FAMIGLIA SOTTO ASSEDIO
Tra le cose «da fare» l’introduzione del quoziente familiare Il dovere della Chiesa di parlare: «Nessuna ingerenza. Non capisco perché tutti gli altri soggetti possono esprimersi»
Betori: «I pacs scardinano i valori sociali»
Il segretario generale della Cei: «Esiste un solo modello di famiglia e va aiutato». Urge una politica di sostegno come in Francia. Quanto all’eutanasia, «si svuota il ruolo del medico e ci si affida all’arbitrio della persona»
Da Roma Mimmo Muolo (Avvenire, 30.01.2007)
Nessun altro modello di unione può essere avvicinato alla famiglia. Altrimenti si corre il rischio di «scardinare» i valori da presentare ai giovani e sui quali, in definitiva, è fondata la società. Nel ribadire il "no" della Chiesa ai pacs, monsignor Giuseppe Betori ne motiva in profondità il rifiuto. Invoca, invece, una politica complessiva di sostegno ai nuclei familiari, facendo ampio riferimento all’esempio francese. E rigetta le accuse di ingerenza («non capisco perché tutti gli altri soggetti sociali possono parlare meno che la Chiesa»).
Il segretario generale della Cei, che oggi è atteso dai giornalisti per la consueta conferenza stampa sui lavori del Consiglio permanente, domenica ha rilasciato un’intervista alla trasmissione di Raiuno A sua immagine. Intervista in cui, oltre a quello della famiglia, ha toccato anche altri temi, dall’eutanasia al rapporto fede ragione, non senza una stoccata all’articolo dell’Espresso sulla confessione: «Siamo esterrefatti di fronte a un comportamento deontologicamente inammissibile».
Famiglia. Alla domanda sul perché la Chiesa pensa che un’eventuale legge sui pacs possa minacciare il matrimonio, monsignor Betori ha risposto facendo notare che «il problema è dei modelli». «Se noi pensiamo di poter mettere accanto a quello della famiglia monogamica (composta da un uomo e una donna che si mettono insieme per la vita perché vogliono il bene reciproco e della società) altri modelli che non hanno in sé tutti questi elementi, noi scardiniamo, rispetto al progetto di vita, i valori che presentiamo ai giovani e alla società». I modelli sociali, infatti, «entrano in concorrenza tra di loro e diventa difficile accettarne alcuni concorrenziali a un principio fondamentale come la famiglia».
Ribadita, dunque, l’unicità del modello familiare, così com’è attualmente tutelato dalla Costituzione, il segretario generale della Cei ha chiesto maggiore sostegno per le famiglie. Ad esempio attraverso l’introduzione del quoziente familiare, una delle cose che «si potrebbero fare». In sostanza, ha sottolineato il vescovo, «è l’indicazione che ci sono dei modi per venire incontro ai problemi della famiglia oggi, del formare una famiglia, di far figli». L’esempio della Francia, ha aggiunto Betori, «è molto interessante; a prescindere da una visione ideologica, si è potuto fare qualcosa di serio per la famiglia e la natalità, senza scardinare i conti economici del Paese. A volte si dice che non si può far nulla per la famiglia perché ne andrebbe degli equilibri della finanziaria. Invece la Francia ci dimostra che si tratta di fare le scelte giuste».
Eutanasia. Non si può rinunciare «al principio del rispetto della vita dell’uomo, che non è qualcosa che ci siamo creati noi, ma è un dono che fa Dio all’umanità», ha detto il presule, in merito al problema dell’eutanasia. In questa materia, ha proseguito, «la politica vuole legiferare troppo». «Andrebbe piuttosto valorizzata la deontologia medica, il ruolo del medico nel rapporto con il paziente. Mi sembra che si voglia svuotare il ruolo del medico e si vuole affidare (la questione) all’arbitrio della persona, che poi è influenzata da influssi ideologici molto evidenti». Infine una frecciata anche per certi mezzi di informazione. «Si mostra spesso l’immagine di Welby e non del medico (Mario Melazzini, di Pavia) che ha la stessa malattia e vuole invece continuare a vivere».
Gli altri temi. Tutti questi argomenti si inseriscono nel grande dialogo tra fede e ragione promosso dal Papa e per il quale «tutto il mondo della cultura gli deve essere grato». La Chiesa, del resto, ha il dovere di parlare per essere fedele al suo Signore. «E non capisco - ha detto il vescovo - perché oggi il Vangelo non può essere annunciato in rapporto alle nuove situazioni». Certo, ha concluso Betori, «quando si parla di rispetto delle religioni» e poi si vedono servizi come quelli dell’Espresso sulla confession e, «che offende il cuore dei cattolici», «si capisce a volte come i vescovi abbiano ragione nel reagire non solo alle false accuse di ingerenza ma anche alla situazione di emarginazione del cattolicesimo in Italia».