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Pac-man

Pacs, Don Gallo contro la Chiesa: intollerante* - a cura di pfls

mercoledì 24 maggio 2006 di Emiliano Morrone
Sui Pacs l’Osservatore Romano e la Curia fanno ’’acrobazie’’. Ma, soprattutto, con un atteggiamento simile si entra nel campo dell’ ’’intolleranza religiosa’’, perche’ ’’le religioni non devono dire al fedele come devono vivere e votare’’.
In un’intervista al quotidiano online ’Affariitaliani.it’, don Andrea Gallo risponde all’Osservatore Romano che ieri ha attaccato le posizioni del ministro della famiglia Rosy Bindi definendole ’’acrobazie dialettiche a danno della famiglia’’. ’’Se vuole (...)

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mercoledì 24 maggio 2006

LETTERA APERTA A DON GALLO, GENOVA

Che colpa hanno quegli innocenti? di Maurizio Blondet

Reverendo don Andrea Gallo, le scrivo - premetto - in forma personale, da cristiano qualunque, senza autorità alcuna, da cattolico laico, che vale dunque quanto il due di picche: metto le mani avanti perché e possibile che mi smentiscano personaggi togati, magari con i titoli ecclesiastici a posto. Ho letto quanto lei ha non già "confessato" (come scrivono benevoli alcuni giornali) ma "rivendicato" su tutta la stampa nazionale: di aver cioè aiutato ad abortire almeno quattro giovanissime prostitute albanesi, inviandole da un medico suo amico. Leggo anche la sua giustificazione: i protettori delle prostitute le prendevano a pugni e calci nella pancia per provocare l’aborto. "Dovevo lasciare che a interrompere le gravidanze fossero i papponi albanesi a pugni e calci?", si chiede lei. Apprendo inoltre che lei ha fondato una comunità d’aiuto a barboni, prostitute e tossicomani, dove dispensate "bevande calde, ma anche siringhe e profilattici", perché, lei dice, "un preservativo e l’unico rifugio che in certi casi possiamo offrire." Si metta nei miei panni di cristiano qualunque, e capisca la mia ripugnanza. Non capita spesso di scrivere a un prete che rivendica il merito di quattro delitti, anzi "delitti abominevoli", come la Chiesa definisce gli aborti. E che, alle frettolose orecchie di chi ascolta, rivendica questi peccati e delitti come parte dell’opera di "carità" che svolge tra gli esseri più tragicamente emarginati della società. Come tanti cristiani non troppo aggiornati, vedo ancora nel prete una figura di Cristo. M’immagino che un sacerdote si chieda, nei momenti difficili della vita: che cosa farebbe Gesù al posto mio? E con tutto il rispetto, non vedo Gesù - che pure frequentava prostitute - indirizzarle a medici abortisti, e men che meno offrire all’adultera, come "solo rifugio in certi casi", un preservativo. Mi pare anzi una bestemmia orribile. E mi fa indovinare che la carità che lei esercita, caro don Andrea, non appare come quella di Cristo: e il "bene" come forse lo intendono le Usl, i consultori radicali, certo buonismo assistenziale di Stato, quegli organi (spesso inadempienti) per i quali il compito e salvaguardare la "salute", o il "benessere" dei propri utenti, fino a concedere l’aborto legale e pagato dal pubblico denaro se la salute della madre e in pericolo.

Tale e la confusione nel mondo post-cristiano che lei, don Andrea, aderisce senza il minimo dubbio a quest’idea del "bene", come certi "operatori" dipendenti da quegli enti burocratici. Ma lei non ha giurato fedeltà a questi enti, don Andrea. Lei ha nelle mani il potere sacramentale perché l’ha giurata a Cristo, per il quale il bene non è la "salute" ma la salvezza eterna. Il bene di Cristo e più duro, severo, radicale e paradossale del suo, e delle burocrazie di cui lei condivide non so quanto i fini, don Andrea; il bene di Cristo non e contro la sofferenza, ma contro il peccato, non per questa vita ad ogni costo ma contro la morte spirituale. Io non so cosa avrebbe fatto Cristo al suo posto, davanti a una richiesta d’aiuto di una povera ragazza albanese che il suo protettore prende a pugni e calci per farla abortire. Ma son sicuro che la vita di quella prostituta - nel suo infinito valore - non varrebbe a sancire la soppressione, come uno zero, di quella vita innocente che la disgraziata porta in seno.

Glielo devo dire, in forma strettamente personale: le sue parole mi atterriscono, don Andrea. Lei dice: "Dovevo aspettare che a interrompere la gravidanza fossero i papponi a calci e a pugni?". Non so se lei invochi qui lo stato di necessita che anche secondo la Chiesa, secondo la dura idea del bene che ha la Chiesa, potrebbe in certe situazioni giustificare l’omicidio: ammesso per salvare la propria vita o quella di un innocente. Ma qui è l’innocente che lei ha incoraggiato ad uccidere. Per paradosso sarebbe stato più comprensibile, don Andrea, se avesse giustificato l’ammazzamento del magnaccia che prende a pugni e calci la sua donna, e poi avesse affrontato il giudizio dei tribunali umani. Invece e stata soppressa la sola vita innocente nella tragedia in cui lei s’impanca a "far del bene", e senza rischiare nulla: anzi col beneplacito della legge e della mentalità corrente. Si vesta dei miei panni di cristiano due-di-picche: uno dei tanti che la Chiesa mette in guardia, pubblicamente e nei confessionali, dal peccato abominevole dell’aborto e dal preservativo, come lesione alla vita e provi a capire. Chiedo troppo? Chiedo scusa per la lunghezza!


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