ENZO PACI. IL FILOSOFO E LA VITA
Il rapporto tra maestro e allievo nel ricordo di Carlo Sini
di Fulvio Papi *
Alla ricchissima produzione filosofica di Carlo Sini si aggiunge ora un libro di rara eleganza filosofica e narrativa. Il suo titolo, molto rapido, è Enzo Paci. Il filosofo e la vita, Feltrinelli, Milano, 2015. Se poi desiderassimo anticipare quella che è la gradevole scoperta del testo, dovremmo scrivere “La mia giovanile vita filosofica intrecciata all’esperienza decisiva di Enzo Paci della fenomenologia di Husserl”. Rendere i titoli referenziali ha solo il vantaggio di svelare al lettore un cammino di verità, poiché proprio in questo intreccio sta il fascino di queste pagine. La filosofia vive (fenomenologicamente) in una esperienza vivente, in una intenzionalità che si ripete e così si rinnova.
Siamo nel 1957 quando Sini, dopo la dolorosa scomparsa di Barié con cui era laureando, si trova a comporre il suo lavoro di tesi hegeliano nell’atmosfera filosofica che Paci sta inaugurando. È l’inizio di quell’epoca straordinaria, quando il filosofo era impegnato in una rinascita fenomenologica, che fu una esperienza molto importante nella nostra cultura. Poi Paci aveva una energia straordinaria e una dedizione totale propria di un filosofo che in Husserl trovava la modalità veritativa del pensiero. Il lavoro delle lezioni, dei seminari, della promozione editoriale, della rivista «Aut-Aut», convegni, dibattiti in Italia e all’estero. È una ebbrezza intellettuale ma anche una passione personale. Paci, che riconobbe subito Sini come un ingegno fuor dal comune e un giovane filosofo cresciuto nella filosofia, gli assegnò il posto di assistente, e così Sini fu coinvolto teoreticamente ed emotivamente in questa impresa filosofica il cui stile passava, come processo di formazione, dal maestro all’allievo. Il libro di Sini rimanda con chiarezza filosofica e con un ricordo pieno di partecipazione questo riflettersi di compiti e di obiettivi filosofici. Le pagine nella loro stilistica sobrietà fanno rinascere il tessuto vitale di quel tempo.
Lo “stacco” di Sini avviene su una domanda fondamentale: “che origine ha l’autocoscienza, come si è costituita?” Quindi Nietzsche, il pragmatismo, la concezione della scrittura alfabetica come condizione del pensiero oggettivante, le pratiche che costituiscono, nel loro intreccio, gli orizzonti filosofici e culturali. È Sini che, nella memoria del suo cammino, ci presenta un Paci vivente. Come oggi non è, per molte ragioni che potrei anche elencare facilmente. Ma chiuderò un po’ alla Kraus: “Il lavoro filosofico di Paci era troppo intelligente e troppo ampio per ridurlo a una banalità”.