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PSICOANALISI E FILOSOFIA. Cineforum...

IL CODICE DA VINCI ... KOYAANISQATSI (LA VITA SENZA EQUILIBRIO - LIFE OUT OF BALANCE). La Sala di proiezione - di Federico La Sala

giovedì 18 maggio 2006 di Emiliano Morrone
PSICOANALISI: LACAN INTERPRETA "KANT CON SADE" E SI AUTO-INTERPRETA CON "L’ORIGINE DEL MONDO" DI COURBET.

Quando non si vuol sentire: din, don... dan!
IL CODICE DA VINCI ... KOYAANISQATSI !!!
Un omaggio al Presidente della Camera, e al Papa
di Federico La Sala
Al di là del giudizio specifico sulle opere di Dan Brown, c’è da dire che i suoi due lavori hanno il grande merito di sollecitare a riflettere, a livello planetario (dato il successo), sul problema dei (...)

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> IL CODICE DA VINCI ... KOYAANISQATSI: La Sala di proiezione - di s. La Sala

lunedì 26 giugno 2006

KO - YAA - NIS-QATSI - LA VITA SENZA EQUILIBRIO - LIFE OUT OF BALANCE


La vita senza equilibrio di Stefano Andreoli

Koyaanisqatsi

[.... ] Il titolo mi parve talmente strano che me lo feci dettare lettera per lettera, non avendo ben compreso se si trattasse effettivamente di un film a me sconosciuto o se la pronuncia ("coianniscazzi") fosse un gioco di parole di un personaggio interpretato da Alvaro Vitali!

Esclusa la seconda ipotesi e non sapendo cosa dire, chiesi se era un film che trattasse di handicap. "Se l’handicap è uno dei tanti modi di stare al mondo, questo è un film che parla di handicap. Guardalo e poi scrivimi cosa ne pensi".

[....]

"Ko-Yaa-Nis-Katsi" è un’espressione del linguaggio indiano "hopi" e significa "la vita senza equilibrio". Un titolo che decontestualizzato dal film - un apologo ecologista "sponsorizzato" da Francis Ford Coppola e diretto dal regista indipendente Godfrey Reggio - potrebbe benissimo sintetizzare la condizione di vita di molti distrofici [....] obbligati ad assumere determinate posture per non cadere dalla carrozzina col tronco in avanti o di lato. L’"equilibrio" del titolo è riferito invece all’unica attrice, Madre Natura, e agli scempi che l’uomo ha causato ad essa tramite uno sviluppo industriale scellerato.

Koyaanisqatsi è un film inclassificabile ed è possibile definirlo solo in via negativa: non è una pellicola di finzione con una storia e degli attori, non è un documentario con le immagini che fungono da supporto per il commento. Film astratto, futurista, d’avanguardia? Forse, ma nessuna di queste parole è adatta per definirlo.

Le parole, ecco un buon punto di partenza. La colonna sonora è completamente priva di parole. Un film muto, allora? Niente affatto. Koyaanisqatsi è un film sonoro non parlato, costituito solo da immagini e da suoni (le musiche elettroniche del compositore minimalista Phillip Glass). Due immagini in particolare - i graffiti primitivi e la partenza dello Space Shuttle nel 1982 - utilizzate come prologo ed epilogo, racchiudono il senso politico dell’opera: l’apparente evoluzione dell’uomo dallo stato di "natura" allo stato "progredito" e ritorno; nel finale, infatti, alla navetta spaziale in caduta libera (la missione del 1982 si concluse tragicamente pochi minuti dopo il lancio), segue l’immagine dei graffiti primitivi. Il tono apocalittico è inoltre suggellato dalla voce cavernosa di un basso che ripete di continuo la parola del titolo.

Il resto del film, un alternarsi di immagini naturali e urbane (montate seguendo il ritmo della musica), amplifica la dicotomia natura/progresso, sfruttando al massimo le possibilità di manipolazione spaziale e temporale offerte (nel 1982) dal cinema. Tutte le riprese sono state effettuate utilizzando la tecnica per cui variando la velocità della macchina da presa rispetto a quella standard di 24 fotogrammi al secondo, il movimento dei soggetti inquadrati risulta in fase di proiezione, accelerato o rallentato.

Per esempio, l’effetto di accelerazione rende quasi indistinguibili il movimento della sabbia del deserto o delle nuvole da quello delle onde marine; ripreso di notte, il traffico di una grande metropoli si trasforma in un scia di linee luminose che si sovrappongono, si alternano, si incrociano, tra i volumi dei grattacieli, finendo per somigliare alla pittura astratta o informale. Persone per strada o all’interno della Borsa, inquadrate con un obiettivo grandangolare e "accelerate", sembrano formiche, mentre fotografate con il teleobiettivo e al rallenty, sembrano goffi burattini.

In Koyaanisqatsi ogni soggetto cessa di essere quello che oggettivamente è (nuvola, automobile, montagna, catena di montaggio ecc.), diventando una forma in continua mutazione. La tecnica impiegata, scardinando la visione spazio-temporale del nostro occhio, stimola nello spettatore una nuova percezione della realtà, che rende molto più efficacemente di qualunque reportage l’idea di quanto caotica, frenetica, priva di "equilibrio" sia la vita in un grande città. [....]

Ripensando al monito del film contro le sorti magnifiche e progressive dell’umanità, mi viene in mente un’intervista di Gigi Marzullo all’editorialista/scrittore liberal Massimo Fini. Alla domanda di Marzullo `Lei si considera un rivoluzionario o un reazionario?’, Massimo Fini rispose: `Mi considero un reazionario, nel senso che sono contro la rivoluzione industriale’.

Questa battuta, che ha aggirato in modo elegante la banalità del quesito, potrebbe benissimo essere una dichiarazione anche dell’autore del film, Godfrey Reggio.

Comunque, riflettendoci, l’autore di Koyaanisqatsi ci ha inconsapevolmente detto qualcosa sulla disabilità; fare un film sonoro non parlato è dimostrare che quello che viene comunemente ritenuto un grave handicap (il mutismo) è in questo caso uno dei principali punti di forza dell’opera. Un solo secondo di commento o di dialogo avrebbe rovinato tutto.

E, a proposito di film sonori non parlati, mi sono ricordato di due titoli (Tempi moderni e Il pianeta azzurro), entrambi con qualcosa in comune con Koyaanisqatsi. Le sequenze della fabbrica in Tempi moderni, capolavoro di Charlie Chaplin del 1936, in cui Charlot viene "mangiato" dalla macchina, non possono non avere ispirato le immagini di Koyaanisqatsi riguardanti il lavoro alla catena di montaggio.

Invece, Il pianeta azzurro, girato da Franco Piavoli nella Val Bruna, nello stesso periodo in cui Reggio a 15.000 chilometri di distanza realizzava la sua opera, segue l’evolversi della natura nel corso delle stagioni. Anche se la tecnica impiegata da Piavoli è diversa rispetto a quello adottata da Reggio, i due film sono accomunati - oltre che dalla tematica ecologista - da una concezione antinaturalistica dell’immagine e della natura.

Koyaanisqatsi mi ha inoltre ricordato un terzo film, anch’esso guarda caso poco parlato, 2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Il prologo e l’epilogo con i graffiti primitivi e lo Space Shuttle sembrano la stilizzazione delle due parti di 2001, l’alba dell’uomo e la stazione orbitante nello spazio. Anche le immagini notturne di Koyaanisqatsi ricordano il finale di 2001, con le pareti del corridoio spaziale attraversato dall’astronauta Bowman, piene di forme di luce colorata e cangiante.

Dall’ articolo tratto da DM 139 - agosto 2000. DM è un trimestrale edito dalla Direzione Nazionale dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. La Redazione di DM ha sede in: Via P.P. Vergerio, 19 - 35126 Padova, Tel. (049) 8021002 - Fax (049) 8022509 e-mail: redazionedm@uildm.it

dalla rete http://www.uildm.org/dm/139/rubriche/74koya.htm

(www.libreriadonna.com)


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