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INFANZIA E STORIA. In memoria di Vladimir Jakovlevič Propp, di Italo Calvino, e di Gianni Rodari...

FIABA, COSTITUZIONE, E SOCIETÀ . NON SAPPIAMO PIU’ RACCONTARE LE "FAVOLE"! L’ALLARME DI COLLODI E LA "PROVOCAZIONE" DI GRAMELLINI. Note - di Federico La Sala

AL DI LÀ DEL MITO E DELLA LOGICA TRAGICA.... L’INDICAZIONE DI MANDELA E DON MILANI
venerdì 15 gennaio 2016
Innanzitutto invito a leggere l’articolo Non sappiamo più raccontare le favole (qui, di seguito), e, nello stesso tempo, invito a tenere ben distinte le due parole "favola" e "fiaba"(due generi diversi di racconti), e, poi, a riflettere di più e meglio sull’inizio (tragico!) di "Pinocchio": "C’era una volta. - Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori. - No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno"!!!
SI TRATTA della "storia di un burattino"!!! Già ai (...)

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> FIABA, COSTITUZIONE, E SOCIETA’. --- Leggete Harry Potter, lo consiglia Galileo (di Marco Ciardi)

domenica 30 ottobre 2016


Leggete Harry Potter, lo consiglia Galileo

di Marco Ciardi (Il Sole-24 Ore, 30 ottobre 2016)

Se vi è capitato di sentire dire da qualcuno che leggere Harry Potter fa male, perché non aiuta i ragazzi a crescere bene, beh, sappiate che si è sbagliato di grosso. Perché riempire la testa di giovani lettori con storie di maghi e streghe, di unicorni, ippogrifi e altre creature fantastiche? La risposta a questa domanda è già stata data, alcuni secoli fa, da uno degli inventori della scienza moderna, Galileo Galilei: quando leggiamo un libro di fantasia non è assolutamente importante che quello che c’è scritto dentro sia vero. Però sviluppare l’immaginazione e la creatività sin da piccoli ci sarà di grande aiuto in qualsiasi attività poi svolgeremo da grandi. La lettura preferita di Galileo era un libro di Ludovico Ariosto, l’Orlando Furioso, praticamente l’Harry Potter dei suoi tempi. E non pare che quella lettura gli abbia impedito di diventare un grande scienziato. Anzi, forse lo è diventato proprio per quello.

Che i racconti di storie fantastiche abbiano sviluppato l’immaginazione scientifica di molti bambini non è certo una novità. I costruttori dei razzi che hanno portato l’uomo nello spazio hanno spesso confessato di aver letto Dalla Terra alla Luna, il romanzo di Giulio Verne, in cui tre uomini volano verso il nostro satellite a bordo di un enorme proiettile sparato da un cannone.

Harry Potter e la maledizione dell’erede, uscito in lingua inglese alla fine di luglio e pubblicato in italiano circa due mesi dopo, racconta una storia (nella forma di sceneggiatura teatrale, non di romanzo) che si svolge diciannove anni dopo il settimo e ultimo capitolo della saga, Harry Potter e i doni della morte.

Questa volta, dunque, i protagonisti del racconto sono anche i figli di Harry e Ginny, di Ron e Hermione, di Draco Malfoy. Se vi rivelassi il nome della madre del figlio di Draco, Scorpius, farei un’anticipazione troppo grande per chi ancora non avesse letto il libro. Che spero possa continuare ad appassionare, come è accaduto in passato in molte famiglie, genitori e figli contemporaneamente, anche se la prima generazione di piccoli lettori dei libri di J. K. Rowling è ormai diventata grande, e forse qualcuno di quei ragazzi di una volta è già a sua volta genitore.

Certo è che il rapporto tra genitori e figli è uno dei temi centrali di questo nuovo capitolo dedicato al mago più famoso della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts; un motivo in più per leggerlo insieme in famiglia e magari anche discuterne.

Anche perché viene affrontato il tema decisivo delle scelte che tutti noi, prima o poi, siamo costretti a compiere. Come dice Albus Silente in Harry Potter e la camera dei segreti «sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità». Perciò non vi spaventate se Harry Potter è ambientato nel mondo dei maghi. La magia è solo un pretesto per parlare della nostra realtà, in un modo che però ci aiuta anche a sognare.

Harry Potter, inoltre, ci può insegnare molte cose sotto molteplici punti di vista, incluso quello storico. Un compito che, ad esempio, ha svolto in maniera egregia il nostro Topolino, sulle cui pagine numerose generazioni hanno appreso, forse ancor prima che a scuola, tantissime informazioni. Infatti, contrariamente a quello che si può pensare, gli scrittori di opere di fantasia (inclusi gli autori di fumetti) spesso si documentano molto attentamente prima di realizzare le loro storie.

Ecco dunque che, grazie alla lettura di Harry Potter e la pietra filosofale, il primo romanzo della serie, veniamo a scoprire che l’unico ad aver fabbricato la mitica pietra, la quale trasforma il piombo in oro e dona l’immortalità, è un certo Nicolas Flamel. Si tratta di un personaggio partorito dall’immaginazione di J. K. Rowling? Assolutamente no. Nicolas Flamel è un uomo realmente esistito, nato in Francia, a Pontoise, il 28 settembre 1330, e morto a Parigi il 22 marzo 1418. Con il suo lavoro di copista e libraio, Flamel accumulò grandi ricchezze e le incrementò con abili speculazioni immobiliari. Ricchezze che, probabilmente, alimentarono la leggenda che fosse riuscito a fabbricare la pietra filosofale, come si narra in un testo, a lui attribuito, pubblicato nel 1612. In realtà, si tratta di un falso ben costruito, che fu studiato anche da Isaac Newton, uno degli scienziati più importanti di tutti i tempi, molto interessato a questi argomenti. Insomma la lettura di Harry Potter può essere assai istruttiva, se si ha la pazienza di documentarsi sulle fonti di cui ha fatto uso l’autrice.

I libri di J. K. Rowling, tra l’altro, possono essere un ottimo strumento proprio per comprendere la differenza tra scienza e magia. Come i fans del maghetto sanno, infatti, non tutti possono frequentare Hogwarts, ma solo coloro che possiedono un particolare ’dono’, che è appunto quello della magia. I Babbani, cioè le persone prive di poteri magici, non possono in nessun modo salire sull’Espresso di Hogwarts dal binario 9 ¾ della stazione di King’s Cross a Londra.

La magia, dunque, è per pochi, La scienza, invece, è per tutti. Ognuno di noi, naturalmente purché abbia voglia di impegnarsi, può accedere allo studio dei segreti e delle meraviglie della natura, e condividere con tutti gli altri le proprie scoperte e le proprie conoscenze.

Non è una differenza da poco ed è questo il motivo per cui, una volta cresciuti, non dobbiamo più fare confusione tra scienza e magia, sempre ammesso che l’avessimo fatta da piccoli. Inoltre, scoprire che la magia non esiste non deve certo cancellare il nostro bisogno di immaginare, creare e sognare.

Non voglio fare troppi spoiler (come ormai si usa dire, anche se probabilmente i ragazzi conoscono oggi il termine molto più degli adulti), ma tutta la struttura di Harry Potter e la maledizione dell’erede è basata sulla possibilità dei viaggi nel tempo, grazie all’uso dei famosissimi “Giratempo” (confesso che ne abbiamo uno in famiglia), oggetti che hanno la forma di una collana con una clessidra come ciondolo. Si viene così proiettati nel fantastico mondo dei paradossi temporali, che molti di noi hanno probabilmente imparato a conoscere ed amare con la bellissima trilogia cinematografica di Ritorno al futuro.

Il tema dei viaggi nel tempo, tuttavia, ormai non interessa più solo gli autori di storie fantastiche o di fantascienza, ma viene affrontato con serietà anche dalla ricerca scientifica. Chissà, forse tra i giovani appassionati di Harry Potter ce ne sarà uno che riuscirà ad inventare la macchina del tempo. Anzi, non sorprendetevi troppo di vedere arrivare un giorno uno dei vostri figli dal futuro. Sicuramente avrà letto La maledizione dell’erede.

*

J. K. Rowling, Harry Potter e la maledizione dell’erede, trad. di Luigi spagnol, Salani, Milano, pagg. 368, e. 19,80.


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