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AL DI LA’ DELLE "ROBINSONATE" FONDAMENTALISTE (SIA ATEE SIA DEVOTE), PER UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA. Nella "nave" di Galilei, i soggetti sono due, e tutto è da ripensare...

SCIENZA E SCRITTURA. NELLA "NAVE" DI GALILEI, ODIFREDDI STENTA (ANCORA) A VEDERE L’ALTRO. "Poesia e conoscenza non si escludono a vicenda". Una parte della sua "lectio magistralis" all’Internet Festival di Pisa

(...) la Poesia dell’Universo: una poesia che “intender non la puo’ chi non la prova”, e che “non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritta”.
venerdì 12 ottobre 2012 di Federico La Sala
[...] La nave su cui Galileo naviga letterariamente costituisce uno dei laboratori in cui si eseguono gli ideali esperimenti scientifici del Dialogo, e il fatto che su di essa la vita si svolga nella stessa identica maniera che sulla Terra, ad esempio per quanto riguarda la caduta di una palla di piombo o il volo di un insetto, dimostra la relatività galileiana: il fatto, cioè, che le leggi della meccanica sono invarianti rispetto a sistemi in moto uniforme, che risultano dunque (...)

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> SCIENZA E SCRITTURA. --- Achille il gatto e la logica. Un saggio di Jim Al-Khalili racconta la fisica divertendo da Maxwell a Einstein.

lunedì 8 ottobre 2012

Un saggio di Jim Al-Khalili racconta la fisica divertendo da Maxwell a Einstein

Achille il gatto e la logica

Così l’arte dei paradossi spiega la scienza a tutti

di Stefano Bartezzaghi (la Repubblica, 08.2010.2012)

Un fisico scozzese sostiene che ogni volta che un suo compatriota si sposta in Inghilterra aumenta il quoziente d’intelligenza medio di entrambi i paesi. Come è possibile? Gli scozzesi, sostiene lui, sono più intelligenti degli inglesi, quindi il migrante aumenta la media di intelligenza inglese. Ma trasferirsi dalla Scozia all’Inghilterra è una tale sciocchezza che sicuramente a commetterla può essere soltanto uno degli scozzesi meno intelligenti, quindi con il suo trasloco aumenta anche il quoziente medio scozzese. Il paradosso era solo apparente.

Inglese, nato a Baghdad da padre iracheno e madre inglese, Jim Al-Khalili dà un ottimo contributo alla media generale dell’intelligenza. Ha cinquant’anni, ricerca e insegna nel campo della fisica teorica, è un esperto comunicatore scientifico. È lui che ha sentito da un collega scozzese il paradosso sul quoziente medio di intelligenza e lo ha impiegato nella prefazione di un libro che ora esce anche in italiano (La fisica del diavolo. Maxwell, Schrödinger, Einstein e i paradossi del mondo, trad. di Laura Servidei, Bollati Boringhieri, pagg. 242, euro 20).

Il libro è importante, nella sua non immodesta veste di intrattenimento pacato, perché non elude ma butta sul piatto con onesta consapevolezza il vero problema della cosiddetta divulgazione scientifica. Per fare divulgazione bisogna sapere spiegare bene la scienza, ma per far capire davvero la scienza spesso occorre, ancorché spiegarla, ripiegarla; ovvero, confondere le idee più che chiarirle. È questa la maledizione, ma anche la benedetta funzione, del paradosso.

Sono alcuni anni, ormai, che la divulgazione scientifica e in particolare matematica ha assunto una rilevanza prima impensabile, costituendo anche una delle poche controtendenze nel mainstream dell’editoria corriva. Al proposito si possono citare il Festival della Scienza, a Genova (Al-Khalili sarà presente all’edizione 2012), e quello della Mente, a Sarzana; l’Infinities di Luca Ronconi e innumerevoli film, libri, fumetti, spettacoli teatrali su biografie come quella di Alan Turing; le raccolte di giochi logici e matematici, che ci sono sempre state ma non sono mai state tanto abbondanti (l’ultima: Federico Peiretti, Matematica per gioco, Longanesi), sino ai quattro volumi delle Grandi Opere Einaudi intitolati a “La Matematica” e curati da Claudio Bartocci e Piergiorgio Odifreddi (due autori che, ognuno a modo suo, rappresentano al meglio la nuova figura dell’intellettuale eclettico e a proprio agio in svariati campi del sapere, partendo da una formazione matematica o logica).

La matematica, soprattutto, pare giocare un ruolo omologo a quello che all’epoca dello strutturalismo spettava alla linguistica: la disciplina che ha come oggetto il linguaggio comune a tutte le altre, e assume perciò una posizione centrale e una funzione “modellizzante” (come dire: esemplare).

Nei confronti di non addetti e non adepti (spesso anche non adatti) la matematica esercita pure un fascino per certi versi analogo e per altri opposto a quello della musica: quello di espressione non traducibile in parole, espressione senza contenuto verbalizzabile. Non a caso il sudoku, sublime giocattolo logico, è stato definito dall’esperto di giochi Will Shortz “wordless crossword”, parole crociate senza parole. Spiegare la matematica a parole, così come la musica, è dunque una sfida: richiede non solo grande confidenza sia con i numeri sia con le parole, ma anche una grande immaginazione e capacità di immedesimazione psicologica nella mentalità del lettore profano.

Che la psicologia entri, e quanto, nel discorso potrebbe anche apparire strano. Ma come! La matematica e la logica, queste fortezze del calcolo impersonale, gli strenui avvocati divorzisti della mente dai vizi inveterati dell’opinione, i disinfestatori delle contraddizioni e degli altri parassiti del pensiero... Eppure, se già queste immagini sembrano rispondere ai canoni di una mythologie sociosemiotica piuttosto che a quelli di un’equanime gnoseologia, matematica e logica riescono ad arrivare al grande pubblico soprattutto quando giocano con il proprio rovescio.

Pochi sembrano in grado di appagarsi nella contemplazione del teorema di Lagrange o di quello di Pitagora o del principio del terzo escluso. Ma invece, annunciata anche da usi lessicali peculiari (come le dimostrazioni “per assurdo”, i numeri “irrazionali”, la fuzzy logic, dove fuzzysignifica “confuso”, “indistinto” e quindi “sfumato”) ecco che si apre la via privilegiata per mostrare all’opinione pubblica le seduzioni del pensiero razionale: la via dei paradossi. Cosa attrarrà la doxa meglio dei paradoxa?

La matematica e la logica, così come anche la fisica, non ci affascinano tanto quando dicono «Le cose stanno così, come non sapete né pensate », quanto se dicono «Le cose non stanno affatto come pensate e come pensate di sapere»: ci fanno dubitare che Achille possa mai superare la tartaruga o ci parlano di due gemelli di età diverse. Come accorriamo alla finestra per un incidente stradale, così anche la collisione tra il rigore della dimostrazione e l’apparenza sensoriale (e il nostro modo di organizzarla) ha un richiamo irresistibile.

Con i paradossi il divulgatore desta la meraviglia, e quindi la curiosità: due inneschi della ragione che di per sé tanto «razionali» (nel senso tardo-positivista, ma ancor oggi vulgato, del termine) non sono.

Quando poi ci si trova a dover spiegare la relatività o addirittura la meccanica quantistica il paradosso (in cui senso comune e buon senso, come si dice oggi, «vanno a sbattere») non è più accidentale: «Per quanto si cerchi di spiegarla accuratamente, per chi non è un fisico la meccanica quantistica suonerà sempre sconcertante, se non addirittura inverosimile». In un esperimento immaginato da Erwin Schrödinger, per esempio, la vita di un gatto in una certa scatola dipende dal decadimento di un atomo. C’è il dubbio che secondo la meccanica quantistica quel gatto sia vivo tanto quanto sia morto.

Con sapienza comunicativa e onestà epistemologica Al-Khalili è devoto ai paradossi: non solo ne riconosce la funzione comburente e motoria per la ricerca scientifica ma poi ne percepisce e ne sa potenziare anche il carattere enigmistico che li rende tanto affascinanti per il profano. Così gli chiarisce subito (cosa rarissima) la differenza tra paradossi veri, paradossi percepiti, contraddizioni logiche. Quindi tramite nove paradossi ben scelti gli spiega molte cose utili, magari già orecchiate ma mai capite a fondo; tramite i paradossi più inspiegabili; infine mette la persistenza, forse necessaria, di un vallo fra quanto sappiamo, come specie, e quanto riusciamo a rappresentarci, come individui dotati di buon senso. Il paradosso ci fa attraversare quel vallo prima in una direzione, poi nell’altra. Le emozionanti oscillazioni di un ponticello così precario ci ricordano che la razionalità distinta dalla psicologia semplicemente non esiste. O meglio, esiste come esistono le illusioni, i miraggi, le fate morgane. O meglio, la sua esistenza è essa stessa un paradosso.


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