Inviare un messaggio

In risposta a:
Poesia

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi - di Cesare Pavese

domenica 28 maggio 2006 di Vincenzo Tiano
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio (...)

In risposta a:

> Verrà la morte e avrà i tuoi occhi - di Cesare Pavese

mercoledì 31 maggio 2006

Caro Vincenzo, voglio approfittare di quest’angolo dedicato alla poesia, per pubblicare due poesie (dedicate al precettore e alla nonna) di un Leopardi inedito, scherzoso e ironico, tornate alla luce di recente:

Poesia a Don Sebastiano

Illustrissimo Signore,

Immortal, gran Precettore,

Mi par cosa vergognosa

Senza dire qualche cosa

Il dovere incominciare

Verso sera a studiare.

Dunque su, Calliope amica,

Torna presto alla fatica,

Incomincia un po’ a cantare,

E lei resti ad ascoltare.

Verso la sera,

Fra l’ombra nera

Lieti studiamo,

Nason spregiamo

In un bruttissimo

Libro, sporchissimo,

Che pure è buono

A darsi in dono

A quel che vende,

E allegro prende

Libri stracciati,

Libri sporcati.

Ma il Precettore

Ha un libro bello

Espresso in quello

Vede il dolore

Del poveretto Nason, diletto.

Dunque andiamo, studiamo contenti

Precettore immortale, e giocoso,

Che sollevi le cure, e gli stenti

Dello studio, ch’è un po’ faticoso.

Lasciam pur la fatica diurna,

Cominciam la fatica notturna.

Ma per ora soscriver mi voglio

E lasciar di far versi l’imbroglio.

Servitore Devotissimo,

E scolare obbligatissimo.

Recanati è il mio paese,

E d’Ottobre siam nel mese.

Poesia a Virginia Leopardi

Di fiori un serto vivido, che Apollo a noi presenti

In Elicona è solito destar vaghi concenti.

E quei Poeti miseri che non san fare un corno

Fiori a raccor divertonsi per tutto il santo giorno.

A questo io stesso m’occupo, che sono un di costoro,

E stanco poi distendomi sotto un opaco alloro.

Or dunque il frutto nobile della fatica mia

Umil presento, e inchinomi a Vostra Signoria.

Spero che in volto placido accetterete il dono

E dell’ardir, che presimi darete a me perdono.

Prendetelo di grazia , e quindi se mai fia,

Che in un vasetto pongasi, o in quello che si sia,

Quell’acqua sì odorifera, quell’acqua istessa,

Al Precettor buonissima per celebrar la Messa.

Se dopo tante prediche che far non ne sapete

Nel cacator buttatelo, o dove mai volete.

Basta, che di riceverlo non isdegniate almeno,

Del resto cosa importami? Sarò contento appieno.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: