Joe il cattolico nel paese dilaniato
di Ettore Bucci (Jacobin, 22 Gennaio 2021)
Obama poteva tradurre in ottimismo liberale le aspirazioni degli afrodiscendenti. Invece, analizzando la sua cerimonia di insediamento, si capisce che Biden adopera lemmi religiosi per addomesticare conflitti irrisolvibili
Tali temi sono stati parzialmente anticipati a Biden nella messa alla Cathedral of St. Matthew cui ha preso parte la mattina dell’insediamento con la famiglia, le alte cariche istituzionali e la leadership repubblicana del Congresso - che ha usato l’invito per evitare il saluto a Trump prima della partenza per Mar-a-Lago. A officiare la celebrazione, ancora, un gesuita: Kevin O’Brien. Questi ha raccontato così il suo sermone sulla riconciliazione:
L’intervento di Biden ha raccolto tali suggestioni: oltre a ribadire il concetto di riconciliazione per una «One Nation» chiamata a sanare le proprie ferite come dopo una guerra civile, c’è l’appello all’unità di fronte all’epidemia, con la promessa, «as the Bible says», che al pianto della notte seguirà la gioia del mattino. Un’agenda di tolleranza in cui spicca la citazione da Agostino, «a Saint of my Church», tratta dal p. 24 del lib. XIX del De Civitate Dei (Il fine del Bene e la Pace in Dio) sulla «città dei Giusti»:
A unire l’ex vice di Obama e Agostino è il fulcro di una solida costituzione civile nella concordia tra ragionevoli, da instaurarsi nella corresponsabilità. Subito, infatti, Biden rimarca l’importanza della verità per la responsabilità pubblica:
È probabile che tale citazione non sia emersa uno studio teologico dei ghost-writers, quanto dalla citazione agostiniana che il Papa dà in È l’amore che apre gli occhi (2014). Ultimo elemento di relazione col pontefice è la richiesta di una preghiera silenziosa per i morti di Covid: pur usuale nella retorica politica e comprensibile per la modalità con cui il predecessore ha trattato il tema, impossibile non ripensare alla preghiera silenziosa, a capo chino su piazza San Pietro, chiesta la sera dell’elezione da Francesco in diretta mondiale. Entrambe auto-limitazioni dell’immagine onnipotente del «pio padre-sovrano» e tentativo, in un discorso improntato all’umiltà e al ricordo (dei defunti in un caso, del capo spirituale neo-eletto che chiede una benedizione popolare in un altro) di inoculare una responsabilizzazione individuale. A concludere l’insediamento è stato il reverendo Sylvester Beaman, metodista, amico di famiglia Biden.
America United
Cosa raccogliere da tali riferimenti? È superficiale dire che tali parole emergono solo dal discorso di attori religiosi o che siano significativi solo perché pronunciate nell’investitura. Il punto è che questa investitura, dopo un’amministrazione uscente tanto irrituale, ad appena due settimane dal traumatico attacco a Capitol Hill, racconta la consapevolezza non scontata della fragilità del corpo sociale e delle istituzioni.
Mentre Obama poteva tradurre in ottimismo liberale le aspirazioni di varie generazioni afrodiscendenti, Biden deve farsi almeno soggetto capace di comprendere i cambiamenti in atto, provvedendo a una riconciliazione tutta da dimostrare, connessa a un’agenda che, rivolta a un Congresso a maggioranza democratica, deve confrontarsi col peso di lobbies e desideri di mero «ritorno» al liberalismo degli anni di Obama.
L’insurrezione di gennaio pare abbia cambiato le carte in tavola, ma nulla è scontato: il desiderio di riconciliazione traslato in lemmi religiosi può significare anestetizzazione del conflitto, oblio per il trumpismo non tramontato, riscrittura di regole del gioco insufficienti. È presto per capire se il composito establishment democratico sia all’altezza di una ri-legittimazione del sistema nel quadro in cui, come scrive Arnaldo Testi, una neonata presidenza a (possibile) trazione rooseveltiana-populista prova a disfarsi del regime politico-sociale conservatore repubblicano. Intanto, il discorso pubblico religioso e, in particolare, una certa retorica di matrice cattolica - spesso su bocche gesuite - è a disposizione di tale tentativo in una inusuale modalità militante.
*Ettore Bucci, perfezionando in storia contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, è cultore della materia in storia del pensiero e delle istituzioni politiche presso l’Università di Pisa e membro del Centro Universitario Cattolico della Conferenza Episcopale Italiana.