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QUESTIONE ANTROPOLOGICA. Un libro per riflettere su "Chi siamo noi in realtà?" (F. Nietzsche).

DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE. PARMENIDE, UNA "CAPPELLA SISTINA" CARMELITANA, LE XILOGRAFIE DI FILIPPO BARBERI E LA DOMANDA ANTROPOLOGICA. Un lavoro di Federico La Sala, con pref. di Fulvio Papi

Le Sibille di Contursi hanno parentele più celebri nella cattedrale di Siena, nell’appartamento Borgia in Vaticano, nel Tempio Malatestiano di Rimini, nella Cappella Sistina di Michelangelo. La pittura disegna l’eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale ...
giovedì 31 ottobre 2013
Federico La Sala
Della Terra, il brillante colore
Parmenide, una “Cappella Sistina” carmelitana
con 12 Sibille (1608),
le xilografie di Filippo Barberi (1481)
e la domanda antropologica
Prefazione di Fulvio Papi
Edizioni Nuove Scritture
Pagg. 156 € 15.00

PREFAZIONE
di Fulvio Papi
Con una immagine non inappropriata, si potrebbe dire che questo libro è una breve composizione sinfonica dove l’autore preleva temi dalla (...)

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>LA TERRA E LA QUESTIONE ANTROPOLOGICA --- L’ASTRONAUTA E LA METAFORA DEL TETRAGONO. Parmitano, il ritorno dalle stelle: “Da lassù impari ad apprezzare la bellezza della vita sulla Terra” (di Antonio Lo Campo).

martedì 10 dicembre 2013

Scienza

-  Parmitano, il ritorno dalle stelle
-  “Da lassù impari ad apprezzare
-  la bellezza della vita sulla Terra”

L’astronauta racconta i suoi 166 giorni in orbita: «Appena rientrato mi hanno colpito un sacco di cose all’apparenza banali: il freddo, il caldo, il vento, il Sole»

di Antonio Lo Campo (La Stampa, 09/12/2013)

“E’ bellissimo tornare in Italia. La mia missione è un esempio di come il nostro paese possa realizzare imprese importanti. Ora sono qua per raccontarvi la mia esperienza, in particolare ai giovani, che rappresentano il nostro futuro”. Luca Parmitano è in forma. A quattro settimane dal rientro a Terra dalla sua missione di lunga durata, dopo 166 giorni in orbita, è tornato in Italia.

Questa mattina ha raccontato per la prima volta ai giornalisti e alle autorità la sua esperienza, in un evento che si è tenuto presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana, a Tor Vergata, alla presenza del Presidente dell’ASI, Enrico Saggese, del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana, Pasquale Preziosa, e del Direttore Programma Osservazione della Terra dell’ESA, Volker Liebig. Subito dopo il rientro, Luca ci aveva raccontato di quei primi giorni di riadattamento alla gravità terrestre, dopo i sei mesi in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale, e del disagio (normale e previsto) dei primi giorni terrestri, anche nel camminare. Ora, superata questa fase, scattante e in forma, sale sul palco con la sua tuta blu, pronto a far rivivere le emozioni della sua missione, iniziata lo scorso 29 maggio con un lancio notturno della Sojuz TmA-09M, ad un pubblico che comprendeva molti ragazzi, compresi i 150 del concorso “Mission X - Allenati come un astronauta” indetto dall’ESA in collaborazione con l’ASI.

“E’ stato tutto bellissimo ed emozionante” - dice l’astronauta italiano dell’ESA - “e in qualche modo è come se mi fossi sempre sentito in compagnia della mia Italia: dai collegamenti con i presidenti Napolitano e Letta, fino a tutte le centinaia di messaggi che ho ricevuto e i collegamenti effettuati da lassù, che hanno fatto sentire forte la partecipazione del paese in tutta la missione”.

“Mi piace usare la metafora del tetragono, uno dei solidi geometrici più perfetti; più larga è la base sui cui poggia, più è stabile e preciso. Noi astronauti non siamo che il vertice del tetragono, ma per arrivare così lontano serve una base molto ampia. Per questo ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile la missione”.

Parmitano, che ha partecipato alla missione “Volare” dell’Agenzia Spaziale Italiana, nei 166 giorni in orbita ha portato a termine 30 esperimenti scientifici, partecipato a tre appuntamenti e agganci con veicoli spaziali “cargo” e ha compiuto due “passeggiate spaziali”. E’ stato il primo italiano ad uscire nel vuoto spaziale: “Avevo un sacco di cose per la mente prima di uscire” - racconta - “stavo per realizzare un grande sogno. Però ero anche concentrato sul lungo e complesso lavoro che abbiamo svolto durante quella prima attività extra-veicolare”.

I problemi della seconda “passeggiata?: “Sì era una situazione seria” - conferma Luca Parmitano, che trovò improvvisamente acqua nel casco, e dovette interrompere subito la passeggiata - “e proprio di recente ho collaborato con la commissione d’inchiesta della NASA che ha fatto luce sul guasto al mio scafandro. E’ stato confermato che si è trattato di un guasto ad una pompa che separa il flusso d’aria da quello dell’aria del circuito di raffreddamento. Sono stati momenti delicati, ma che ho superato bene grazie ovviamente all’addestramento, e anche alla mia formazione come pilota dell’Aeronautica Militare”. “Nel 2005 infatti” - aggiunge - “dovetti fronteggiare un avaria con un velivolo, ero da solo, situazione critica.

Quell’emergenza, e ciò che imparai, è stata preziosa. Il guasto alla mia tuta però è servito: in futuro, in caso di guasti simili, gli astronauti avranno a disposizione una condotta per respirare l’aria che proviene dalla parte bassa della tuta”. A bordo, nel corso dei sei mesi, ha effettuato molti esperimenti scientifici, soprattutto di fisiologia umana: “Sì, ho fatto un po’ da cavia, e poi a terra, dopo il rientro, mi hanno di nuovo visitato dalla testa ai piedi e per fortuna tutto è risultato negativo...” - dice sorridendo, in riferimento ai vari test, compreso quello sullo studio della spina dorsale - “che in questo modo” - aggiunge - “non viene più realizzato tramite enormi macchinari di risonanza magnetica, ma con un apparato piccolo e portatile. Proprio come quello che ho testato in orbita”. “Abbiamo inoltre svolto un dieta in grado di diminuire la decalcificazione ossea” - spiega - “e questo potrà avere ricadute importanti per chi soffre di osteoporosi. Nello spazio infatti noi andiamo per esplorare, e compiere ricerche scientifiche di ogni genere. Molte delle quali potranno in futuro salvare delle vite, o quantomeno alleviare alcune patologie serie”.

E poi, due aneddoti curiosi. Il primo, ancora con un piccolo inconveniente relativo allo scafandro spaziale: “Prima di uscire fuori dalla stazione spaziale” - ricorda - “ho dovuto più volte modificare il mio assetto fisico nello scafandro. Dopo sei settimane in orbita, ero cresciuto in altezza di cinque centimetri ! (è un fattore conseguenziale all’assenza di peso sulla colonna vertebrale - ndr). Invece a terra, avevamo previsto una crescita di soli due centimetri... Ma alla fine sono riuscito comunque a starci bene dentro a quel gioiello tecnologico che è la tuta EMU”.

E poi, uno di tipo “alimentare”: “Mi sono fatto fare un menù particolare” - dice mostrando il menù organizzato con importanti chef italiani, per una giornata particolare e celebrativa a bordo della Stazione - “Se faccio una cosa devo farla bene: così, ci siamo dedicati a queste cose buone, compresi, come primo, lasagne alla bolognese e riso al pesto. Il guaio è che le cose buone le abbiamo finite in breve tempo, e in attesa di nuovi rifornimenti da terra, ci siamo accontentati di cibo decisamente meno appetitoso”. “Poi però un giorno” - aggiunge - “la nostra collega Karen Nyberg trova casualmente quattro tiramisù. Erano rimasti in un armadietto, ce n’eravamo dimenticati. Il suo sguardo, e il nostro, erano talmente radiosi, che se avessimo trovato dell’oro forse non saremmo stati altrettanto felici...”.

Infine, una riflessione: “Abbiamo soltanto un mondo” - dice - “ed è bellissimo. Quando sei lassù apprezzi la Terra in modo incredibile, la vedi davvero sotto un altro punto di vista. Avessi viaggiato per tutta la vita nello spazio e avessi incrociato la Terra, non avrei avuto dubbi a voler scendere subito su questo pianeta. Appena rientrato mi hanno colpito un sacco di cose all’apparenza banali: il freddo, il caldo, il vento, il Sole, il mare, la rugiada sui fiori...dobbiamo tutelarlo perché è un pianeta davvero unico”.


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