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PSICHIATRIA, POTERE, E VERITA’: CRITICA DEL GIUDIZIO PSICHIATRICO. Szasz certamente non apparteneva all’antipsichiatria, né all’atteggiamento di Foucault, che considerava un critico algido e non impegnato in nessuno degli effetti che le sue analisi mettevano in luce

LA LEZIONE CRITICA DI THOMAS SZASZ. L’autore del "mito della malattia mentale" è morto a 92 anni. Un bilancio (e l’omaggio) dello psicoanalista Stefano Carta - a c. di Federico La Sala

(...) la malattia mentale qualsiasi malattia mentale non esiste, essendo un artefatto inventato per ragioni di potere, prestigio e controllo dalla psichiatria, e fondato su quelli che Szasz considerava fondamentali errori epistemologici e metodologici.
sabato 22 settembre 2012 di Federico La Sala
[...] Per Szasz, quindi, la malattia mentale è un etichettamento patologizzante, controllante ed espulsivo di un comportamento intelligente che usa strategie difensive e di occultamento rispetto ad un ambiente oppressivo o comunque fortemente asimmetrico. Queste strategie comunicative per Szasz utilizzavano codici protolonguistici e linguaggi non-discorsivi, iconici e performativi, per manifestare ciò che in una posizione di maggior potere negoziale il soggetto potrebbe esprimere in forma (...)

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> LA LEZIONE CRITICA DI THOMAS SZASZ. ---- La malattia non è un’invenzione. Lettera.

martedì 16 ottobre 2012

LETTERA *

La malattia non è un’invenzione

      • IN RIFERIMENTO ALL’ARTICOLO COMPARSO IL 22 SETTEMBRE SU L’UNITÀ DAL TITOLO «IL BOMBAROLO DELLA PSICHIATRIA» a firma di Stefano Carta.

A volte succedono cose inspiegabili, come quella di ricordare un personaggio come Thomas Szasz, le cui idee sono state sconfessate dalla Storia. Il pubblico dei vostri lettori, ne siamo certi, per scelta o per necessità crede nel Sistema Sanitario Nazionale cioè crede (o deve credere) nella competenza dei tanti psichiatri che quotidianamente si «dannano» per cercare di rispondere alle domande dei tanti che, nonostante le rivoluzionarie idee dei Szasz, affollano gli ambulatori dei Csm distribuiti su tutto il territorio nazionale.


È forse di sinistra dire che «la malattia mentale non esiste?» oppure che «la malattia è solo una forma particolare di comportamento, una forma particolare di vita», oppure ancora che «il malato, esattamente come una persona sana, mette in atto comportamenti specifici orientati versoscopi». Insomma la mamma che butta la figlia di otto anni dal settimo piano e poi la segue ponendo fine alla vita di entrambe ha fatto solo un «gioco comunicativo?».

Urge fare qualche semplice considerazione rimanendo saldamente ancorati alla realtà: innanzitutto l’idea che «la malattia mentale è un’invenzione» ha ispirato, almeno in Italia, la chiusura di quelle orrende istituzioni che erano gli ospedali psichiatrici, ma sciaguratamente l’unico effetto che abbiamo ottenuto è stato che l’assistenza ai malati di mente gravi ricade oggi quasi completamente sulle spalle delle rispettive famiglie con il conseguente carico di sofferenza che si riverbera su un gruppo ben più vasto di persone, tutte obbligate dal «sistema» a farsi carico di realtà patologiche di cui non conoscono nulla se non che si tratta di malattie «a causa sconosciuta e per questo croniche ed incurabili».

Questi pensieri ancorché vecchi di decine di anni, contraddicono, nascondono, omettono quanto la psichiatria va proponendo negli ultimi 20 anni: è ormai patrimonio acquisito a livello internazionale che la malattia mentale grave dell’ adulto comincia durante l’infanzia, dando segni nel corso dell’adolescenza. Negli adolescenti sono presenti sintomi sfumati che danno malessere, sofferenza e isolamento sociale; tali sintomi smettono di apparire tali al momento della transizione nella psicosi e si accompagnano ad una totale perdita di rapporto con la realtà.

Altrettanto evidente è che le malattie mentali sono fortemente influenzate, se non determinate, da fattori ambientali grossolani (come le migrazioni, uso di sostanze, isolamento sociale etc.) o meno evidenti come le violenze fisiche e non. Vale, poi, la pena soffermarsi sul ragionamento di Szasz che «il termine malattia può essere riferito esclusivamente a malattie organiche» mentre quelle mentali (mancando del corrispettivo organico) vengono definite malattie «funzionali».

Falsificando la realtà, si dice che dei comportamenti normali vengono «interpretati» come malati dalla psichiatria, ma in verità sono solo scappatoie in cui si rifugerebbe chi non riesce ad «esprimere autonomamente, responsabilmente e liberamente gli scopi che desiderano perseguire». È proprio questa idea che promuove e spinge l’intera ricerca biologica e il conseguente ricorso ai farmaci. Siccome non abbiamo ancora individuato le basi biologiche delle malattie mentali dobbiamo investire miliardi di dollari e utilizzare sistemi di indagine altamente sofisticati allo scopo di confermare un’idea vecchia di 2.500 anni. E cioè che le alterazioni della mente devono essere il prodotto di un danno biologico. E così accade che le persone non vanno dallo psichiatra, delegittimato, reso impotente, grazie anche alla confusione generata da scritti come quello di Stefano Carta.

L’ennesimo messaggio «nichilista» che confonde e dispera la gente. Perché invece non cominciare, proprio su questo giornale, a diffondere un messaggio di possibilità di prevenzione e di «cura» attraverso la diagnosi e l’intervento precoce? Per concludere, una riflessione importante: non più tardi di un anno fa la VI sezione penale della Cassazione ha depositato la sentenza 14408, relativa ad un caso di «abuso della professione medica», che recita: «Né può ritenersi che il metodo del «colloquio» non rientri in una vera e propria forma di terapia, tipico atto della professione medica, di guisa che non v’è dubbio che tale metodica (...) rappresenti un’attività diretta alla guarigione da vere e proprie malattie (ad es. l’anoressia) il che la inquadra nella professione medica».

Insomma i giudici della Cassazione, a differenza di Szasz e di Carta, sono certi che le malattie mentali sono vere e proprie malattie e che debbono essere curate e guarite. Ed è per questo che Noi scriviamo a l’Unità e non raccogliamo la sfida di Carta («E se Szasz avesse avuto ragione? Agli psichiatri, agli psichiatri in primis, l’onere di accettare davvero la sfida»). Ma ogni giorno raccogliamo quelle dei nostri pazienti psichiatrici.

*

-  T. Amici, Dirigente medico Asl Grosseto; G. Cavaggioni, prof. Aggregato di Psichiatria "Sapienza" Università di Roma; G. De Simone, Psichiatra e Psicoterapeuta; P. Fiori Nastro, prof. Aggregato di Psichiatria "Sapienza" Università di Roma; F. Fagioli, Dirigente medico Asl RmE; M. Fagioli, Dirigente medico Asl RmB; A. Filippi, Dirigente medico Asl Terni; A. Masillo, Psichiatra e Psicoterapeuta; A. Masini, Dirigente medico Asl RmD; E. Pappagallo, Dirigente medico Asl Viterbo

* l’Unità, 27.09.2012


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