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VITA FRANCESCANA. "La Romita" di Cesi è un Eremo situato a 800 metri di altezza sul Monte di Torre Maggiore, nel comune di Terni.

RIBELLE PER AMORE DELL’EREMO "LA ROMITA": UN FRANCESCANO COSTRETTO A LASCIARE L’ORDINE E L’EREMO. Un invito e una comunicazione agli amici - di Frate Bernardino

Dallo scorso novembre vivo in una situazione di estrema precarietà. Dopo 58 anni di permanenza nell’Ordine (mi sono fatto frate nel 1955 all’età di 16 anni), ne sono stato estromesso per reiterata e ostinata disobbedienza.
domenica 24 marzo 2013 di Federico La Sala
[...] A distanza di mesi sono
convinto di aver fatto la scelta giusta. So perché l’ho fatta e non torno indietro. Ho avuto ed ho la
passione per Cristo e per il suo Vangelo, dietro le orme di Francesco. Questo provvedimento
improvvido e violento non scalfisce minimamente la mia fede, anzi la rafforza e la tempra [...]
La scelta del nuovo Vescovo di Roma di
chiamarsi “Francesco” incoraggia, conferma e stimola la mia vocazione francescana. Con “Papa
Francesco” arriva (...)

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> RIBELLE PER AMORE DELL’EREMO "LA ROMITA": UN FRANCESCANO --- E ORA CHE FARE? Pensieri dalla Romita. Fine Anno 2017 (di Frate Bernardino).

lunedì 18 dicembre 2017

Pensieri dalla Romita. Fine Anno 2017 (di Frate Bernardino).

      • ultima parte - fine

E ORA CHE FARE? Portata a termine la missione di ricostruire la Romita, dovrei ora godermi, dopo tanta fatica, il meritato riposo? E’ legittima, secondo il pensare comune, e rassicurante questa prospettiva. Ma non mi convince. Non mi rassicura affatto. Anzi mi crea disagio e mi mette paura. Pensionato da Frate? Chi sceglie di seguire Cristo, dietro l’esempio di Francesco, non va mai in pensione. Rimane protagonista, attore, artefice e artista della propria vita. Sino alla fine. Come Francesco che ha messo in scena (e non era una scenata!) addirittura la sua stessa morte, attivo e creativo sino all’ultimo respiro. Morto consapevole e presente. Ha insegnato non solo come si vive, ma anche come si muore. Messaggio forte, rimasto vivo sino ai nostri giorni.
-  Francesco è morto da vivo, molti vivono da morti. E’ la vita che abbiamo ricevuto gratis che ci invita a investirla tutta sino alla fine. I talenti ci vengono dati non per qualche anno, ma per tutta la vita. La vita è interessante e affascinante non solo nella giovinezza e nella maturità, ma anche nella vecchiaia. Il Signore della vita e della storia mi ha colmato di doni: la fede in Lui, la conoscenza di Francesco, la vocazione francescana, la musica, l’amore alla Natura, l’esperienza avventurosa e affascinante della Romita, l’incontro con migliaia di persone, la salute e tanto tempo da vivere. Per tutto ciò non provo solo gratitudine, ma anche responsabilità. Nei confronti del mio Creatore e Signore, della Vita e del Futuro. E’ questa responsabilità che m’impedisce di adagiarmi sui successi ottenuti.
-  Sono vissuto e mi considero Frate „ruspante“, non „d’allevamento“. Due parole ho sempre aborrito: l’ozio e la pigrizia. Alimentano la mediocrità, la noia e la frustrazione. Io non sono fatto per il „quieto vivere“, per la vita „comoda e sicura“. Nell’agio mi sento a disagio. Ho sempre cercato e fatto vita dura e difficile. Per vocazione. E per la gioia e l’utilità di molti fratelli e di molte sorelle. Allergico all’indifferenza, all’apatia, all’inerzia. La Fede non è mai stata per me un calmante e un sedativo. Piuttosto uno stimolante ed un eccitante. Mi ha conservato mente lucida, cuore caldo e mani operose. „Sono venuto a portare il fuoco sulla terra“ ha detto Gesù (Lc 12, 49). La Vita è Fuoco. Se non è Fuoco, è vita spenta. Mi sento chiamato a spendere la vita senza risparmio sino in fondo. Quanto ho ricevuto, voglio trasmetterlo ad altri. La Romita non è per me „casa di riposo“.

Quello che all’inizio (1991) era futuro (ricostruire la Romita, ridotta a un cumulo di macerie), è ora (2017) passato. L’obiettivo è stato raggiunto. Ma la vita continua. Che fare per il prossimo futuro? Contentarsi di gestire l’esistente? Pregare, meditare, cantare, accogliere singoli, famiglie, gruppi, pellegrini, coltivare orti e curare fiori? E’saggio, legittimo e doveroso. Ma non basta. I tempi che cambiano e il futuro che avanza esigono apertura a nuove idee e a nuovi progetti. Ognuno deve diventare progtagonista dei propri sogni. Finita la Romita, voglio continuare a sognare e ad operare. „Sogna e lascia il segno“, una frase che mi è sempre piaciuta. Un nuovo sogno mi affascina: la Romita ricostruita potrebbe diventare punto di partenza e di riferimento per il recupero di altri ruderi. Anche Francesco non si limitò al restauro della Chiesa di San Damiano. Riparò anche la Chiesa di San Pietro dentro la Città di Assisi e la Cappella della Porziuncola (FF 354-355). Giunto alla Romita nel 1213, restaurò anche qui l’antica Cappellina benedettina. La Romita mette nostalgia di futuro. La sua storia di rudere recuperato al futuro, diventa invito, stimolo, modello, segno di speranza per il futuro. Il rudere mette tristezza, dà il senso dell’abbandono e del degrado, non attira, ricorda un tempo che fu. Le macerie e le pietre raccontano frammenti di storia e fanno intravedere la forma e la bellezza originarie. L’amore alle pietre e alla storia può farle tornare all’antico splendore, com’è avvenuto con la Romita. Nel rudere abbandonato non si può abitare. Nel rudere recuperato sorge nuova vita. Che bello se sorgessero tante Romite, piccole e grandi: futuro da sognare, spazi da abitare, Natura da osservare, bellezza da ammirare, spiritualità da vivere. Ci sono ovunque macerie da rimuovere, materiale da salvare, brecce da riparare, strappi da ricucire, muri da ricostruire, tetti da ricoprire. Ce n’è per tutti e per tutta la vita. Non resta che rimboccarsi le maniche e mettersi all’opera. Come fece Francesco.

I ruderi fanno sognare e sognare fa bene: tiene svegli, fa nascere idee e sprigiona nuove energie. Intorno ai ruderi ci sono terra da dissodare, orti da coltivare, alberi da potare o da piantare, fiori da curare, prati da ripopolare di animali, territorio di cui prendersi cura. Quindi il progetto di recuperare ruderi, sarebbe anche un ritorno alla Terra. Una esigenza diffusa nelle nuove generazioni. L’inquinamento atmosferico, luminoso e acustico, la vita frenetica delle grandi città spinge molti ad uscirne. Ma dove andare? Il progetto che lancio dalla solitudine e dal silenzio della montagna, potrebbe coinvolgere ed aggregare molte persone. Suscitare interesse, creare movimento e portare nuova vita. Impegnarsi nel presente a costruire futuro sulle tracce del passato, dà senso alla vita. E’ terapia contro „il mal di vivere“, la noia, la mediocrità, la frustrazione. Risveglia e mette in moto energie nascoste e imprevedibili. Possiamo realizzare noi stessi ed essere soddisfatti solo nella consapevolezza di lasciare tracce positive alle generazioni future.
-  Qual’è la cosa più interessante della vita? Secondo me: VIVERE. Che non vuol dire vegetare e divertirsi, bighellonare e gingillarsi, gironzolare e girandolare, ma avere nel cuore la passione per la vita, nella testa idee forti da realizzare. A che pro infatti avere la testa se non pensiamo, le spalle se non portiamo pesi, il cuore se non amiamo, gli occhi se non vediamo, gli orecchi se non ascoltiamo, le corde vocali se non cantiamo, le braccia se le teniamo conserte, le mani se non suoniamo la musica, i piedi se non camminiamo? L’indifferenza, l’apatia, l’inerzia, lo stare a guardare, il sottrarsi all’impegno e alla fatica, la critica sterile non servono a nessuno, non creano futuro, non costruiscono nulla. Sono il nulla. Ce l’immaginiamo noi Francesco che, di fronte all’invito del Crocifisso, non avesse riparato 10 chiese diroccate, ma, cedendo alle lusinghe e alle minacce del padre Pietro di Bernardone, se ne fosse tornato a „gestire“ il negozio, „l’esistente“? Non avrebbe portato scompiglio in famiglia, tra gli amici, nella città di Assisi. Sarebbe tornato a fare le feste (lui, „il re delle feste“) con gli amici, avrebbe faticato di meno e guadagnato di più. Ma che sarebbe stato della sua vita? Della vita di Chiara? Della Città di Assisi? Dell’Umbria? Della Romita? Francesco sarebbe scomparso anonimo nella storia. Noi non l’avremmo conosciuto e saremmo tutti più poveri. La pigrizia, la paura, la ricerca delle (false) sicurezze e delle comodità: tutto ciò ci blocca e c’impedisce di realizzare le cose grandi, alle quali siamo chiamati.

Penso che non sia importante nella vita chiederci quando e come moriremo e che cosa ci aspetta dopo. E’ molto più importante e produttivo vivere il tempo che ci è dato oggi con passione e impegno. Vivi e creativi e che la morte non ci trovi sfaccendati, annoiati o addormentati. La vita è già corta di suo (anche se arriviamo a 100 anni). Se poi le togliamo tempo con la critica sterile, con le lamentele, con i litigi e con l’ozio, diventa ancora più corta. Il tempo che andiamo in letargo e che non viviamo con passione e impegno, va perduto per sempre. Se hanno lasciato tracce positive alcuni Grandi della nostra storia, morti giovani (Francesco di Assisi a 44 anni, Antonio di Padova a 36, Caterina da Siena a 33, Caravaggio a 41, Mozart a 39, Schubert a 31), perché non dovremmo lasciarne noi che abbiamo tanto tempo a disposizione? L’attesa della Venuta del Signore non è attesa passiva e inerte, ma vigile e operosa. Nell’Avvento, tempo di preparazione al Natale, risuona l’invito a restare „Saldi nella fede, gioiosi nella speranza, operosi nella carità“. Da Francesco, che alla fine della vita disse: „Fratelli, incominciamo a fare qualcosa, perché sinora abbiamo fatto poco“, ho imparato anche questo: restare operativi e creativi sino alla fine. Per dormire e riposarsi ci sarà tempo nel „riposo eterno“. Dormire di qua e riposarsi di là: non è proprio il massimo!

fra Bernardino

La Romita 05100 CESI (TR) 0744 283006 346 410 7908 frabernardino@la-romita.net


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