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Pacs

Don Andrea Gallo risponde su "la Voce di Fiore" alla lettera di Blondet

Dal forum: Pacs, Don Gallo contro la Chiesa: intollerante* - a cura di pfls
sabato 27 maggio 2006 di Vincenzo Tiano
Egregio sig. Blondet
ho letto la sua lettera aperta....a me sembra uno scritto molto chiuso. Prima di tutto ci sono alcune inesattezze e perfino falsità. Il tema delle ragazze albanesi era stato trattato da una speciale trasmissione condotta, alla RAI, da Gad Lerner, alla presenza del Cardinale Tonini, il quale mi aveva "assolto" alla presenza di molti teologi e religiosi. Caro maurizio, forse Lei dimentica che in Italia vige una Legge per l’interruzione di gravidanza e nella nostra amata (...)

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> Don Andrea Gallo risponde ---- . «Non uccidete il futuro dei giovani». Intervista a don Andrea Gallo a cura di Alain Elkann

lunedì 9 gennaio 2012

“Mi manca la Genova di De Andrè”

intervista a don Andrea Gallo a cura di Alain Elkann (La Stampa, 8 gennaio 2012)

Don Andrea Gallo ha appena pubblicato da Dalai Editore «Non uccidete il futuro dei giovani»: lei come ha celebrato l’ultimo Natale?

«Nella chiesina di Genova, che è accanto al luogo in cui è nata la prima delle nostre dieci comunità: tutti sanno che la porta, che è di solito è sempre aperta, a Natale è spalancata. Chiunque può venire a mangiare, a cantare, a ballare. Sono vecchio e mi vergogno che siano triplicati i pranzi per i poveri e allora mi esprimo come prete cattolico: a 17 anni e tre mesi partecipai alla nascita della democrazia. Non voglio che la democrazia venga meno, che il più forte debba avere sempre ragione e che il concetto di eguaglianza cada nel vuoto».

In realtà cosa rappresenta per lei il Natale?

«Mi fa pensare ad un amico del 1928 come me che a 16 anni fu trascinato a Buchenwald: lui è sopravvissuto come il fratello, mentre tutta la sua famiglia è morta ad Auschwitz».

Si può dire che il suo libro rappresenti un grido di indignazione?

«Sono stato educato dal regime clerico-fascista che aveva cancellato la parola democrazia. Ero un marinaio e mi furono inculcati stupidi ideali. Dopo l’8 settembre mio fratello, che aveva fatto la guerra in Russia, ritornò a Genova, e mia madre gli chiese: “Dino, cosa hai deciso di fare?”. Così a 17 anni mi ritrovai con lui catapultato in una brigata partigiana. Ho visto nascere la Costituzione, poi c’è stato l’incontro con i salesiani. Sono rimasto colpito da Don Piero Doveri, un pisano che poi diventò direttore a Il Cairo, il quale mi diede da leggere il libro di Don Bosco. Ne fui illuminato».

Lei ha sempre vissuto in mezzo ai giovani...

«La nostra comunità di San Benedetto al Porto ha compiuto 41 anni. Abbiamo fatto conquiste importanti, però continuo a vedere i giovani abbandonati: basta considerare la situazione della scuola e delle comunità che non hanno più una lira. Durante il G8 del 2001 vennero a trovarmi, in due giorni diversi, altrettanti registi: Monicelli e Scola. Ed entrambi mi chiesero la stessa cosa: “Riusciremo all’inizio del Terzo Millennio a sradicare dai più giovani l’assenza di futuro?”. Risposi che avevo visto nella bacheca del nostro centro questa frase: “Il male grida forte, non ci abbandonate”. Qualche giorno dopo vidi una risposta scritta con caratteri molto più grandi: “Ma la speranza in un mondo migliore grida più forte”.

E ora cosa accade?

«Stanno tagliando i ricercatori, i musicisti e i giovani laureati devono andare all’estero, ma io a 83 anni e mezzo ho ancora fiducia nei giovani. A Genova ne ho visto a centinaia spalare spontaneamente il fango durante l’alluvione».

I giovanissimi si organizzano, si muovono, e lei nel suo libro parla di indifferenza: chi sono gli indifferenti?

«Sono i garantiti. La società dei consumi ha provocato tutto ciò. Quando il cardinale Tettamanzi mi ha detto che i vizi capitali erano sette, gli ho risposto che bisogna aggiungerne un ottavo, l’indifferenza. Che vuol dire avere paura dell’altro, rifiutare l’incontro».

Secondo lei, i giovani stanno abbandonando la Chiesa?

«C’è un grande allontanamento. La Chiesa si illude perché ci sono i papaboys o i grandi raduni internazionali. Penso che si possa insegnare la morale cattolica, ma occorra lasciare libertà di scelta».

La qualità della scuola è peggiorata?

«Ho insegnato per 20 anni dai Salesiani, ma la riforma non è mai avvenuta. Ora si tagliano i fondi dovunque. Maestre e maestri d’asilo perdono il posto. Il personale para-scolastico è stato ridotto, non ci sono mense. Non c’è altro da aggiungere».

E le carceri?

«Sono superaffollate e peggio della tortura. Certo, il Papa che va a Rebibbia è un segnale importante. Ma chi è l’unico vincente nell’orrore del mondo della droga? La mafia, che uccide i giovani con la droga».

Anche i matrimoni sono in calo?

«Non ci si sposa perché non ci sono i soldi e si perde il lavoro. Per formare una famiglia ci vuole un minimo di tranquillità economica. La Chiesa dice: “Le famiglie, le famiglie, le famiglie”. Ma il punto centrale è nel discorso del presidente Monti al Senato, quando ha ribadito l’importanza dei giovani e delle donne».

Ha nostalgia di Fabrizio De Andrè?

«Certo che sì. Mi ricordo Fabrizio come un poeta. Ero molto legato a Fernanda Pivano, e lei a Fabrizio. La sua era una voce che si ispirava agli umili. Era anticapitalista e nutriva un profondo sentimento anarchico, ma non era affatto un bombarolo».

Anche lei si considera anarchico?

«Anni fa, ad un “Maurizio Costanzo Show”, era presente con me un grande regista argentino che difendeva l’America Latina e che si disse “Angelicamente anarchico”. Ed io in quell’occasione pensai: “Questa definizione fa anche il caso mio».


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