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ANTROPOLOGIA, FILOSOFIA E PSICOANALISI: APPRENDERE DALLA "METAFISICA" DELL’ESPERIENZA...

LA NASCITA DELL’ESSERE UMANO E IL GIOCO DEL ROCCHETTO. Al di là del giogo di Edipo e Giocasta - di Federico La Sala

"LA FRECCIA FERMA". La connessione emersa tra il gioco del rocchetto del nipotino di Freud e la metafisica greca, e l’ipotesi marxiana che noi siamo ancora fermi nell’orizzonte dei greci ... non mostra noi stessi ancora fanciulli?!
giovedì 20 luglio 2023
FILI DI ’FUGA’ INTORNO A UN ROCCHETTO. Tracce per una discussione...*
Freud, in Al di là del principio di piacere (1920), riporta il caso di un bambino di un anno e mezzo che non piangeva mai quando la sua mamma lo lasciava per alcune ore, "sebbene fosse teneramente attaccato a questa madre che non solo lo aveva allattato di persona ma lo aveva allevato e accudito senza aiuto esterno".
"Ora questo bravo bambino aveva l’abitudine - che talvolta disturbava le persone che lo circondavano - di (...)

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> LA NASCITA DELL’ESSERE UMANO E IL GIOCO DEL ROCCHETTO. --- "L’INFINITO" E "QUESTO" ATTUALE PRESENTE STORICO --- Il segreto delle origini: aspetti libidici e aspetti antilibidici (di Lucia Fattori)

lunedì 28 novembre 2022

Il segreto delle origini: aspetti libidici e aspetti antilibidici

di Lucia Fattori *

Racamier (1992) distingue due tipi di segreto: quello antilibidico che costituisce un impedimento all’attività fantasmatica e interrompe il filo che percorre le generazioni e il segreto libidico, impregnato di Eros, che produce il pensiero sulle origini e collega le generazioni facendo scorrere informazioni ed emozioni legate al piacere.

Il segreto delle origini è uno di quei segreti con cui il bambino si confronta più volte, nel corso dell’infanzia, via via che si sviluppano le sue capacità di osservazione, di comprensione, di fare collegamenti causali e temporali. Esso può essere annoverato fra i segreti libidici perché mette in moto fantasie, rêveries, ipotesi. Ricordiamo come per Freud (1908) le teorie sessuali infantili sorgano spontaneamente “sotto il solo influsso delle componenti pulsionali del sesso” (p.462).

Ma se avviene un impatto traumatico con la scena primaria o con la sessualità adulta, il segreto delle origini può diventare causa di un blocco della vita fantasmatica, o di un viraggio della fantasia in delirio o, ancora, in certi casi, di un arresto della stessa nascente capacità di pensare.

Il caso di Asmit (che ho descritto in dettaglio altrove: Fattori, 1996), mostra quest’ultima possibile estrema conseguenza sullo sviluppo infantile di un segreto impensabile che incombe sulla scena: un arresto del processo di formazione della capacità di pensare e la presenza di un funzionamento centrato sull’agire.

A sette anni, al momento della presa in carico, Asmit è un bambino iperattivo, dislalico, disprassico, disgrafico, con un ritardo generale negli apprendimenti. Il bambino ha assistito nei suoi primi anni di vita ai rapporti sessuali fra i genitori e ne ha un ricordo vivissimo, fonte di confusione non solo a livello percettivo, in relazione alla figura combinata dell’incomprensibile mostro con due teste , ma anche e soprattutto in relazione al senso affettivo di quello che passa tra i genitori: tra due genitori che trascorrono la giornata a farsi del male (è una coppia legata da un rapporto marcatamente sado-masochistico), quel modo notturno di stare insieme non può che essere un altro modo per aggredirsi (cfr. Freud, 1908: “la concezione sadistica del coito” teoria sessuale, tipica dei bambini che sono stati testimoni del rapporto sessuale fra i genitori); ma nello stesso tempo il bambino avverte, con un vago senso di inganno, che non è così e che qualcosa gli sfugge.. Asmit riuscirà finalmente a comunicarmi il suo sentimento di esclusione da quel modo segreto ed incomprensibile dei genitori di stare insieme di notte quando nel flusso del suo confuso discorso, comparirà una frase chiara, descrizione di un’emozione e richiesta di condivisione di una sofferenza: “Loro due sempre a fare la lotta...polli! Io da solo...sempre da solo io!”.

Nel caso di Asmit di fronte ad un segreto non -conosciuto / impensabile, (o, meglio conosciuto a livello inconscio, come il conosciuto/ non pensato di Bollas, 1989) il pensiero è stato impossibilitato a svilupparsi, mentre si è creato un quadro di grave disturbo di apprendimento, che sembra legato ad una vera e propria carenza di pensiero, con la compresenza di una severa iperattività, dato che l’espressione dei vissuti avviene attraverso comportamenti impulsivi legati all’azione.

Altre volte l’impatto traumatico con la scena primaria potrebbe dar luogo ad una forma più lieve di disturbo cognitivo-affettivo: quella rappresentata dall’ inibizione intellettiva. La Klein (1931), nel suo Contributo alla teoria dell’inibizione intellettiva fa appunto risalire questa patologia al meccanismo della scissione, attivato dal segreto per eccellenza, quello appunto del coito fra i genitori, laddove particolari condizioni rendano particolarmente intensa l’emozione legata alla scena primaria vista-fantasticata. Verrebbe da dire che in tali casi tagliare i collegamenti causali e temporali che sono fondamentali nei processi di apprendimento sia in definitiva il tentativo di tagliare a metà la figura combinata separando così i genitori.

“Seghiamo i sogni brutti a metà, così fanno meno paura!” mi suggeriva un piccolo paziente. La presenza di un qualche segreto nella vita di un bambino rimanderebbe dunque al segreto primario, quello delle origini. Avverrebbe a scopo difensivo una scissione dell’Io: c’è un Io che nel preconscio/inconscio sa ed un Io che non sa o che comunque non vuole sapere qualcosa che lo turberebbe

Anche in questo caso è l’area del sapere/non sapere, e dunque l’area cognitiva, quella che viene danneggiata, attraverso il meccanismo dell’inibizione intellettiva, dalla presenza di un segreto che il bambino non conosce, ma di cui inconsciamente sente la presenza, segreto che, seguendo la Klein, rimanderebbe al segreto della vita sessuale dei genitori e alla procreazione.

Marcello, mi venne portato all’età di 11 anni, all’inizio della prima media, su sollecitazione della scuola. Il rendimento scolastico di questo bambino preoccupava gli insegnanti per la presenza di difficoltà selettive: presentava problemi molto gravi nell’area della logica, matematica e verbale, mentre il profitto era buono nel resto degli apprendimenti ad eccezione che in Storia, materia in cui il bambino sembrava non orientarsi. Questo mi fece pensare che il focus della problematica fosse la capacità di operare collegamenti sia temporali che causali.

I genitori nel colloquio anamnestico descrissero una prima infanzia senza particolari problemi, ma, con grande imbarazzo, mi riferirono che il padre era stato assente per tre anni, dai due ai cinque anni del bambino, perché detenuto in un carcere lontano dalla città di residenza della famiglia. Il bambino gli era stato portato tre-quattro volta all’anno, ma rientrato a casa l’uomo non aveva mai fatto cenno alla detenzione che di fatto era diventata così un segreto, indicibile e vergognoso. Durante quello stesso colloquio concordammo che era venuto il momento di dire la verità al bambino e l’uomo nei giorni seguenti comunicò al figlio questo pezzo di storia familiare, colmando in Marcello una specie di buco relativo alla sua vita tra i due e i cinque anni. Successivamente, durante una seduta Marcello mi raccontò come “prima”, ovvero prima della rivelazione, sentisse di “avere delle macchie nere nel cervello”. Riemersero anche brandelli di ricordi dell’edificio del carcere, del viaggio in treno, degli abbracci del papà in presenza di persone con una divisa.

Marcello recupererà abbastanza in fretta alcune delle capacità carenti (più difficile fu il recupero in matematica dato che il ragazzo mancava delle nozioni di base.)

Forse possiamo pensare che il meccanismo difensivo di tagliare(segare!) i collegamenti causa-effetto e prima-dopo fosse servito a Marcello per non mettere insieme frammenti isolati di ricordi inquietanti che si portava dentro e quindi per evitare di dare un senso all’esperienza delle visite in carcere. Il riferimento ad un “cervello con le macchie nere” fa pensare alle aree oscure coperte dal segreto che interrompono, nell’immagine così efficace che il ragazzo propone, i collegamenti dentro la sua mente.

Canestri (1970) parlando delle difficoltà in matematica scrive: “questi studenti non fanno collegamenti, smontano ed usano in modo non integrato i sensi”. Sembrerebbe trattarsi nelle forme più gravi di una regressione al sé frammentato per evitare di integrare fra loro i pezzi dell’esperienza sensoriale oppure, ad un livello più evoluto, di una forma di inibizione intellettiva che fa ricorso a meccanismi di scissione tagliando i collegamenti causali e temporali, come nel caso di Marcello, cosa che darebbe ragione delle difficoltà settoriali di apprendimento (la matematica e la storia) in questo ragazzo.

Un altro possibile effetto antilibidico di un segreto che riguarda i genitori e di cui il bambino non è a conoscenza potrebbe essere lo strutturarsi di un pensiero ossessivo dominato da fobie, laddove il segreto incomprensibile diventa un fantasma pauroso che domina la mente del bambino : il bambino si fa inconsciamente ricettacolo e depositario delle paure, delle vergogne, di pezzi di storia inconfessabili dei genitori e ne è atterrito perché esse appartengono ad un mondo adulto estraneo alla sua esperienza e alla sua possibilità di comprensione. Affermano Abraham e Torock (1987): “La peculiarità del fantasma della fobia è di venire ad assillare per incitare a denunciare una paura, appartenuta ai genitori, occulta e mai formulata” (p.383). Verrebbe da dire, una paura segreta.

Carla è una bambina che sembra aver fatto sua, a livello inconscio, la paura segreta della mamma. Carla infatti ha la fobia delle olive e della frutta col nocciolo, fobia che ci porta di nuovo alla riproduzione, ovvero al fantasma delle origini o, meglio, al segreto legato al fantasma delle origini. Da un colloquio con la mamma il segreto emerge da subito: la bambina è stata concepita attraverso l’inseminazione artificiale, all’interno di un rapporto di coppia molto squilibrato dove, mi sembra di capire, il marito è poco più che un donatore di sperma. La donna sembra considerare la bambina come cosa sua: le dà il nome della propria madre, la allatta al seno fino ai due anni stabilendo un rapporto di fusionalità intensa, anche fisica, con lei, la fa dormire stabilmente nel letto matrimoniale da cui il marito è stato allontanato. Forse in questo caso il vero segreto non è quello della PMA, ma, quello delle fantasie materne di una fecondazione non solo senza coito, ma forse anche senza l’apporto dell’uomo. Quanto ai noccioli Carla mi confida che se ne inghiotte uno teme che questo si fonda con lei e la trasformi. Emerge il ricordo di un libro sul corpo umano che la madre le aveva regalato quando era piccola e dell’illustrazione che vi aveva trovato sulla fecondazione dell’uovo da parte di un “seme”. Sembra che la bambina, identificata con l’uovo materno aggredito dagli spermatozoi abbia sviluppato una fobia come eco del grande segreto: quello della fecondazione assistita, ma, soprattutto, quello del vissuto nella madre in relazione alla fecondazione assistita: una violenza cui la donna ha accettato di sottoporsi vincendo la propria inconscia resistenza a ricevere il seme maschile all’interno della segreta fantasia onnipotente di poter fare un figlio da sola. È ancora una volta Il fantasma delle origini e la sottostante segreta fantasia materna che sembrano essere all’origine della patologia di questa bambina, occupando il suo spazio mentale a danno di Eros e dello sviluppo di un pensiero libero e creativo.

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