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VICO (E KANT), PER LA CRITICA DELLE VERITA’ DOGMATICHE E DELLE CERTEZZE OPINABILI. Una nota introduttiva alla lettura della "Scienza Nuova"
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> PER UNA NUOVA CITTA’ DELLA SCIENZA, UN OMAGGIO A VICO --- Il "Viaggio alla Luna" ideato a Napoli 8 anni prima di Verne: ritrovato il testo di Ernesto Capocci (di G. Caprara)

domenica 3 gennaio 2016

Il viaggio sulla Luna ideato a Napoli 8 anni prima di Verne

Creduto perso, il testo è stato ritrovato

di Giovanni Caprara (Corriere della Sera, La Lettura, 03.01.2016)

La Luna da sempre ha portato in volo la fantasia di illustri scrittori e scienziati: Luciano di Samosata nel II secolo a.C. e Dante Alighieri, Ludovico Ariosto e Giovanni Keplero e Cyrano de Bergerac. Ma è nella prima metà dell’Ottocento, nel vento del positivismo filosofico e dello sviluppo tecnologico legato alla rivoluzione industriale, che alcuni sognatori del satellite naturale della Terra iniziano a immaginare i viaggi con le innovazioni necessarie per raggiungerlo.

A Napoli dirigeva dal 1833 l’osservatorio di Capodimonte Ernesto Capocci principe di Belmonte, astronomo di buona cultura letteraria, educato alla scienza delle stelle dallo zio Federico Zuccari che lo aveva preceduto alla guida della Specola partenopea. Capocci nel 1857 scrisse un libricino dal titolo Viaggio alla Luna - Anno 2057: la prima donna nello spazio stampato dalla tipografia di Teodoro Cottrau.

Della pubblicazione e della curiosa storia si persero però le tracce tanto che il Dizionario biografico degli italiani lo indica come disperso. È stato soltanto per caso, durante una consultazione, che nella «Busta A 260/11» della Biblioteca nazionale di Bari è comparsa una copia del volumetto che oggi secondo il Catalogo del servizio bibliotecario nazionale è l’unica autentica sopravvissuta. Sulla copertina è impressa la scritta «Dono Cotugno» per ricordare che proveniva da Raffaele Cotugno, nipote dell’illustre medico pugliese settecentesco Domenico Cotugno.

Il ritrovamento e la sua lettura hanno destato interesse per alcuni aspetti del racconto che si ritrovano anche nel famoso romanzo Dalla Terra alla Luna di Jules Verne pubblicato otto anni dopo. Verne conosceva quel testo? Lo aveva letto? Sono proprio questi elementi a suscitare la domanda se non ci fosse stato qualche misterioso filo capace di collegare le due storie e i loro autori.

Il Viaggio alla Luna di Capocci è una sorta di lunga lettera-resoconto inviata da Urania, protagonista della traversata cosmica assieme ad Arturo, il pilota dell’astronave «astronomo artigliere». Con loro viaggia un equipaggio di sei uomini «eterizzati», cioè addormentati con l’etere, durante gli otto giorni del volo. Così non avevano bisogno di mangiare e bere riducendo le riserve nel poco spazio della navicella «ingombro di cronometri, anemometri, termometri, bussole, cannocchiale ecc.». Il ricorso all’eterizzazione è curioso perché anticipa l’idea di ibernare gli astronauti nelle future, lunghe esplorazioni interplanetarie.

Ma l’idea che avvicina di più Capocci a Verne è il ricorso al cannone per proiettare la navicella verso l’obiettivo. Lo colloca nelle profondità di un vulcano spento sulle Ande per proteggere in questo modo la navicella dai disturbi atmosferici incontrati nelle prime fasi del decollo. Urania è affascinata dalle nuove tecnologie e sottolinea, ad esempio, «il più grande trionfo della meccanica moderna» rappresentato dalla gomena che unisce il proiettile sparato dal «gran mortaio» alla capsula abitata trascinandola nello spazio vantando doti di «leggerezza, elasticità e forza onde reggere all’immenso impulso» fino a imprimere «una velocità incredibile».

L’impresa è organizzata dalla Compagnia della Luna che molto assomiglia al Gun Club di Baltimora di Verne. Durante il viaggio la navicella «fornita di grandi lastre di cristallo trasparentissimo» permette una stupefacente visione e il racconto, ricco di emozioni, potrebbe essere quello pronunciato dai nostri astronauti. Tra ironie, parole di soddisfazione e qualche inquietudine, Urania arriva sulla Luna descritta nelle sue meraviglie con grande dettaglio. La discesa dell’astronave è aiutata da un paracadute e lo sbarco, dopo il risveglio degli eterizzati, è salutato dagli applausi di una quarantina di esploratori. Erano giunti in precedenti missioni e nelle lande deserte, tra montagne ricoperte di muschi e licheni, avevano insediato in oasi rigogliose le loro colonie. Ernesto Capocci era un esperto di comete e aveva collaborato alla compilazione di una nuova mappa celeste coordinata dall’Accademia di Berlino. Nel 1836 compì un viaggio scientifico in Europa soggiornando a Parigi, Londra e Bruxelles. Ma è soprattutto nella capitale francese che stringe buoni rapporti con François Arago, astronomo dell’Osservatorio nazionale francese e famoso, oltre che per i suoi contributi scientifici, per l’opera di divulgazione con i libri di Astronomie populaire.

Arago e il fratello, esploratore, erano per Verne grandi amici e fonte preziosa di argomenti. Altrettanto intenso si sviluppa il rapporto di Capocci con Arago, del quale traduce e commenta Lezioni di astronomia professate nell’osservatorio di Parigi . «L’astronomo francese - nota Massimo Della Valle, direttore dell’osservatorio di Capodimonte e appassionato storico dell’astronomia - era certamente a conoscenza del libro dell’amico napoletano e non è difficile immaginare che ne abbia parlato con Verne. Non esistono finora prove che il grande romanziere della fantascienza ne abbia poi tenuto conto nell’ideazione della sua celebre opera, ma non si può certo escludere data la stretta coincidenza di alcune idee».

Ernesto Capocci amava scrivere ed era autore di numerose opere di divulgazione scientifica (compresa l’illustrazione della Divina commedia dal punto di vista astronomico) e pure di romanzi storici tradotti a Parigi. Ma rimane anche uno dei primi autori della fantascienza italiana e il suo Viaggio alla Luna è ora meritatamente ristampato da LB Edizioni di Bari.


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