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COS’ E’ QUESTO GOLPE?

L’URLO DI PIER PAOLO PASOLINI (1974). PER L’ITALIA E LA COSTITUZIONE

martedì 20 giugno 2006 di Federico La Sala
COS’E’ QUESTO GOLPE?
IO SO...
di Pier Paolo Pasolini (Corriere della Sera, 14 novembre 1974)
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi (...)

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> L’URLO DI PIER PAOLO PASOLINI (1974). PER L’ITALIA E LA COSTITUZIONE ---- L’eros. Tra i demoni alla ricerca dell’Origine (di Massimo Recalcati)

mercoledì 28 ottobre 2015

Pasolini

L’eros. Tra i demoni alla ricerca dell’Origine

Le contraddizioni e le pulsioni vissute nella propria carne

di Massimo Recalcati (la Repubblica, 28.10.2015)

Sono diverse e note le contraddizioni che attraversano la vita e l’opera di Pasolini: individualista, testimonia con coraggio l’impegno civile e collettivo dell’intellettuale; anticlericale, si schiera risolutamente contro l’aborto; comunista militante entra in un conflitto aspro con il Pci; ateo, marxista, resta cristiano nello spirito; anticonformista, detesta l’anticonformismo; contestatore vigoroso del “sistema” si schiera contro i giovani contestatori del ’68; anti-paternalista, non si risparmia nel segnalare il rischio del tramonto del padre nel nostro tempo; sperimentatore della lingua, resta critico irriducibile di ogni avanguardismo; straordinario poeta civile, conduce pascolianamente la poesia verso i propri drammi più segreti e indicibili; pedagogo libertario, riconosce come insuperabile la figura del maestro; poeta sublime dei corpi e della loro esuberanza pulsionale, ne ha messo in scena il loro oltraggio e la loro devastazione; omosessuale e ribelle è un conservatore dei valori della tradizione.

Ragione e passione, storia e natura, pensiero critico e pulsione non trovano mai in lui una conciliazione stabile, ma permangono in uno stato di perenne dissidio. La sua stessa psicologia individuale appare scissa tra gentilezza e attitudine alla provocazione, altruismo e rapacità pulsionale, divismo e umiltà, mondanità e solitudine. Libertario nei modi e nel pensiero, è preda di un fantasma che lo obbliga ad un godimento compulsivo simile a quello di cui è stato, paradossalmente, un feroce critico.

È forse quest’ultima contraddizione quella che lo ha reso veggente, capace cioè di leggere nello sviluppo promosso dal capitalismo italiano del secondo dopoguerra, salutato come una redenzione, l’inizio di un’epoca di barbarie, un “nuovo fascismo”, il volto più prossimo dell’inferno. Pasolini ha potuto decifrare quell’inferno - l’inferno della mutazione antropologica dell’uomo in consumatore, ovvero della distruzione dell’uomo - perché lo viveva intimamente nella sua stessa carne?

Se ci chiediamo da dove scaturiscano tutte queste contraddizioni che così radicalmente lo dilaniano non possiamo non mettere in primo piano la sua spinta indomita ad attingere all’Origine, alla fonte prima, alla verità del Mito, ad un “essere” non ancora, come si esprimeva Artaud, tradito dal linguaggio. Non è forse questo fantasma ad orientare Pasolini e la sua opera?

Pasolini-Rousseau? L’esordio dell’ Emilio del filosofo francese suona come una sintesi perfetta del fantasma pasoliniano: «Tutto è bene quando esce dalle mani dell’Autore delle cose, tutto degenera nelle mani dell’uomo». Lo sviluppo è senza progresso perché ci allontana dalla verità dell’Origine, ci costringe a perdere contatto con la vita e con il suo fondamento sacro e mitologico. Nelle mani della ragione strumentale tutto non può che degenerare. Pasolini si muove allora verso Sud - come Nietzsche, Rimbaud, Van Gogh - per trovare il corpo nudo, incorrotto e immacolato del popolo (friulano, romano, africano) e della sua lingua.

Il suo presupposto è anti-storico. Si può ridurre il suo genio ad un Edipo irrisolto? Se nel legame con la madre si gioca sempre il problema del nostro legame con la vita e con la sua Origine, le contraddizioni di Pasolini rivelano la sua difficoltà ad abbandonare non tanto la madre, ma l’idea nostalgica di una armonia ineffabile della vita che precede l’esistenza del linguaggio di cui la madre è solo il simbolo. È questo, a mio giudizio, il cuore inconscio dell’uomo e della sua opera.

Preservando il mito della vita come assoluto Bene, egli non può che restare diviso tra la trascendenza del desiderio che lo sospinge in avanti e un rimpianto struggente nei confronti della perdita inevitabile dell’Origine che lo mantiene costantemente ripiegato all’indietro, preda della spinta conservatrice, come direbbe Freud, della pulsione e del suo godimento, il quale, se privato della trascendenza del desiderio, non può che rivelarsi distruttivo.


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