L’eletto
by Thomas Mann, Bruno Arzeni (Translator)
di Francesco Fantuzzi’s Review *
Scelta calzante della germanista Lea Ritter Santini, curatrice dell’introduzione al romanzo, è quella di anteporre tale epigrafe nel presentare L’eletto di Thomas Mann. Le parole del preconio della liturgia romana della veglia pasquale alludono alla colpa del padre Adamo e della madre Eva, gravissima in sé, ma indispensabile per sperimentare la Grazia e la Misericordia del Padre. Attorno a questo concetto chiave si sviluppa tutta la narrazione del romanzo di Mann, imperituramente impresso nella mente della voce narrante (monaco medievale) che ad esso riferisce continuamente, rendendo plausibile l’artificio letterario sul piano del contesto culturale medievale.
Il romanzo in sé è tremendamente ironico, e lo è nella misura in cui i grandi autori sanno di essere in grado di essere autorizzati a guardare alle verità importanti con un occhio eccentrico. La prima riflessione che spontaneamente affiora è che Mann - e non altri - avrebbe potuto scrivere un’opera tale. E cioè, anche laddove non vi sia per forza un’opera immensa, si riesce ad apprezzare il genio che l’ha prodotta. Con questa riflessione ci si sposta sulle altre caratteristiche del romanzo. Nel divertimento che l’autore si fabbrica nel manipolare le leggende e la cultura medievali, trovano spazio illuminazioni importantissime su questioni di letteratura della più stringente attualità. Ne sono un esempio, su tutte, le riflessioni che la voce narrante produce in relazione alla figura del narratore nei testi letterari, talmente chiare, lucide, divertenti e ben esposte, da meritare spazio anche nelle nostre lezioni a scuola.
La materia in sé mette latamente in relazione il tema affrontato - le leggende medievali attorno alla figura di Gregorio Stilita (il futuro papa) con i dovuti debiti nei confronti del poema di Hartmann Von Aue - con il mito greco di Edipo, ovvero una sorta di reduplicazione in amplificazione dell’incesto (Gregorio stesso, nuovo Edipo, è il frutto di un’unione carnale incestuosa, più di Edipo). Un viaggio nel tempo e nello spazio, una rete di connesioni culturali ininterrotte, riprese e trapiantate, che nella penna di Mann si misurano con la materia cavalleresca, con la lirica di corte, e con la virtuosistica, anche se scontata, invenzione linguistica di un idioma plausibile (ma impossibile) che fonde elementi di francese antico, di medio tedesco e di latino.
Per comprendere pienamente il Begriff sotteso a tale prodotto artistico, risulterà interessante la lettura della Nota sul romanzo L’eletto (scritta da Mann stesso nel ’51 e pubblicata nel ’53) giustamente riprodotta nell’edizione Mondadori nella traduzione di Lea Ritter Santini:
Anche se lo sviscerarne tutte le implicazioni culturali fa correre il rischio di ritenere questo romanzo un prodotto pesante, la lettura si rivela invece sorprendentemente scorrevole, trascinante, a tratti entusiasmante: siamo di fronte a quello che si potrebbe definire un divertissement confezionato a regola d’arte.
* Francesco Fantuzzi’s Review (Jun 17, 2014)