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RETTIFICARE I NOMI E BONIFICARE LA CHIESA DALLO SPIRITO DI "MAMMONA ("CARITAS") E DI "MAMMASANTISSIMA" O PORTARE AL SUICIDIO LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA?! Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto per il Padrone Gesu’("Dominus Iesus")!

IL SUICIDIO DEL CATTOLICESIMO. ALLA LEZIONE DI AMBROGIO, IL CARDINALE SCOLA PREFERISCE LA LEZIONE RATZINGERIANA DELLA "CARITAS IN VERITATE", DEL "LATINORUM"! Un’intervista di Aldo Cazzullo - con una nota di Federico La Sala

Che idea si è fatto del caso San Raffaele? - Mi mancano troppi elementi per formulare un giudizio che ora si baserebbe solo su quanto apprendo dai media (...)
venerdì 14 settembre 2012 di Federico La Sala
"Charitas Deus est" (I Joan. 4,8): SANT’AMBROGIO - AMBROSIUS, In Epistolam Beati Pauli Ad Corinthios Primam, Caput XIII, Vers. 4-8.
LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!
AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO.
Una nota sulla "lettera" perduta.
MEMORIA EVANGELICA (CRISTICA E CRITICA): DA TREVISO E DALLA (...)

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> IL SUICIDIO DEL CATTOLICESIMO. --- IL CORAGGIO DELLA RIFORMA: CARLO M. MARTINI (di i Henri Tincq - "Le Monde”)

giovedì 6 settembre 2012

Carlo Maria Martini

di Henri Tincq

in “Le Monde” del 6 settembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Con il cardinale Carlo Maria Martini, morto venerdì 31 agosto a Gallarate (Lombardia) all’età di 85 anni, scompare una delle figure più brillanti e stimate della Chiesa cattolica. Esegeta di fama mondiale, rettore a Roma dell’Istituto biblico e in seguito della prestigiosa università gregoriana, questo gesuita, nato a Torno il 15 febbraio del 1927, entrato nella Compagnia di Gesù nel 1944, ordinato prete nel 1952, era stato nominato da Giovanni Paolo II, nel 1979, arcivescovo di Milano, la più grande diocesi del mondo, dalla quale diede le dimissioni nel 2002, per ragioni di età e di salute.

Il carisma singolare di quest’uomo non si riduceva all’immagine di capo dell’ala “progressista”. Personalità di spiritualità profonda, autore di una sessantina di opere (commentari biblici e meditazioni), di predicazioni e di conferenze che sono risuonate a Milano e nel mondo, esigerà sempre dalla sua Chiesa “il coraggio della riforma”.

Moltiplicherà i gesti di riconciliazione tra “fratelli” cristiani separati, e intraprenderà una relazione filiale con il popolo ebraico. Aveva espresso la volontà di essere sepolto a Gerusalemme, dove si era ritirato dopo le dimissioni. Sollecitato dai media italiani, l’arcivescovo di Milano diventa un protagonista sulla scena politica. Isolato nell’episcopato, contribuisce all’apertura, negli anni 80, di un cattolicesimo sino ad allora identificato in Italia con la sola Democrazia Cristiana.

Sostiene il pluralismo, evitando qualunque forma di riaffermazione identitaria, qualsiasi iniziativa tendente ad una riconquista di influenza cattolica: “Vogliamo essere solo noi stessi, al servizio di una società, e senza fare torti a nessuno”. Da quel momento, incarnerà un’alternativa riformatrice ai vertici della Chiesa. Non cesserà più di portare come un fardello una reputazione, abbondantemente sopravvalutata, di oppositore numero 1 a Giovanni Paolo II e di potenziale successore. Se le sue relazioni con il papa polacco sono eccellenti, Carlo Maria Martini non manca però di solidi avversari. L’Opus Dei, Comunione e liberazione e altri gruppi, italiani e stranieri, che premono per una riaffermazione autoritaria del cattolicesimo, a lungo hanno paventato che potesse succedere a Giovanni Paolo II.

Dal 1987 al 1993 presiede la Conferenza dei vescovi europei, divenendo uno dei protagonisti della reintegrazione delle Chiese dei paesi dell’Est ex-comunista e animando, nel 1988, il primo incontro ecumenico di Basilea. Ed è durante il sinodo europeo del 1999 in Vaticano che esprime il “sogno” di “un confronto universale di tutti i vescovi” - la parola “concilio” non è pronunciata, ma tutti la pensano - per ridar vigore alla Chiesa del XXI secolo e “sciogliere certi nodi disciplinari e dottrinali che riappaiono continuamente come punti caldi” di contestazione e intralciano il cammino della Chiesa.

Il cardinal Martini pensa al posto limitato delle donne, alla crisi del clero, alla distribuzione dei compiti tra preti e laici, alla proibizione di accedere ai sacramenti per i divorziati risposati. Nel 1997, aveva auspicato che “un futuro concilio riveda tutta la questione” dell’accesso delle donne al sacerdozio. L’obbligo del celibato dei preti non è per lui “un dogma di diritto divino”. L’ordinazione di uomini sposati può essere anche “ una possibile risposta per delle regioni in profonda crisi”, affermava in un’intervista a Le Monde nel 1994.

La voce del cardinal Martini è dunque quella di un uomo libero che chiede che siano dibattuti collettivamente temi ritenuti tabù, che la Chiesa restauri una vera pratica della “collegialità” (equilibrio di poteri tra sede romana e vescovi locali). Se la chiesa è rispettata per la sua lotta a favore dei diritti umani, spiega, il fossato che la separa dalla cultura moderna è dovuto al suo funzionamento, ancora segnato dall’ “intransigentismo” del XIX secolo, che lascia poco spazio al dibattito interno.

In un intervista postuma, pubblicata sabato 1 settembre dal Corriere della Sera, afferma: “La Chiesa è stanca. La nostra cultura è invecchiata, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita. I nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Abbiamo paura?” Il cardinale lascia in eredità questo ultimo consiglio: “La Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal papa e dai vescovi. A cominciare dalle domande poste dalla sessualità e dal corpo”.

Una chiesa povera e umile

Carlo Maria Martini deplorava infatti da molto tempo la rottura, sulle questioni di etica sessuale, tra la chiesa da un lato e scienziati e coppie dall’altro. “Se le nostre posizioni vengono percepite come minacce, proibizioni, condanne, è perché noi non facciamo sforzi sufficienti per far comprendere ciò che è veramente in gioco e sostanziale”, affermava ancora nel 1994 a Le Monde. Sottolineava volentieri “gli sviluppi negativi e infelici” dell’enciclica Humanae vitae sulla regolazione delle nascite, pubblicata nel 1968 da Paolo VI. “Decidere in solitudine su temi come la sessualità e la famiglia” non è mai una cosa buona, faceva osservare, e auspicava una nuova enciclica su quel tema. Nel suo libro del 2008 Conversazioni notturne a Gerusalemme il tono è calmo e lucido. “Ho sognato”, confessa in una sorta di testamento spirituale, “una Chiesa povera e umile che non dipende dalle potenze di questo mondo. Una Chiesa che dona coraggio a coloro che si sentono piccoli e peccatori”.

Durante il conclave dell’aprile 2005 che segue la morte di Giovanni Paolo II, il cardinal Martini incarna le speranze degli ambienti progressisti. Le possibilità di essere eletto sono minime, a motivo dell’età e del morbo di Parkinson, ma anche perché i cardinali elettori che, come lui, non si rassegnano all’opzione conservatrice, sono fortemente minoritari. Il cardinale Ratzinger, sul cui nome il cardinal Martini chiede alla fine del conclave di far convergere i voti, è eletto con il nome di Benedetto XVI. Quest’ultimo gli renderà visita a giugno.

Durante i funerali del cardinal Martini, celebrato lunedì 3 settembre a Milano, il papa, in un messaggio letto all’inizio della messa, ha reso omaggio a un “servitore infaticabile del Vangelo e della Chiesa”, che “che non ha solo studiato le Sacre Scritture ma le ha amate intensamente”.


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