RAFFAELLO A MILANO. LA "MADONNA DI FOLIGNO" A PALAZZO MARINO
Note per decifrare il significato del quadro:
Commissionata nel 1511 dal segretario papale Sigismondo de’ Conti per la chiesa dell’Aracoeli la pala raffigura la visione della Vergine che Augusto ebbe il giorno della nascita di Cristo ... La chiave per comprendere l’apparizione si trova nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (cfr. Carlo Carminati, L’enigma del fulmine, Il Sole-24 0re, 08.12.2013, p. 37)
Nella sua Legenda Aurea, Jacopo da Varagine [Varazze] così scrive: "Narra papa Innocenzo III che il senato voleva adorare come un dio Ottaviano per aver riunito e pacificato tutto il mondo; ma il prudente imperatore non volle usurpare il nome di immortale poiché ben sapeva di essere come uomo, mortale. Insistevano i senatori nel loro proposito onde Ottaviano interrogò la Sibilla per sapere se mai sarebbe nato nel mondo qualcuno più grande di lui.
Era il giorno della Natività di Cristo e la Sibilla si trovava in una stanza, sola con l’imperatore: ed ecco apparire un cerchio d’oro attorno al sole e in questo cerchio una vergine bellissima con un fanciullo in grembo. La Sibilla mostrò questo portento all’imperatore: mentre costui teneva gli occhi fissi alla visione sentì una voce che diceva: - Questa è l’ara del cielo! -. Esclamò allora la Sibilla: - Questo fanciullo è più grande di te; adoralo -.
La stanza dove avvenne tale fatto è stata poi consacrata alla Madonna ed ora si chiama Santa Maria Ara Coeli.
Timoteo ci dice di aver trovato negli antichi libri romani lo stesso fatto raccontato in modo diverso: dopo trentacinque anni di regno, Ottaviano salì in Campidoglio e chiese agli dei chi avrebbe retto l’impero dopo di lui. Udì in risposta queste parole: - Un fanciullo celeste, figlio del Dio vivente, nato da una vergine immacolata -. Ottaviano fece allora costruire un altare e vi fece scolpire queste parole: - Questo è l’altare del figlio del Dio vivente - (...)" (Jacopo da Varagine, Legenda Aurea, Libreria Editrice Fiorentina, p. 52 s.)
SIBILLA TIBURTINA *
[...] Nella seconda metà del IV secolo apparve dunque in oriente una profezia sibillina ambientata a Roma, che ha avuto ampia diffusione anche in occidente, dove è stata tradotta in latino e dove, lungo i secoli, è stata oggetto di varie riscritture. Più di un centinaio sono i manoscritti noti che ne conservano il testo, che fu ricopiato ininterrottamente dall’XI fino agli inizi del XVI secolo. Le maggiori versioni latine furono prodotte tra l’XI e il XII secolo.
Gli oracoli sibillini godettero dunque di grande diffusione nel Medioevo. Nella tradizione greca non si parla mai esplicitamente della Sibilla Tiburtina; tuttavia, come accennato, la veggente pronunzia il suo oracolo a Roma: la profetessa rivela ad Augusto l’avvento prossimo del figlio di Dio. Di questo celeberrimo racconto, sono note due differenti versioni, una diffusa in oriente e l’altra in occidente. Nella versione orientale, attestata nel VI secolo dal Chronicon di Giovanni Malalas, autrice della rivelazione non è una Sibilla, bensì la Pizia: è a lei, infatti che si sarebbe rivolto Augusto per conoscere il nome del proprio successore. La sacerdotessa di Apollo, simbolo di tutti gli oracoli pagani, ridotti al silenzio dall’avvento di Cristo, avrebbe detto all’imperatore di allontanarsi dagli altari, perché un fanciullo ebreo le imponeva ormai di tornarsene nell’Ade. L’imperatore avrebbe in seguito eretto un altare sul Campidoglio dedicato al figlio di Dio.
Il venerabile Beda (672 -735 d. C.), invece, attesta nella sua opera che tale oracolo fosse attribuito alla Sibilla Tiburtina e non alla Pizia.
A ricordo dell’ evento, per molti secoli, i francescani della Chiesa portavano in processione un’insegna della Sibilla che indicava un cerchio all’interno del quale era rappresentata la Vergine con il bambino in grembo. Tale rappresentazione sarà di grande uso nell’iconografia medievale come specificheremo in seguito. I francescani cantano tuttora tali versi: Stellato hic in circulo Sibyllae tunc oraculo, te vidit, Rex in coelo durante le feste di Natale.
La leggenda godette di enorme fortuna: ad essa si riferisce un sermone sulla Natività di papa Innocenzo III (1198-1216) . Nel XII secolo, nei Cronica imperatorum, la Sibilla Tiburtina figura sia come la profetessa della leggenda dell’Ara coeli, sia come l’interprete del sogno dei nove soli. Tra l’XI e il XII secolo, è attestata la confluenza, sulla figura di una Sibilla chiamata Tiburtina, di tre diverse tradizioni profetiche: il sogno dei nove soli, l’acrostico sul Giudizio Finale e la profezia della nascita di Cristo.