«La madre di Leonardo da Vinci? Schiava, esule nel Mediterraneo»
L’italianista Carlo Vecce narra la vita di Caterina in un libro che si fonda pure su molteplici scoperte di carattere scientifico, sul ritrovamento di documenti (ma non solo) in grado di riscrivere la storia dell’origine del genio
di Maria Pirro (Il Mattino, Martedì 14 Marzo 2023
Profuga, schiava, esule per il Mediterraneo. Così viene descritta la madre di Leonardo da Vinci nel romanzo storico firmato da Carlo Vecce per Giunti editore. L’italianista, professore universitario all’Orientale di Napoli, narra la vita di Caterina in un libro che si fonda pure su molteplici scoperte di carattere scientifico, sul ritrovamento di documenti (ma non solo) in grado di riscrivere, appunto, la storia dell’origine del genio, risolvendo un mistero lungo 600 anni.
APPROFONDIMENTI
Un’opera, "Il sorriso di Caterina", destinata ad aprire un dibattito importante tra i maggiori studiosi. «Tutto quello che c’è nel volume è reale, a partire dai loro nomi, la fiction interviene per connettere le loro storie», assicura l’autore, mostrando un manoscritto in latino, datato 2 novembre 1452, che ricostruisce la liberazione (con alcuni errori e sviste), ritrovato nell’archivio di Stato di Firenze e scritto da ser Piero da Vinci: suo padre dell’artista.
Com’è arrivata a Firenze Caterina? Grazie al marito della sua padrona, monna Ginevra: un vecchio avventuriero fiorentino di nome Donato, già emigrato a Venezia, dove aveva al suo servizio schiave provenienti dal Levante, dal Mar Nero e dalla Tana. Prima di morire, nel 1466, l’anziano lascia i suoi soldi al piccolo convento di San Bartolomeo a Monteoliveto, fuori Porta San Frediano, per la realizzazione della cappella di famiglia e della propria sepoltura. Il notaio di fiducia è sempre lui, Piero. E Leonardo esegue la sua prima opera proprio per quella chiesa: l’Annunciazione. «Non è un caso», è la tesi.
«Io, per primo, non avevo dato credito all’ipotesi che la madre di Leonardo potesse essere una schiava, e così mi sono messo a cercare, tentando di dimostrare il contrario», ammette Vecce. Per arrivare a sostenere, invece, che la ragazzina venne catturata alla Tana, ultima colonia veneziana alla foce del Don, dove iniziò il suo viaggio tra il mar Nero e il mare nostrum. «Una storia anche di oggi», aggiunge Vecce, che spiega così «l’urgenza di narrarla in questa maniera, per aprire gli occhi». Un legame evidente dalla foto di una profuga in copertina.
«A questo punto Leonardo è italiano solo per metà, e non lo è per la sua parte migliore, perché figlio di Caterina. Sì, è figlio di una straniera: una schiava al più basso gradino sociale. Una donna senza voce, scesa da un barcone, che a stento parlava la nostra lingua», conclude il professore, indicando le conseguenze che ha tutto questo sulla vita di Leonardo. L’idea di libertà assoluta, innanzitutto, e probabilmente l’amore immenso per la natura, visto che la mamma proviene da quel mondo selvaggio, per l’esattezza caucasico, in cui è molto diffusa l’attitudine proprio al disegno. Da qui deriva l’universalità di Leonardo, che non appartiene a una sola cultura e paese, «e lui lo sente. Lo sa, perché sa da dove proviene».
Alla presentazione del libro Paolo Galluzzi, accademico dei Lincei, con Antonio Franchini, direttore editoriale, e Sergio Giunti. E la storia continua anche ora, in questi giorni, oltre le pagine del volume. A Milano, dietro Sant’Ambrogio, nei lavori per la nuova sede dell’Università Cattolica, sta ricomparendo la cappella dell’Immacolata Concezione, quella della Vergine delle rocce dipinta da Leonardo: tornano alla luce il muro vicino all’altare, il pavimento della cripta, i frammenti del cielo stellato dipinto sulla volta dagli Zavattari. Confusi tra loro, resti umani di antiche sepolture. Forse anche quelli di Caterina, morta a Milano tra le braccia di suo figlio nel 1494, e sepolta in quello stesso luogo.