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QUESTIONE ANTROPOLOGICA. Un libro per riflettere su "Chi siamo noi in realtà?" (F. Nietzsche).

DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE. PARMENIDE, UNA "CAPPELLA SISTINA" CARMELITANA, LE XILOGRAFIE DI FILIPPO BARBERI E LA DOMANDA ANTROPOLOGICA. Un lavoro di Federico La Sala, con pref. di Fulvio Papi

Le Sibille di Contursi hanno parentele più celebri nella cattedrale di Siena, nell’appartamento Borgia in Vaticano, nel Tempio Malatestiano di Rimini, nella Cappella Sistina di Michelangelo. La pittura disegna l’eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale ...
giovedì 31 ottobre 2013
Federico La Sala
Della Terra, il brillante colore
Parmenide, una “Cappella Sistina” carmelitana
con 12 Sibille (1608),
le xilografie di Filippo Barberi (1481)
e la domanda antropologica
Prefazione di Fulvio Papi
Edizioni Nuove Scritture
Pagg. 156 € 15.00

PREFAZIONE
di Fulvio Papi
Con una immagine non inappropriata, si potrebbe dire che questo libro è una breve composizione sinfonica dove l’autore preleva temi dalla (...)

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> "DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE". INTERVENTO DEL PROF. GIUSEPPE CACCIATORE.

martedì 5 novembre 2013

CONTURSI TERME, 12 AGOSTO 2013: PRESENTAZIONE DEL LIBRO "DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE".

RELAZIONE DEL PROF. GIUSEPPE CACCIATORE (UNIVERSITA’ DI NAPOLI) SUL LAVORO DI FEDERICO LA SALA

Il “luogo d’inizio” di questo libro* di Federico La Sala (filosofo originario di Contursi e docente per oltre un ventennio in un liceo milanese) è la piccola chiesa di S. Maria del Carmine a Contursi. Qui sono stati riportati alla luce alcuni affreschi che raffigurano le sibille, profetesse annuncianti, già in era pagana, l’avvento del Cristo. E’ da questo spunto che s’origina e si articola il discorso antropologico, storico-religioso e filosofico di La Sala.

Sullo stile di pensiero e di scrittura (filosofica innanzitutto, ma anche storica, artistica, estetica) di Federico La Sala ha detto in maniera efficace Fulvio Papi, nella sua breve e intensa prefazione.

Parto da essa perché, con sagace intuizione, Papi coglie un aspetto, solo apparentemente didascalico-espositivo, che pone il lavoro di La Sala in una benefica distanza dalle scritture teoretico-essenziali, capaci di riscrivere le grandi filosofie di Platone e Aristotele, di Ficino e Bruno, di Vico e di Kant, di Hegel e di Nietzsche, e così via elencando, senza mai citare un testo e men che mai un riferimento alla letteratura critica.

Così, l’apparente sovrabbondanza di citazioni ed eserghi ha solo lo scopo, è ancora Papi a scriverlo, di ricercare la “risonanza” della parola che il lettore si dispone ad accogliere, sfuggendo così al “sospetto” suscitato dalle “architetture filosofiche” fin troppo impegnate a rappresentare concettualmente “qualsiasi forma dell’essere”.

Il ritrovamento del vero e proprio “poema pittorico” degli inizi del secolo XVII, scoperto durante i lavori di restauro della chiesa di S. Maria del Carmine, induce La Sala a mettere in pratica un difficile e tuttavia interessante esercizio di analisi compiuta a più livelli: storico-artistico, letterario, filosofico, teologico, allegorico-simbolico.

Il livello storico-filosofico e poi anche teologico - accompagnato, tra le altre citazioni a mò di esergo, da una lunga e profetica pagina di Eugenio Garin sull’onda lunga della cultura del Rinascimento e della sintesi platonico-cristiana riversatasi sui secoli successivi - interpreta la narrazione figurativa (le 12 sibille pagane e i profeti ebraici Elia e Giovanni Battista) come trascrizione di un viaggio iniziatico ed ermetico che conduce il pellegrino ideale da Maria madre del Cristo al figlio che accede al regno dei cieli.

La filosofia si annuncia a partire dai frammenti dell’opera parmenidea, là dove il viaggio-guida dell’uomo è tracciato dalle dee-fanciulle che indicano la via. Sono le “figlie del sole” che, lasciate le “case della notte” spingono “il carro verso la luce” fino ad arrivare alla porta che divide i sentieri della notte e del giorno. Oltre la porta la dea indicherà al viandante le vie della ricerca tra le quali dovrà scegliere: quella dell’essere, il sentiero della persuasione, e quella del non-essere, cioè della indicibilità e inesprimibilità.

Quello che, tuttavia, a me interessa molto del percorso interpretativo attivato da La Sala, è la funzione non solo simbolica e iconografica dell’immagine, ma anche e soprattutto filosofica, gnoseologica ed etica.

Resto convinto che si debba ancora oggi discutere filosoficamente il problema dell’immagine, nel senso di una sua inaggirabile valenza che è in prima istanza mentale e neuroscientifica, per diventare poi fatto antropologico ed etico-politico. Ed è proprio il lavoro svolto negli ultimi decenni dalle scienze cognitive e dalle neuroscienze a confermare ciò che già Vico ad esempio aveva intuito, e cioè che l’immaginazione non è più relegabile nel mondo separato della res cogitans.

Spinoza, Vico Kant, ognuno per suo conto e anzi con diverse modalità di pensiero, hanno sostenuto che ogni atto di coscienza, e persino ogni percezione, si presenta come un’esperienza creativa - il poietico che si fa poetico - ed anche i meccanismi e gli atti della memoria non sono solo fenomeni scientificamente descrivibili e misurabili, ma anche ed essenzialmente prodotti immaginativi.

Ho citato Vico perché La Sala è autore di una serie di interessanti osservazioni sul pensiero e l’opera del filosofo napoletano. Ho già avuto modo di esprimere privatamente il mio interesse per talune sue analisi, anche se, come ho già avuto modo di dirgli in una mia lettera, io resto, per formazione e struttura mentale e disciplinare di storico della filosofia, legato all’organizzazione sistematica del discorso più che al pur rispettabile stile dell’aforisma e del frammento.

Ho anche io - in molte pagine dedicate a Vico - insistito sulla centralità che nella sua opera ha l’idea di una metafisica della mente umana commisurata alla debolezza delle passioni e alla finitudine del fare umano.

La Sala parla nelle sue incursioni nell’opera vichiana di “mente accogliente” (che è anche il titolo di un suo libro che, non a caso, si apre con la famosa immagine della dipintura che fa da premessa iconologica e sinottica al capolavoro di Vico).

La “dipintura” allegorica (progettata da Vico e realizzata dal pittore Domenico Antonio Vaccaro), è la straordinaria summa figurativa di una profonda intuizione filosofica.

All’immagine si accompagna un’introduzione in forma di spiegazione, dove si ragiona sul significato simbolico assegnato ai molteplici segni che, nel loro insieme, costituiscono la dipintura, e dove si staglia in una posizione di centralità la donna dalle tempie alate, la metafisica. Questa, anche per la posizione significativa di medium concettuale e iconologico, non si limita a contemplare Dio “sopra l’ordine delle cose naturali”, ma osserva anche il mondo delle menti umane.

Ciò è importante perché conferma che Vico non nega in alcun modo il ruolo della Provvidenza nella vita degli uomini, ai quali tuttavia spetta un margine di autonomia, di facere individuale. Proprio per questo il globo posto ai piedi della donna è poggiato su un solo lato dell’altare, e simbolicamente rappresenta il fatto che avendo i filosofi “contemplato la divina provvedenza per lo sol ordine naturale, ne hanno solamente dimostrato una parte”, trascurando quella “ch’era già propia degli uomini, la natura de’ quali ha questa principale propietà: d’essere socievoli”.

La Sala ha ripreso e sviluppato, dal suo punto di vista questi temi in un commento alla recente edizione Bompiani del capolavoro vichiano che raccoglie insieme le tre edizioni della Scienza nuova (1725, 1730, 1744).

Ma torniamo ai contenuti del libro che a me pare convergano su una lettura classica della tradizione umanistica neoplatonica (a partire da Gemisto Pletone) incentrata in modo particolare sull’idea di Prisca Theologia e di profetismo preparatorio al Cristianesimo, visibile in quella tradizione ermetica così sapientemente studiata dalla Yates.

È in questo contesto che si inserisce la ricerca di La Sala sulle tracce di alcuni esempi di arte figurativa raffiguranti motivi profetici dell’avvento del Cristianesimo (com’è il caso dei mosaici nella cattedrale di Siena che ritraggono Ermete Trismegisto e le sibille). Ancora più significativo è il caso degli affreschi del Pinturicchio nell’appartamento Borgia, commissionati da Alessandro VI che fu convinto difensore di Pico della Mirandola e della sua astrologia filosofica. In essi ritroviamo le dodici sibille che profetizzano l’avvento di Cristo e i dodici profeti ebraici, ma poi ricompare anche il Trismegisto.

Fu, tra gli altri, Fritz Saxl, come ricorda la Sala, a considerare quegli affreschi come la manifestazione evidente di una tendenza che intendeva dimostrare che la storia del Cristianesimo cominciava prima di Cristo come attestavano le testimonianze profetiche ebree e pagane. E gli esempi di raffigurazione di profeti e sibille citati da La Sala continuano: la cappella della Madonna dell’acqua di Rimini; la cappella Sistina con la mirabile rappresentazione di uno schema narrativo che va da Dio alla Sacra Famiglia, con le sibille e i profeti.

Ma io vorrei tornare ai contenuti filosofici del libro di La Sala. Questi si mostra giustamente convinto - come lo sono alcuni dei filosofi che hanno segnato la riflessione sulla crisi della modernità - della necessità di un radicale mutamento di paradigma rispetto a ciò che la tradizione dei padri ci ha trasmesso.

Ma il passaggio non è facile, perché come acutamente osserva il nostro autore, una nuova teoria, come già sapeva Kant, nasce, come un nuovo sistema solare, solo dopo una lunga gestazione e da una primordiale nebulosa, quasi come il raggio divino della dipintura vichiana che rompe l’oscura notte di tenebre delle origini del mondo. Per questo, sostiene La Sala, occorre impegnarsi per una nuova cultura che sappia porsi “all’altezza del nostro presente storico”.

Fin qui il mio pieno accordo con La Sala, ma nel passare dall’enunciato alla sua chiarificazione e praticabilità, confesso di essermi disperso - probabilmente per limiti miei di comprensione - nei tanti, e sicuramente interessanti, rivoli della sua fantasmagorica argomentazione che trova il suo nocciolo - se ho ben capito - nel saper pensare insieme la molteplicità delle cose e il Principio. Così dopo un percorso apparentemente intricato si torna al vero padre fondatore della filosofia moderna e, per me, e lo dico provocatoriamente, anche di quella post-moderna: Emanuele Kant.

Dunque, la fine della storia - come dice La Sala - comincia proprio quando la ragione kantiana ha compiuto la grande svolta filosofica e antropologica: l’unione di terrestrità e cielo stellato, coscienza sensibile e coscienza intellegibile, entrambe racchiuse nell’unità del corpo-soggetto (vere duo in carne una).

Già a partire da Kant veniva messa in discussione l’idea di una ragione pura, metafisica e assoluta e venivano poste le premesse della ragione impura, storica, civile, cosmopolitica, capace ancora una volta di pensare corporeità e intellegibilità, differenza (anche sessuale) e identità.

Concludo con due citazioni. La prima è tratta dalla Sacra Famiglia di Marx e Engels (ed è uno degli eserghi scelti da La Sala). “Come poteva la soggettività assoluta, l’actus purus, la critica pura, non vedere nell’amore la sua bête noire, il Satana in carne e ossa, come poteva non vedere ciò nell’amore, che per primo insegna veramente all’uomo a credere nel mondo oggettivo fuori di lui, che non solo trasforma l’uomo in oggetto, ma perfino l’oggetto in uomo”. E mi verrebbe da dire: alla faccia del nuovo realismo!

La seconda citazione è di La Sala: “L’indicazione di Kant non è affatto trascurabile, né sottovalutabile: è carica di teoria come di futuro: E’ un’intenzione e un invito a ricominciare da capo, senza tornare al di qua o andare al di là dell’orizzonte critico, e senza abbandonare il corpo e la Terra (...) Dopo Schopenhauer, dopo Feuerbach, dopo Marx, come dopo Nietzsche e Freud, oggi, forse, siamo finalmente più preparati e pronti per rispondere. Riusciremo a portare a compimento la rivoluzione copernicana e ad abitare la terra serenamente?”.

GIUSEPPE CACCIATORE

*

DAL SITO DEL COMUNE DI CONTURSI TERME (SALERNO), MATERIALI SULLA
-  Presentazione del libro di
-  Federico La Sala
-  DELLA TERRA IL BRILLANTE COLORE
-  Parmenide, una ”Cappella Sistina” carmelitana con 12 Sibille (1608), le xilografie di Filippo Barberi (1481) e la domanda antropologica
-  Prefazione di Fulvio Papi
-  Edizioni Nuove Scritture, Milano 2013, pp. 156, € 15,00


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