di uomini liberi (’Giuseppe’) e donne libere (’Maria’), re e regine, cittadine-sovrane e cittadini-sovrani di una repubblica democratica.
Bene avete fatto, con la Vs. Lettera aperta ai cittadini, a rendere pubbliche le vostre preoccupazioni e a dire e a ridire che la giustizia non è materia esclusiva dei magistrati e degli addetti ai lavori, ma un bene di tutti e di tutte, e che tutti i cittadini e tutte le cittadine sono uguali davanti alla legge.
E altrettanto bene, e meglio (se permettete), ha fatto il Procuratore Generale di Milano Borrelli, già all’inizio (e non solo alla fine) del suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario, quando ha detto: "porgo il mio saluto, infine, ai cittadini, anzi, alle loro maestà i cittadini, come soleva dire il compianto Prefetto Carmelo Caruso, avvicinati oggi da un lodevole interesse a questa cerimonia, del resto non esoterica nonostante il paludamento, ma a loro destinata"; e, poco oltre, riferendosi specificamente alle "difficoltà che la giustizia minorile incontra", ha denunciato che "il denominatore comune - generatore del disagio donde nascono devianze, sofferenze, conflitti - è rappresentato dalle carenze di un’autentica cultura dell’infanzia, a volte necessitata dalle circostanze, a volte frutto di disattenzione, spesso causata dall’incapacità negli adulti di trasmettere valori che si discostino dall’ideologia di un’identità cercata, secondo la nota espressione di Erich Fromm, nell’avere piuttosto che nell’essere".
Da cittadino-magistrato non ha fatto altro che dire e fare la stessa cosa che don Lorenzo Milani, il cittadino-prete mandato in esilio a Barbiana, in tempi di sonnambulismo già diffuso (1965): suonare la campana a martello, svegliare - praticare la tecnica dell’amore costruttivo per la legge e, ricondandoci di chi siamo e della parte di corona che ancora abbiamo in testa, avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani....
Cordiali saluti
Federico La Sala