VITA FRANCESCANA. "La Romita" di Cesi è un Eremo situato a 800 metri di altezza sul Monte di Torre Maggiore, nel comune di Terni.

RIBELLE PER AMORE DELL’EREMO "LA ROMITA": UN FRANCESCANO COSTRETTO A LASCIARE L’ORDINE E L’EREMO. Un invito e una comunicazione agli amici - di Frate Bernardino

Dallo scorso novembre vivo in una situazione di estrema precarietà. Dopo 58 anni di permanenza nell’Ordine (mi sono fatto frate nel 1955 all’età di 16 anni), ne sono stato estromesso per reiterata e ostinata disobbedienza.
domenica 24 marzo 2013.
 

Domenica 24 marzo 2013

Festa alla Romita

Invito/Comunicazione agli amici della Romita

Domenica 24 marzo 2013 alla Romita

facciamo una grande Festa.

Quest’anno ricorre l’Ottavo Centenario dell’arrivo di Francesco di Assisi su questo monte. Era l’anno 1213, Francesco aveva 31 anni e venne quassù perchè gli avevano parlato di un luogo alto, solitario nel silenzio dei boschi, con un panorama dai vasti orizzonti, con una grotta tra le rocce, dove nel IV. sec. era vissuto un Eremita, e una Cappella dedicata alla Madonna, ormai diruta. Francesco prega nella grotta, ripara la Cappella e, ispirato dalla bellezza del paesaggio, compone un testo in latino (“Exhortatio ad laudem Dei”), preludio al Cantico delle Creature. Da allora sono trascorsi 800 anni e noi nutriamo una venerazione per quelle pietre toccate dalle sue mani delicate e operose. I suoi Frati hanno abitato e custodito con cura questo luogo santo finché non ne furono cacciati nel 1867. Dopo un lungo periodo di abbandono con distruzione e saccheggi, dal 1991 la Romita è risorta a nuova vita ed è tornata al suo antico splendore. Grazie alla fede, alla fatica e alla costanza di centinaia di amici giovani o rimasti giovani.

Domenica 24 marzo ricorderemo questo nuovo inizio.

Era il 28 febbraio 1991. Alla ricerca dell’antico Convento/Eremo, descritto nella Storia del mio Ordine come luogo solitario sulla montagna, m’inoltrai per un sentiero ripido e sassoso nel folto del bosco silenzioso. Paesaggio selvaggio e incontaminato: rocce imponenti e alberi secolari. Un muraglione di enormi massi, testimonianza della forza e della fatica del passato, preparava l’arrivo a questo luogo alto, nascosto e misterioso. All’improvviso tra la folta vegetazione tracce di edifici diroccati e un cedro altissimo e maestoso a sovrastare tutti gli alberi della selva. Quel giorno ero solo. Solo col silenzio eloquente di antichi muri. La Romita sembrava “la bella addormentata nel bosco” che si risvegliava da un lungo sonno. Confrontavo quello che era rimasto dell’enorme complesso architettonico con la descrizione dei libri antichi, l’ultimo del 1717. Del minuscolo Chiostro s’intravedeveno tra gli alberi solo resti di colonne, la Chiesa saccheggiata e spogliata di tutto. Crollati i tetti. Dal corridoio e dalle antiche celle dei Frati (se.XIV) spuntavano arbusti e alberi. Sulle macerie del vecchio refettorio cresciuto il bosco. Le pareti rimaste ancora in piedi ricoperte di edera, liane e rovi. Divelte ed asportate porte e finestre. Un mucchio di macerie. Un rudere.

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Di fronte a questo spettacolo di abbandono e di desolazione provai una grande emozione: compassione e tenerezza. La Romita era ancora viva: brace sotto la cenere. Sentivo che sotto quelle macerie ardeva ancora il fuoco della spiritualità dei miei Frati, vissuti per secoli tra queste mura nella solitudine, nella preghiera, nella meditazione, nel canto, nel lavoro e nell’accogliemza dei pellegrini. Per me fu come tornare a casa. Tutto mi era familiare. Sentii le pietre, svegliate dal ritorno di un Frate, gridare di dolore e di gioia. Di dolore perché, dopo la separazione violenta dai loro Frati che le avevano messe insieme, amate e curate, furono in seguito saccheggiate da mani avide e sacrileghe. Di gioia perché col ritorno di una Frate, innamorato di Francesco e loro amico, era giunta l’ora del riscatto, della ri-composizione, della ri-costruzione, della ri-nascita. Le pietre mi riconobbero e mi supplicarono di tornare ancora. E tornai. E sono ancora qui.

Le pietre non sono mute, insensibili, inerti. Sono molto antiche e vive. E conoscono bene la Storia: hanno assistito a tanti eventi, incontrato tante persone, visto tanta sofferenza, toccato tante mani. Raccontano il passato a chi è attento, sensibile, capace di ascoltare il loro linguaggio. La loro chiamata e la nostra risposta hanno reso possibile la ricostruzione della Romita. La mia venuta il 28 febbraio 1991 fu un incontro con il suo passato, il suo presente ed il suo futuro. Il passato lo conoscevo dai libri antichi. Il presente era sotto i miei occhi. Il futuro mi fu mostrato in visione.

Quel giorno non solo sentii le pietre gridare, chiamare e raccontare, ma le vidi anche ricomposte e rimesse al loro posto. In un attimo vidi come in una visione la Romita restaurata, così com’è oggi dopo 22 anni di presenza laboriosa e premurosa. In questa immane opera di ricostruzione siamo stati stimolati e accompagnati da Francesco, anche lui ricostruttore di Chiese piccole e abbandonate, dalla sua affascinante visione del mondo (la natura come espressione della sapienza, bontà e bellezza di Dio, la fraternità universale), dal suo stile di vita (preghiera, lavoro manuale, vita nella e con la natura), dalla sua passione per Cristo e compassione per l’uomo, dalla sua determinazione e radicalità nel vivere secondo il Vangelo.

Domenica 24 marzo festeggiamo anche il mio compleanno. Siete invitati. Se non potete venire, pazienza. E’ bello comunque comunicare agli amici la gioia di vivere e di far festa. Anche se sono trascorsi molti anni (per me 74), il compleanno è sempre una festa: è stupore per il privilegio di essere nati e di esserci ancora. Molti parlano del mistero della morte per le incognite che presenta e per gli interrogativi che pone. E così vivono nella paura o nella rimozione della fine della vita biologica. Io preferisco parlare del mistero della vita: della sua varietà, ricchezza e bellezza. Non paura della morte dobbiamo avere, ma amore per la vita. E’ più saggio e più utile per noi e per gli altri vivere il tempo che ci è dato, giorno dopo giorno, con gioia, intensità e operosità che essere nostalgici del passato, tristi per la precarietà del presente e preoccupati per l’incertezza del futuro.

Sono contento di essere nato e di esistere. A me piace vivere. Non solo ho avuto in dono la vita, ma anche la gioia di vivere. Se non fossi nato mi sarebbe dispiaciuto, perché gli anni trascorsi (74) sono stati meravigliosi. Guardando indietro vedo la mia vita come un grande dono, il dono più grande che poteva farmi l’Eterno (nella Bibbia termine per indicare Dio). Tra le infinite sue idee io sono una sua idea diventata realtà. Potevo anche non esistere. Tra le infinite possibilità di vite umane io sono un uomo vivente in carne ed ossa, vissuto in uno spazio (Puglia/Germania/Umbria) e in un tempo (1939-2013). Spazio e tempo che mi sono donati. Gratis. Per tutto il tempo.

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Vedo la mia esistenza come un miracolo vivente e continuo, come qualcosa di unico e di irrepetibile, come un mistero che non capisco, ma che mi godo tutti i giorni. Questa è del resto la condizione di ciascuno di noi, perché per tutti la vita è un dono; noi che abbiamo avuto il privilegio di nascere, siamo degli scampati al nulla. Se non fossimo nati, saremmo nel regno del nulla, che poi neppure esiste. A tutti noi vengono donati spazio e tempo da vivere. Prendere coscienza di questa nostra condizione stimola in noi stupore, gioia, gratitudine e impegno.

Dallo scorso novembre vivo in una situazione di estrema precarietà. Dopo 58 anni di permanenza nell’Ordine (mi sono fatto frate nel 1955 all’età di 16 anni), ne sono stato estromesso per reiterata e ostinata disobbedienza. Ribelle per amore della Romita. Non me ne pento. L’estromissione dall’Ordine ha significato per me l’addio definitivo alle sicurezze e comodità che l’Ordine mi garantiva, ma che io non ho mai cercato. Mi hanno tolto l’Altare, il Calice, il Messale, l’Abito, ma non la Fede: la mia dignità di persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio e di battezzato, figlio di Dio e fratello di Gesù; mi resta ancora la vocazione francescana non legata né ad un pezzo di carta né all’appartenenza giuridica ad una organizzazione. E’ stato il Signore Gesù a chiamarmi quando ero ancora adolescente, ho risposto con un “sì” gioioso e determinato. Non me ne sono mai pentito e non sono tornato indietro. Quindi mi sento e resto frate a vita e a tempo pieno.

La vocazione francescana è stato e resta il senso e il contenuto della mia vita. Ho dimostrato con i fatti di aver vissuto la mia vocazione contento, convinto e costante, al servizio di Cristo e della sua Chiesa. Mi hanno messo fuori dall’Ordine Francescano, ma mi sento dentro l’Ordine delle idee del Vangelo. Conservo la necessaria lucidità di mente che mi fa riconoscere Gesù come “La Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6). I mediocri burocrati che dietro una fredda scrivania appongono firme sotto documenti falsi (cioè sbagliati dal punto di vista del Vangelo) per condannare e punire i loro fratelli, sono povere creature umane, anche loro bisognose della salvezza di Cristo.

Quando mi è stato chiesto di abbandonare la Romita, non me la sono sentita di andare contro la mia coscienza, contro la mia dignità, contro la mia identità e contro la mia vocazione. Se avessi abbandonato la Romita, avrei procurato sofferenza a centinaia di persone. Chi ne avrebbe avuto un vantaggio? E la mia estromissione dall’Ordine a che serve ora? Solo all’osservanza della legge, a salvare “un principio”, quello dell’obbedienza sempre e comunque.

A distanza di mesi sono convinto di aver fatto la scelta giusta. So perché l’ho fatta e non torno indietro. Ho avuto ed ho la passione per Cristo e per il suo Vangelo, dietro le orme di Francesco. Questo provvedimento improvvido e violento non scalfisce minimamente la mia fede, anzi la rafforza e la tempra; non mina affatto il mio impegno nell’annunciare il Vangelo e nel fare il Bene; non indebolisce la mia volontà di amare Dio nel servizio ai fratelli e alle sorelle.

La scelta del nuovo Vescovo di Roma di chiamarsi “Francesco” incoraggia, conferma e stimola la mia vocazione francescana. Con “Papa Francesco” arriva a tutti noi una fresca brezza primaverile. Siamo alla viglia di grandi trasformazioni della società. Di fronte al nuovo che avanza il vecchio dovrà farsi da parte.

Anche se nella nostra vita ci sono situazioni che noi, con tutti i nostri sforzi, non possiamo cambiare, la Fede è di per sé positiva, alternativa, innovativa, creativa, propositiva, costruttiva. Il Vangelo di Gesù è affascinante, prezioso, sempre attuale e valido per la nostra vita, perché è Buona Novella, Bella Notizia, Messaggio di gioia, di speranza, di luce, di coraggio. Per chi conosce il Natale, la Pasqua e la Pentecoste ci sono sempre soluzioni, vie di sbocco, uscite di sicurezza da situazioni difficili. Ce le suggerisce la Fede. Con il Natale la Fede è poesia (Gesù Bambino, la Madre Maria, gli Angeli, i Pastori, I Re Magi...); con la Pasqua la Fede è superamento della sofferenza, è arrivo della primavera dopo l’inverno, è trionfo della vita sulla morte. Con la Pentecoste la Fede è Fuoco dello Spirito: luce nel buio, forza nella debolezza, coraggio nella paura, carezza nella tristezza, conforto nel pianto. Se conosciamo Gesù, se ci fidiamo della sua Parola, non abbiamo motivi per essere paurosi, scoraggiati, tristi, pessimisti, depressi. Al contrario abbiamo tutti i motivi per essere gioiosi e coraggiosi. La sua Parola è Energia inesauribile. Con questi pensieri positivi e costruttivi vivo sereno e in pace con tutti, anche con quelli che hanno voluto farmi del male. Li ho perdonati e prego il Signore che li perdoni anche lui.

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Mi rendo sempre più conto che tutto è Grazia e che “tutto concorre al bene di quelli che amano Dio” (Rom 8, 28). Dopo soli cinque mesi comincio ad essere addirittura grato ai miei accusatori, detrattori e giudici per quello che mi hanno fatto. Grato perché mi danno l’opportunità di fare un’esperienza spirituale intensa e profonda: spingendomi sin sotto la Croce mi hanno avvicinato ancora di più a Gesù. Sotto la Croce sono in buona compagnia e mi sento a casa mia. La Messa che prima “dicevo” sull’Altare, la “pratico” ora nella vita. Chi segue Gesù è chiamato a diventare quello che crede e dice di credere. Continuo a vivere la mia vocazione nella fiducia, nella gioia, nell’amicizia col Signore Gesù e con i fratelli e le sorelle. E non ho paura del futuro. La mia vita è nelle mani di Dio. “Nell’ora della paura, io in te confido..., non avrò timore: che cosa potrà farmi un uomo?” (Sal 56, 4-5)). “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me, Signore” (Sal 23, 4).

Programma della giornata di Festa

-  Ore 12 Celebrazione dell’Amore di Dio in Cristo con testi, gesti e canti
-  Ore 13 Pranzo
-  Ore 15 Concerto “Le Lodi delle Pietre”: silenzi, suoni e salmi

Chi vuole partecipare a questa prima festa (ne seguiranno altre nel corso dell’anno: il 19 maggio, Festa di Pentecoste, il 6 ottobre Festa di San Francesco), basta che si prenoti entro venerdì 22 marzo:

-  Tel. 0744 283006, Cell.346 410 7908,
-  email: frabernardino@la-romita.net

Arrivederci presto e, se non ci vediamo, Buona Pasqua!


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