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LA SVOLTA DI SALERNO... E LA LOTTA PER LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA, OGGI! - di Federico La Sala

Un omaggio alla memoria al Presidente Pertini e un augurio al nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
mercoledì 25 aprile 2012 di Emiliano Morrone
Un omaggio e un augurio al nostro Presidente della Repubblica, GIORGIO NAPOLITANO
LA SVOLTA DI SALERNO... E LA LOTTA PER LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA, OGGI!
di Federico La Sala
Caro Direttore,
trovo più che necessario e urgente accogliere la sollecitazione di Giorgio Napolitano (sull’Unità del 13.10.2004, p. 25, su "Angelo Oliva e la memoria della sinistra"): "Troppe vicende e figure del passato [...] rischiano di scivolare nell’ombra della rimozione e dell’ignoranza, nel modo più freddo (...)

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> LA SVOLTA DI SALERNO... Il governo Badoglio chiese ai sovietici di far cambiare posizione al Pci. Perché Togliatti aprì alla monarchia: «L’alleato Stalin. L’ombra sovietica sull’Italia di Togliatti e De Gasperi» di M. Clementi: .

sabato 5 febbraio 2011


-  Perché Togliatti aprì alla monarchia

-  Svelato il mistero della svolta di Salerno

-  Il governo Badoglio chiese ai sovietici di far cambiare posizione al Pci

di Antonio Carioti (Corriere della Sera, 05.02.2011)

Al sardo Renato Prunas, segretario generale del ministero degli Esteri dal novembre 1943 al novembre 1946, tutti riconoscono il merito di aver rimesso in piedi la diplomazia italiana dopo la catastrofe dell’ 8 settembre. Ma ora un libro dello storico Marco Clementi sui rapporti fra Italia e Urss dal 1943 ai primi anni Cinquanta, L’alleato Stalin, getta nuova luce sul ruolo che lo stesso Prunas ebbe all’origine della «svolta di Salerno» , l’apertura verso la monarchia operata dal leader comunista Palmiro Togliatti al suo ritorno in Italia dall’Urss, nel marzo del 1944. Quella mossa colse di sorpresa le altre forze antifasciste, che fino ad allora avevano rifiutato di collaborare con il governo guidato dal maresciallo Pietro Badoglio e avevano reclamato l’uscita di scena del re Vittorio Emanuele III. In seguito all’iniziativa del Pci, nell’aprile 1944 si formò un nuovo governo, sempre guidato da Badoglio, in cui entrarono tutti i partiti del Cln, senza che vi fosse l’abdicazione formale del sovrano. La scelta di Togliatti venne a lungo presentata dalla storiografia marxista come il primo passo della «via italiana al socialismo» perseguita dal Pci, che lo avrebbe caratterizzato sempre più come un partito d’indirizzo nazionale e democratico, tendenzialmente autonomo dai sovietici. Una versione dei fatti che perse credibilità quando fu possibile accedere agli archivi di Mosca, perché emerse che in precedenza Togliatti si era pronunciato per una posizione d’intransigenza verso Badoglio, che venne poi scartata in seguito a un incontro che il leader del Pci, poco prima di partire per l’Italia, ebbe al Cremlino con Stalin. Era dunque al dittatore sovietico che andava attribuita, scrissero Elena Aga Rossi e Victor Zaslavsky nel libro Togliatti e Stalin (Il Mulino), la responsabilità decisiva della svolta.

Ora però il saggio di Clementi evidenzia un altro elemento importante. A suggerire e sollecitare il cambio di rotta del Pci era stato alcune settimane prima proprio Prunas, nel corso di un colloquio del 12 gennaio 1944 con l’inviato di Stalin Andrej Vishinskij, il famigerato inquisitore dei processi di Mosca. In quell’incontro non solo vennero poste le basi per il riconoscimento del governo Badoglio da parte dell’Urss, avvenuto il 13 marzo, ma Prunas sottolineò l’esigenza di «un mutamento nell’atteggiamento del Partito comunista italiano, oggi violentemente antigovernativo» .

Se il Pci avesse abbandonato quella posizione «sterile» , disse, ciò avrebbe influenzato anche gli altri movimenti antifascisti. E si sarebbe probabilmente arrivati alla costituzione di un «largo governo democratico» . Le parole di Prunas, nota Clementi, prospettano «esattamente i passaggi politici che sarebbero culminati nella svolta di Salerno» . E non meno significativa appare la disponibilità mostrata da Vishinskij, il quale gli rispose che a Mosca vi erano «alcuni comunisti italiani intelligenti e competenti» . Se a questo si aggiunge che, come risulta dal registro delle persone ricevute da Stalin al Cremlino, Vishinskij era presente, con il ministro degli Esteri Vjaceslav Molotov, all’incontro che Togliatti ebbe con il despota sovietico, nella notte tra il 3 e il 4 marzo 1944, prima di partire per l’Italia, sembra di poter concludere che alla svolta di Salerno Prunas diede un grosso contributo.

Clementi non ha dubbi: scrive che in tutta la vicenda il ruolo del Pci «appare secondario non solo rispetto a quello di Mosca, ma anche rispetto a quello del governo italiano, che fu il vero ispiratore della nuova politica» . Ci fu insomma, secondo l’autore, una convergenza d’interessi tra l’esecutivo guidato da Badoglio e rappresentato da Prunas, che voleva consolidarsi sia all’interno sia sul terreno delle relazioni internazionali, e il Cremlino, che vedeva di buon occhio un rafforzamento politico del regno del Sud, per non lasciare l’Italia liberata totalmente alla mercé degli angloamericani. Quanto a Togliatti, in sostanza «funse da garante per la politica sovietica in Italia» .

Un dato sorprendente è che il resoconto del colloquio tra Prunas e Vishinskij non è affatto inedito. Uscì nel 1974 in una pubblicazione della Farnesina e venne poi riprodotto nella raccolta ufficiale dei documenti diplomatici italiani. Eppure nessuno studioso ha mai prestato particolare attenzione al passaggio in cui Prunas auspicava quella che sarebbe stata la svolta di Salerno. Come mai?

Interpellato dal «Corriere» , Clementi risponde così: «Dopo l’apertura degli archivi di Mosca, che schiudeva un mondo fino allora impenetrabile, l’interesse degli storici si è concentrato sui documenti sovietici e sul rapporto tra l’Urss e il Pci, mentre le carte italiane e le relazioni tra gli Stati sono rimaste un po’ in ombra. Al contrario gli specialisti di storia diplomatica, seguendo una linea di ragionamento internazionalistica, hanno trascurato il legame tra quel contesto e le scelte di Togliatti. D’altronde ricordo una lezione di Paolo Spriano, autore di una famosa storia del Pci, in cui spiegava a noi studenti che nulla è più inedito dei documenti già pubblicati, perché allo studioso può sempre sfuggire qualcosa» .

Il libro di Clementi non si esaurisce nel riesame della svolta di Salerno, ma tratta molte altre questioni, dalla sorte dei prigionieri italiani in Russia al nodo di Trieste, con un approccio piuttosto comprensivo verso l’Urss, anche sul patto Molotov-Ribbentrop. Ma non manca di sottolineare la mentalità censoria dei sovietici, che non solo chiesero ripetutamente al governo italiano di far sparire dalle librerie i volumi a loro sgraditi, ma imposero al vicesegretario del Pci, Luigi Longo, di rimaneggiare pesantemente l’edizione russa del suo libro sulla Resistenza, Un popolo alla macchia: dopo lo scoppio della guerra fredda, quel testo appariva troppo generoso verso gli angloamericani e gli antifascisti non comunisti.

© Il libro: Marco Clementi, «L’alleato Stalin. L’ombra sovietica sull’Italia di Togliatti e De Gasperi» (Rizzoli, pp. 395, € 20), in uscita mercoledì 9 febbraio.


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