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CRISI DEL PAPATO: UN’EMERGENZA ANTROPOLOGICA E TEOLOGICO-POLITICA.

AI CARDINALI, PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PAPA, NELLA CAPPELLA SISTINA: GUARDARE IN ALTO! Andiamo "verso un’era collegiale"! Una nota di Franco Cardini - con appunti di Federico La Sala

L’orologio della storia della Chiesa è fermo almeno da 500 anni. I Profeti e le Sibille insieme nella Volta della "Cappella Sistina" (Michelangelo, 1512) sono ancora un grosso problema ...
lunedì 11 marzo 2013
[...] la domanda che è legittimo formulare è questa: che la nuova età della Chiesa, quella che Benedetto XVI ha compreso necessaria ma non si è sentito di gestire, sia quella di una rinnovata proposta conciliaristica di direzione non più monarchica, bensì collegiale della Chiesa cattolica? Il prossimo conclave e il nuovo pontefice risponderanno a questa domanda.
Materiali per riflettere:
CONCLAVE - FOTO: CAPPELLA SISTINA
MICHELANGELO E LA SISTINA (1512-2012). I PROFETI INSIEME ALLE SIBILLE (...)

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> AI CARDINALI, PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PAPA, NELLA CAPPELLA SISTINA --- “Sogno un papa senza ricchezze”. Parlano Marcelo Barros (teologo benedettino) e Leonard Boff (teologo francescano (di Maurizio Chierici).

mercoledì 20 febbraio 2013

“Sogno un papa senza ricchezze”

di Maurizio Chierici (il Fatto Quotidiano, 20 febbraio 2013)

"Chi desidera una Chiesa più aperta al mondo (teologi della liberazione) non vuole un papa latino- americano, o africano o coreano. Vuole un papa italiano che sia il vescovo di Roma e rispetti l’autonomia delle chiese locali. Chiediamo a Dio di dare alla Chiesa di Roma, madre dell’unità delle chiese, un pastore semplice e modesto che non abbia bisogno dell’aura di santità, né che la sua persona venga chiamata santa così come le congregazioni della curia e tutto ciò che circonda il suo ministero. È l’indicazione del Concilio Vaticano II”. Risposta di Marcelo Barros, teologo benedettino, 69 anni, cresciuto a Recife, nord angosciato del Brasile, all’ombra di Helder Camara, vescovo “rosso” per le burocrazie vaticane, “vescovo dei poveri” per i diseredati del continente latino.

Barros fa il priore nel monastero di Goias ed è membro dell’Associazione ecumenica dei teologi del Terzo mondo. Una volta si è rivolto a Paolo VI con “lettera personale” nella quale delineava una Chiesa “più umana, più solidale, più aperta alla ricchezza delle differenze”. Proposte cadute nell’inevitabile silenzio: “Ogni domenica migliaia di comunità cattoliche del Brasile non hanno il prete per celebrare il culto della Parola. Lei sa perché ricevono la visita di un prete solo due volte l’anno. Perché lei non accetta di riaprire la questione del celibato e di ordinare uomini sposati, degni e preparati per il ministero... e perché in America Latina la Chiesa cattolica è l’unica delle Chiese occidentali che proibisce di ordinare le donne”. Risponde il segretario di stato cardinale Villot: “Il papa la ringrazia della lettera ma le ricorda che non siamo più ai tempi del Vangelo”. Un papa-pastore resta la speranza di Barros, pontefice il cui carisma deve essere la povertà.

Ricorda un racconto di Helder Camara: “Ho sognato che il papa aveva un accesso di follia. Dava fuoco al Vaticano e alla basilica di San Pietro. Usciva nelle strade di Roma per distribuire ai poveri il denaro della Chiesa. È triste pensare che per vivere davvero il Vangelo di Gesù dobbiamo sognare che il papa diventi matto”.

Leonardo Boff è il teologo francescano disarmato dagli inquisitori guidati dal cardinale Ratzinger. Insegna Teologia e Filosofia all’Università di Pedropolis dopo l’abbandono del saio francescano. 65 anni, unisce la voce alle voci di Barros e Frei Betto nella Teologia della Liberazione rimproverata dal Vaticano come eresia protestante.

ACCOGLIE l’addio di Benedetto XVI “con grande tristezza”. Ne conosce la timidezza e ne immaginava il disagio “quando abbracciava le folle e baciava i bambini”. Ha sperimentato la riservatezza quando era stato suo allievo in Germania, 1965-1970. “Gli era piaciuta la mia tesi, Il posto della Chiesa nel mondo secolarizzato”. Si era offerto di cercare un editore. “E poi assieme nella rivista Concilium: ci incontravamo ogni anno a Pentecoste. Passeggiavamo discutendo di teologia. Gli ultimi incontri rompono la simpatia appena Ratzinger diventa mio inquisitore nel processo dell’ex Sant’Uffizio concluso con l’imposizione del ‘silenzio ossequioso’ e la proibizione di pubblicare libri. Immagino si sia lasciato trascinare dal giudizio dei conservatori che vogliono la Chiesa immobile”.

La Folha di San Paolo, grande quotidiano, gli fa le solite domande dopo la rinuncia di Benedetto. Boff risponde per scritto, risposte che non sono piaciute. L’intervista finisce nel cestino. La ripropone: “Benedetto XVI ha frenato il rinnovamento indicato dal Concilio. La Chiesa di oggi non accetta di rompere col passato: preferisce acquattarsi nella tradizione. Chiesa romana nelle mani di un Papa al quale è affidata la guida di un popolo immenso come la Cina”.

Come deve essere il successore di Ratzinger? “Non papa di potere legato alle istituzioni. Il potere cancella l’amore e oscura la misericordia. Abbiamo bisogno di un pastore vicino al popolo e a ogni essere umano, poco importa della situazione morale, etnica e politica della quale creature diverse e lontane sono portatrici. Non deve rappresentare l’Occidente estraneo alla storia della maggioranza dei fedeli ma uomo che arriva dal mondo globalizzato, sofferente e testimone della terra devastata dalla voracità del consumismo. Insomma, obbediente al Vangelo senza spirito di proselitismo, guida profondamente spirituale aperta a tutti i percorsi religiosi per riunire la speranza nel cuore di ogni persona: quella misteriosa presenza di Dio. Uomo profondamente buono nello stile di Giovanni XXIII, tenero con gli umili, ma con la fermezza profetica che denuncia le incubatrici della violenza e gli affari delle guerre strumenti di dominazione in ogni regione del mondo. Spero che lo Spirito Santo illumini il Conclave”


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