Caro Beppe,
intanto grazie per i suggerimenti. Il problema, a mio avviso, sta nell’emigrazione, come indica, con altri termini, l’amico prof Federico La Sala. Chi è partito da San Giovanni in Fiore non ritiene perfettamente inevitabile e naturale l’illegalità diffusa e garantita dall’organizzazione politico-sociale sul posto, che ho sempre definito mafiosa. La mafia non è solo quella che spara, mura, scioglie e uccide. La mafia si serve del ricatto. La Arendt parlava di terrore e propaganza a proposito del totalitarismo. Anche a San Giovanni in Fiore esiste una simile strategia. La gente è toccata nell’economia: quanti non hanno votato Gianni Vattimo per timore che ci fosse una ritorsione sui figli, già sistemati da precari o sulla via di un’assistenza a tempo determinato? Vedi, io penso che gli emigrati, i quali hanno dovuto faticare per entrare nel mondo del lavoro, sono abituati a ben altri sistemi civili con cui è ordinata la società. Quindi, si rendono conto che nella città d’origine ci sono anomalie insopportabili e che le stesse determinano una progressiva degenerazione, come è stato recentemente scritto sul Corriere della Sera, in ambito morale, culturale e politico. Per me, il metodo dei volantini non è la chiave di volta. La gente sa perfettamente che esistono ingiustizie e potentati. Oggi, non siamo più nell’ignoranza degli inizi della Repubblica: l’istituto del difensore civico è conosciuto, t’assicuro. Credo che il problema risieda principalmente nella cattiva volontà dei giovani rimasti in città. Molti di loro hanno subito quello che Alfonso Iacono chiama processo di naturalizzazione. Gli sta bene e non sopportano, come i meno giovani, che gli vengano cambiate le carte. Tutto sommato, molti di loro sono candidati a succedere ai padri nella diretta gestione della cosa pubblica. Secondo me, se davvero si vuole il difensore civico, bisogna che si muovano anzitutto loro. Vincenzo Tiano e io siamo, per esempio, emigrati in Italia. E non siamo così decrepiti. Potremmo non interessarci alle vicende di San Giovanni in Fiore e vivere solo coi nostri obiettivi personali. Perché ci sia il difensore civico non occorrono dimostrazioni o persuasioni. Personalmente, sono stanco di convincere i miei concittadini. Anzi, argomentare troppo è un errore. Quando Gianni (Vattimo) arrivò a San Giovanni in Fiore, ci chiedevano di mostrare la sua sangiovannesità. Dovevamo provare che non era pericoloso, che avrebbe rispettato lo stato delle cose, secondo molti, e che avrebbe agito lasciandosi condizionare dalle masse. Dove stava - e dove si trova - realmente il pericolo? Perché il nostro sindaco non dice una parola sul difensore civico? Non è forse l’autonomia e l’estrema attenzione alle necessità sociali che ci permette di esprimere un giudizio positivo su un rappresentante istituzionale? E quella politica annunciata dal sindaco, di trasparenza e tutela dei cittadini, solo promessa in seguito alla campagna elettorale dei vattimiani sui diritti, dove è andata a finire? Se i giovani sul posto non si attivano e pensano che il top dell’esistenza sia credere di fare opinione - con tutto il rispetto - su Ebeteinfiore, non accadrà mai qualcosa di nuovo. Perché, dobbiamo chiederci, chi vive a San Giovanni in Fiore non fa niente? Quali le iniziative locali per migliorare il rapporto fra utente e pubblica amministrazione? In attesa di risposta, saluto tutti con sincera cordialità.
Emiliano Morrone