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Referendum

Monito dei vescovi: "Votare è un dovere civico"

Oggi. Ma ieri? Biasi, aiutaci!
martedì 13 giugno 2006 di Vincenzo Tiano
ROMA - I vescovi richiamano gli italiani al proprio dovere civico di elettori invitandoli ad andare alle urne per il referendum sulla Costituzione. Un monito, quello espresso attraverso la Sir - l’agenzia dei vescovi - volto a impedire l’astensionismo.
Secondo i vescovi è importante che i cittadini esprimano il proprio parere su una riforma che è stata votata a maggioranza e non attraverso le grandi intese. "In un sistema politico fatto di soggetti deboli, e sottoposto a ripetute (...)

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> Monito dei vescovi: "Votare è un dovere civico"

giovedì 15 giugno 2006

Caro Vincenzo, vorrei farti notare come una propaganda ben programmata possa incidere sulla mentalità e le convinzioni della gente; dove la cultura della morte e l’interesse economico possano essere così ben mascherati da indurre la gente a pensare, in buona fede, come il nostro Federico, che si affida e ascolta sempre la solita campana. Va bene, anzi benissimo, che abbiamo idee diverse; ma le nostre idee, le nostre convinzioni, non sono eterne, e dovremmo trovare anche il coraggio, in alcuni casi, di cambiarle.

Il raggiro mortale: l’aborto

Lo afferma proprio uno dei fondatori del movimento abortista negli Stati Uniti, il dott. Bernard Nathanson, famoso ginecologo di New York. Ora Nathanson si prodiga in tutto il mondo affinché sia rispettato il diritto alla vita di ogni uomo sin dal suo concepimento.

Molti hanno sentito parlare di me come del "direttore della più grande clinica abortiva del mondo", il "Centro per la salute sessuale e riproduttiva" (Crash), di New York.

In dieci anni, come fondatore e direttore di questa clinica, ho effettuato numerosissimi aborti: 60.000 dal febbraio 1972 al settembre 1973, vale a dire dalla liberalizzazione dell’aborto. lo stesso ho effettuato privatamente circa 15.000 altri aborti e così sono responsabile in tutto di circa 75.000 aborti. Sono stato uno dei fondatori della Naral (National association for repeal of abortion law), l’unione nazionale per l’abrogazione della legge sull’aborto, chiamata più tardi "Lega d’azione per il diritto all’aborto" (Abortion rights action league).

Eravamo in pochi, i nostri mezzi limitati (7.500 dollari il primo anno) ed era audace l’idea di voler cambiare le leggi sull’aborto. Secondo sondaggi non ufficiali, il 99,5% dell’opinione pubblica a New York City era contro una legalizzazione dell’aborto. Noi quattro fondatori, riuscimmo però in due anni a rovesciare a New York la legge contro l’aborto in vigore da 140 anni. Questa città divenne così la capitale dell’aborto in America. Tre anni più tardi, su nostra richiesta, la Corte Suprema legalizzò l’aborto nei 50 Stati dell’Unione.

La nostra tattica, per realizzare il nostro scopo, è stata con piccole varianti, la stessa di quella usata in tutto il mondo occidentale. Nel 1968, il nostro gruppo, la Naral, era consapevole di andare incontro ad una sconfitta nel caso di un sondaggio serio ed onesto. Indicammo così ai mass-media e al pubblico i risultati di un SONDAGGIO FITTIZZIO, nel quale, secondo noi un 50-60% degli americani erano favorevoli alla liberalizzazione dell’aborto.

La nostra tattica consisteva nell’invenzione di dati frutto di consultazioni popolari inesistenti. Il nostro obiettivo divenne presto realtà. Il pubblico, al quale dicevamo che tanti erano per l’aborto, mutò opinione e diventò davvero favorevole all’aborto.

Drammatizzando la situazione, trovammo appoggi nella popolazione. FALSIFICAMMO I DATI SUGLI ABORTI CLANDESTINI (sapevamo che il loro numero si aggirava intorno ai 100.000) dando ripetutamente al pubblico e alla stampa la cifra di un milione. Sapevamo che la mortalità annuale negli aborti clandestini era di circa 200-250 donne. Noi invece dicevamo che ogni anno morivano circa 10.000 donne per aborto clandestino. Questi dati fittizi influenzarono l’opinione pubblica americana che si convinse della necessità di cambiare la legge.

Il primo anno dopo la liberalizzazione, il numero degli aborti conosciuti salì ad almeno 750.000. Questa cifra, salì nel 1980 a 1,55 milioni, secondo i dati ufficiali. L’aumento degli aborti, dalla loro legalizzazione, si è dunque moltiplicato per 15 (dai 100.000 di prima si è passati infatti a 1,55 milioni nel 1980).

Questa constatazione basta a dimostrare quanto fosse nefasta la nostra propaganda.

Ci siamo pure serviti della cosiddetta "CARTA CATTOLICA", rivelatasi molto proficua per la nostra propaganda. Confidando nell’appoggio dei cattolici, cosiddetti intellettuali e liberali, evitando di attaccare il Papa, per non alienarci simpatie, combattevamo invece la gerarchia cattolica, convincendo i mass-media della sua influenza negativa in merito al problema della liberalizzazione dell’aborto.

Ecco alcuni esempi di questa propaganda: «Sondaggi d’opinione confermano nuovamente che la maggioranza dei cattolici desidera una riforma della legge. Lo dimostra il numero delle donne cattoliche che hanno praticato l’aborto: corrisponde alla loro percentuale nella popolazione totale».

Questa nostra campagna di propaganda serviva: a) a convincere i mass-media che gli antiabortisti erano tutti cattolici o cripto-cattolici, sottomessi alla gerarchia; b) che i difensori dell’aborto erano invece colti, liberali, intellettuali, progressisti; c) che a parte i cattolici, nessuno era antiabortista.

A parte la "carta cattolica" due altri metodi ci guidavano nella nostra propaganda. Il primo consisteva nel negare, malgrado le prove scientifiche attuali, che la vita ha inizio con il concepimento e che quest’ultima pretende protezione e sicurezza come noi. Il secondo metodo consisteva nell’influenzare i mass-media, ed era senz’altro il più efficiente. Spesso mi si domanda: Dottore, come è possibile che lei abbia cambiato così radicalmente strada e quali ne sono i motivi?.

Ecco: la risposta. Quando lasciai la clinica, diventai direttore della divisione maternità di un grande ospedale di New York, la Columbia University Medical School. Ero responsabile del servizio prenatale. Nel 1973, quando assunsi questa carica, erano appena state scoperte e usate nuove tecnologie, come ultrasuoni, amniocentesi, cardiotopografia, per appurare la salute del feto.

Fu la scienza a convincermi della falsità dei miei argomenti, MOSTRANDOMI LA VERA NATURA DEL FETO.

La vita si può definire: inizia dal concepimento, dalla fecondazione, e a partire da questo momento, l’essere concepito è un essere umano. Non esiste un altro momento nell’utero materno, nel quale da una "non-persona" un essere diventa "persona", Non esiste nessuna mutazione subitanea durante la gravidanza e la vita è un filo continuo, dall’inizio alla fine.

Oggi, quindi, credo che l’aborto sia un atto di violenza inammissibile e che rappresenti la distruzione sistematica della vita umana. Pur ammettendo il fatto che una gravidanza non desiderata può creare gravi problemi, non è con la distruzione della vita che se ne troverà la soluzione, ma nella ricchezza dell’ingegno umano. L’aborto è una capitolazione di fronte a problemi sociali spiacevoli, una accettazione della violenza. Come scienziato so - non credo, ma so - che la vita ha inizio con il concepimento. Benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore ad una esistenza divina che ci impone di mettere irrevocabilmente un termine ad un tale delitto. La storia non ci perdonerebbe una mancanza di coraggio, un fallimento.


Erode si maschera bene e può scegliere di annidarsi sia a destra che a sinistra !Non sottovalutiamolo, caro Federico, ma cerchiamo di smascherarlo in qualunque "cultura" tenti di trovare alloggio. È una lotta che possiamo portare avanti insieme, tu ed io, e gli altri...

Un caro saluto a entrambi. Biasi


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