Le leggi di Solone nell’Atene degli schiavi
di Eva Cantarella (Corriere della Sera, 14.07.2012)
Nato ad Atene attorno al 640 a.C., nel 594 Solone venne eletto arconte e incaricato di dare un corpus di leggi alla città, con il titolo, oltre che di nomothetes (legislatore, appunto) anche di diallaktes (arbitro, riconciliatore). Il momento era molto difficile, le tensioni sociali altissime. Da una parte stavano le famiglie nobili, che detenevano la quasi totalità della terra (ovviamente, la ricchezza dell’epoca); dall’altro una massa di persone che viveva, o meglio sopravviveva in condizioni assolutamente drammatiche.
Secondo alcuni, questa massa era composta da schiavi che coltivavano la terra dei padroni, versando a questi cinque parti del prodotto, e tenendone per sé solo un sesto (donde il nome di ektemori, con cui venivano designati). Secondo altri, invece, erano contadini liberi che, alle condizioni di cui sopra, coltivavano la terra pubblica usurpata dai nobili. E poiché queste condizioni non consentivano loro di sopravvivere si indebitavano con questi, dando in pegno se stessi. Con la conseguenza che, se non pagavano, diventavano schiavi del loro creditore.
Uomo di grande cultura e di larghe vedute, probabilmente nato da famiglia aristocratica, Solone (foto) eseguì il compito che gli era stato affidato, per poi allontanarsi dalla città. E un giorno, interrogato da un amico che gli chiese se riteneva di aver dato agli ateniesi le leggi migliori, rispose «le migliori che essi potessero accettare» (la storia in Plutarco).