Padre Lombardi: «Calunnie della sinistra anticlericale»
di Alessandro Oppes (il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2013)
Sono solo “diffamazioni e calunnie” che arrivano da “una sinistra anticlericale per attaccare la Chiesa e devono essere respinte con decisione”. La Santa Sede è preoccupata dall’insistente tam- tam di stampa che riprende i vecchi sospetti di connivenza tra Jorge Mario Bergoglio e la dittatura del generale Videla, rilanciati ieri nell’intervista al Fatto Quotidiano dal giornalista argentino Horacio Verbitsky.
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, in un comunicato letto durante il briefing di ieri nel tentativo di liquidare una volta per tutte la questione, parla di un’operazione “portata avanti da una pubblicazione caratterizzata da campagne a volte calunniose e diffamatorie”.
Il riferimento evidente è al quotidiano di Buenos Aires Pagina12, da anni vicino al kirchenerismo, un giornale che ha tra i suoi editorialisti di punta proprio Verbitsky, l’autore del libro L’isola del silenzio (in Italia edito da Fandango).
In quel testo Verbitsky accusa Bergoglio di non aver protetto, all’epoca in cui era superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina, due gesuiti sequestrati dai militari e torturati per sei mesi nei locali dell’Esma, la scuola di meccanica della Marina. “Non vi è mai stata un’accusa credibile concreta nei suoi confronti”, ricorda Lombardi. “La giustizia argentina lo ha interrogato una volta come persona informata sui fatti, ma non gli ha mai imputato nulla”.
IN EFFETTI, due anni fa l’arcivescovo Bergoglio venne chiamato a deporre davanti al Tribunal Oral n.5 di Buenos Aires, che poi condannò all’ergastolo Alfredo Astiz e El Tigre Acosta insieme ad altri leader della brutale repressione dell’Esma.
La sua dichiarazione era stata richiesta dall’avvocato Luís Zamora, che rappresentava i familiari delle suore francesi Leonie Duquet e Alice Dumont, uccise dal regime. Bergoglio disse di aver saputo che i suoi confratelli gesuiti Orlando Yorio e Francisco Jalic, rapiti tra maggio e ottobre del 1976, si trovavano detenuti all’Esma, e che intervenne presso l’ammiraglio Massera e il generale Videla in persona nel tentativo di farli rilasciare. “Fu un testimone reticente”, dice l’avvocato Zamora al quotidiano La Nación.
Nel frattempo, morto ormai Yorio (in Uruguay, nel 2000), l’unico sopravvissuto di quella vicenda, padre Jalics, che vive in Germania, è intervenuto ieri in soccorso del nuovo pontefice con una dichiarazione pubblicata sul sito jesuiten.org : “Sono riconciliato con quegli eventi, per me quella vicenda è conclusa. Solo anni dopo abbiamo avuto la possibilità di parlare di quegli avvenimenti con padre Bergoglio, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo. Dopo quel colloquio abbiamo celebrato insieme una messa pubblica e ci siamo abbracciati solennemente”.
Nel libro-intervista El jesuita, una biografia di Bergoglio pubblicata in Argentina dai giornalisti Sergio Rubín, del Clarín, e Francesca Ambrogetti, dell’Ansa, si sostiene che il ruolo Bergoglio fu quello di aiutare a far scappare i perseguitati dalla dittatura. A un ragazzo che gli somigliava, rivelano, cedette la propria carta d’identità perché potesse attraversare la frontiera travestito da prete.
Una versione che non convince tutti. Come la presidente delle Abuela de Plazas de Mayo, Estela Carlotto: “La gerarchia della Chiesa cattolica è stata partecipe e complice, direttamente o indirettamente, delle violazioni dei diritti umani”.
Poi c’è il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, che afferma: “I dirigenti di Amnesty International dell’epoca avevano detto che le accuse erano false. Diffamazione e menzogna”. Ma Amnesty precisa: “Non siamo in possesso di alcun documento che confermi o smentisca il presunto coinvolgimento di Jorge Mario Bergoglio nella sparizione di due preti gesuiti in Argentina”.