La Tunisia si ferma per i funerali di Belaid
Nel giorno delle esequie uno sciopero generale ha paralizzato il Paese
Il presidente Jebali deciso a formare un governo tecnico
Aggredito un altro leader dell’opposizione democratica
di U. D. G. (l’Unità, 09.02.2013)
Il Paese si è fermato per rendere l’ultimo omaggio a un «martire per la libertà». È stato sepolto al cimitero di El-Jellaz a Tunisi Chokri Belaid, il leader dell’ opposizione laica tunisina assassinato mercoledì scorso. Un’autentica marea umana ha accompagnato le spoglie e ha assistito alle esequie mentre tutto il Paese nordafricano si fermava per lo sciopero generale. Secondo fonti giornalistiche tunisine, riportate da al Arabiya e al Jazira, addirittura un milione e 400mila persone avrebbe partecipato al rito funebre; una partecipazione impressionante, confermata dal ministero dell’Interno.
Con una decisione di enorme valore simbolico, perché sancisce il rango di «martire» del Paese dell’esponente politico assassinato, la salma di Chokri Belaid è stata portata dalla casa dei genitori, a Djebel Jelloud, al cimitero di Djellaz, a bordo di un camion scoperto dell’Esercito, sul cui pianale hanno preso posto uomini della polizia militare. Nel tragitto il camion è stato seguito da una vettura sulla quale hanno preso posto la moglie del politico assassinato, Besma Khalfaoui, e i figli.
Dietro la macchina con i familiari, una lunga coda di vetture. Nonostante il forte vento e la pioggia battente, la folla ha accompagnato il feretro avvolto nella bandiera rossa tunisina e ricoperto di fiori nei tre chilometri e mezzo di tragitto dal centro culturale di Djebel Jelloud, su cui erano stati disegnati i grandi baffi neri simbolo del leader del Movimento dei patrioti democratici, fino al cimitero. Scaramucce e scontri si sono registrati lungo il percorso del corteo funebre, con la polizia che ha usato i gas lacrimogeni per disperdere la folla. Ovunque c’erano centinaia, migliaia di bandiere, ma solo della Tunisia.
L’ULTIMO SALUTO
Mentre la salma veniva inumata, migliaia di persone hanno gridato «Allahu akbar» (Allah è grande), prima di intonare l’inno nazionale tunisino e recitare il primo versetto del Corano. Le esequie hanno assunto a tratti il tono di una manifestazione contro il partito islamista al governo, Ennahda, accusato di essere il mandante dell’assassinio. La vedova di Belaid, Besma, ha innalzato le due dita in segno di vittoria quando, a più riprese, si è levato dai dimostranti il grido: «Il popolo vuole un’altra rivoluzione», e la figlia di 8 anni perdeva i sensi in mezzo a scene di caos. Tra i manifestanti risuonano anche slogan dedicati al generale Rachid Ammar, capo delle Forze armate tunisine, chiedendogli di intervenire. Ammar è famosissimo in Tunisia per essersi opposto alla richiesta di Ben Ali di schierare l’esercito contro chi chiedeva la caduta della dittatura.
Tunisi ha vissuto una giornata surreale, con quasi tutte le attività bloccate dallo sciopero generale proclamato dal principale sindacato, l’Unione Generale dei Lavoratori Tunisini (Ugtt). Il Paese è rimasto virtualmente isolato: l’aeroporto di Tunisi-Cartagine ha comunicato la cancellazione per l’intera giornata di tutti i voli, sia interni che internazionali, in arrivo e in partenza dallo scalo. La violenza è però riesplosa a Gafsa, nella Tunisia centrale: giovani dimostranti hanno aggredito un poliziotto, che è stato trascinato a forza fuori dalla sua auto e picchiato selvaggiamente: adesso è in stato di coma. Gli assalitori hanno anche appiccato il fuoco a un commissariato e hanno messo in fuga le forze di sicurezza. Violenti scontri sono scoppiati anche Sousse, dove forze di sicurezza e manifestanti si sono affrontati duramente.
Sul fronte istituzionale, la crisi resta aperta: il premier Hamadi Jebali, ha ribadito di voler dar vista a un nuovo governo formato da tecnici, nonostante la contrarietà espressa dai vertici del suo partito, il filo-islamico Ennahda. «Sono fermo alla mia decisione di formare un governo di tecnici e non ho bisogno del sostegno dell’Assemblea Costituente», ha affermato il premier, citato dall’agenzia Tap. «La composizione di questo governo è quasi pronta», ha aggiunto Jebali. La decisione di Jebali è stata accolta dall’opposizione e dalla società civile come una chance per far uscire il Paese dalla crisi Ma la violenza politica non si placa. In serata è stato aggredito il fondatore del Partito Democratico Progressista, Ahmed Nejib Chebbi.