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COS’ E’ QUESTO GOLPE?

L’URLO DI PIER PAOLO PASOLINI (1974). PER L’ITALIA E LA COSTITUZIONE

martedì 20 giugno 2006 di Federico La Sala
COS’E’ QUESTO GOLPE?
IO SO...
di Pier Paolo Pasolini (Corriere della Sera, 14 novembre 1974)
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi (...)

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> L’URLO DI PIER PAOLO PASOLINI (1974). PER L’ITALIA E LA COSTITUZIONE ---- ORA BASTA. Noi, come Pasolini: sappiamo chi in Italia uccide la cultura (di Vanni Ronsisvalle).

mercoledì 9 giugno 2010

Noi, come Pasolini: sappiamo chi in Italia uccide la cultura

di Vanni Ronsisvalle *

Ora basta, chi ha ammazzato Pasolini? Chi sa parli. Le piazze di Roma. La piazza Navona dove si celebravano i funerali della cultura italiana che muore uccisa sappiamo da chi. Questo lo sappiamo. La piazza di Campo de’ Fiori di un novembre lontano e vicino. Mi viene in mente, nel disperdersi sereno della folla di piazza Navona (il provvisorio sollievo che segue queste liberazioni collettive) quel grumo di carne pesta, pestata, calpestata, schiacciata che invocava mamma fino a che il corpo fu inerte, come una cosa qualunque. Carne tornata bambina. Oppure, mamma ossia l’umanità offesa, siamo noi. Grumo di carne e fango su cui la scientifica, ah, ah, ricavava impronte sagomate di copertoni, straordinario decoro imprimé sulla maglietta che fascia il torace esile di Pier Paolo. «Calma» mi disse il direttore del Tg di allora alle 11 e 15 di quella mattina. Mi aveva atteso ai piedi della grande scala a chiocciola di via Teulada 66. «È soltanto una storia di froci».

Mentre sogno nel Texas, Stati Uniti, esplode un pozzo di petrolio. Tre morti. Nel golfo del Messico di fronte agli Stati Uniti scoppia un pozzo subacqueo e diluiscono la morte nell’oceano milioni e milioni di «barili» di petrolio. Barili. Questo nome impressionante di una unità di misura, per la cordialità che lo assimila al vino, è assolutamente improprio, maschera il trucco come è di tutte le «risorse» del capitalismo. Fu improprio quel è una storia di froci . Il giovane turco che accoltella e decapita un prete, un vescovo, grida ai circostanti HO AMMAZZATO IL GRANDE SATANA. È una storia di froci (più o meni così) il comunicato del governo turco. Mentre il Papa è a Cipro. Petrolio. La morte di Mattei a Bescapè, il suo piccolo aereo aziendale esplode in cielo e tutta quella macelleria di pezzi d’aeroplano, i pezzi del passeggero e del pilota si sparpagliano nel fango padano. Mattei era partito dalla Sicilia dove sotto gli occhi di pastori e contadini esterrefatti e ammirati si scavavano pozzi di petrolio.

Due civiltà alle prese, una guerra di seduzioni. Un cacciavite nel motore del biplano. Una storia di Mafia? o il Grande Gioco delle Sette Sorelle, cioè la stessa cosa? Il Direttore del TG, bravuomo, in quel lontano mattino mi sussurrava, giunto a passi felpati per non disturbare, davanti alla mia scrivania in redazione: «Rallenta, Vanni. È solo una storia di froci». Prima, preoccupatissimo, mi aveva atteso per affidarmi, quale responsabile di una redazione innocua, la cultura (quandanche con raccomandazioni e cautele) il delitto politico . La natura si ribella al contronatura in generale? Messa così è un castigo del cielo o qualcosa che riguarda gli ambientalisti. Il Segreto di Stato? Dio, cosa evochiamo... Il romanzo giallo , il romanzo evasivo, un bel trucco; interessa a quegli scrittori di legal-thriller ? per tutti quelli che affollavano piazza Navona non è un Segreto di Stato chi uccide la cultura. Quelli che uccidono quel che siamo, saremmo noi ridotti a ben poco per tutto il resto, e l’Immagine Italia. L’immagine che traluce nei volti dipinti, ad esempio, da Giotto in giù... Sulla cattedra di Salamanca un tale posò una pistola mentre parlava il filosofo Unamuno. Viva la muerte e abajo la intelighencia ....

Viva la morte e abbasso l’intelligenza. E Unamuno non parlerà più, era il 1939. Madrid era caduta. A duemila chilometri, mentre sfila in parata il Grande Reich millenario (era una millanteria) Gobbels fa sapere ai tedeschi e al mondo che lui quando sente la parola cultura mette mano alla rivoltella . Siamo nel cuore del Secolo Breve. Tutto si tiene. Il culturame del ministro Scelba, titolare degli Interni, in era trionfante della DC, Anni Cinquanta preludio del falso boom del decennio successivo. «È una storia di froci, Vanni. Puoi dire quello che ti pare». Allora posso sfogare il culturame e vi aggiungo di mio la libera commozione personale. Poichè non è politico questo assassinio . 1968. A Venezia, altra piazza, uscendo dalla casa di Ezra Pound dove il vecchio poeta strapazzato dall’equivoco culturale circa il fascismo ci aveva appena risposto: la buona letteratura nasce dalle macerie non dall’odio. Oi Barbaroi gli aveva appena citato PPP. 1975.

Piazza di Campo dei Fiori ancora anni dopo, Rafael Alberti il poeta spagnolo esule in Italia che abitava là vicino passando davanti alla statua di Giordano Bruno si produceva in una deliziosa pantomima di piccoli inchini. In quel punto avevano bruciato un santo, un eretico? Viva la muerte abajo la intelighencia . Stanno uccidendo la cultura. (Dio, questa parola radicalchic , si esibiscono quelli della invettiva populista.) Intanto un museo frutterebbe in Italia quanto una fabbrica. Così stanno uccidendo questo e quello, compreso il buon senso. E lo speciale senso comune del pudore, ossia in realtà l’umile riserva dietro cui si trincerano quelli che veramente praticano l’arte, la cultura, la ricerca, la vita dell’umanità. Avete presente il Cristo morto del Mantegna? Quel morto per noi rappresenta anche tutto questo. O solo tutto questo? Non sono loro il Grande Satana? Le istituzioni sono bigotte, impaurite contro il Grande Satana della Cultura? Qui vi è un perverso scambio di ruoli. Intercettare il Grande Satana come lo intendiamo noi non sarà più possibile. Gomorra ha suggerito al giovane Saviano quella assonanza carica di sensi con Camorra.

La cultura è anche questo: il lampo che ti fa sintetizzare in una parola. Spiegare al bigotto musulmano, a quelli che hanno sbattuto avanti il povero Pelosi chi è il Grande Satana. È l’ultima possibile pedagogia. A Piazza Navona lo sapevano tutti. Chi c’era e chi non c’era, Petrolio . L’ultimo testo misterioso, criptico di PPP. Trafugato. Segreto di Stato? Mamma . Dal piccolo grumo di carne di poeta, la parola esce infantile come dentro un fumetto ben disegnato, un misto tra Pratt e Schultz, o di quei francesi bravissimi a fare del tetro grandi comics; da lì dentro si leva l’invocazione. Allora non c’è risposta a quel mamma come un perché? Vi ricordate di quel dirigibile che solcava il cielo di Roma pubblicizzando i copertoni della Goodyear? Era terribile, al passaggio meridiano un ombra gelava l’oro di piazza di Spagna. I copertoni si fabbricano con i residuati della lavorazione del greggio del petrolio. Tracce di copertone a raggiera si dipartivano dal crocicchio di Fiumicino dove era stato massacrato PPP. Ancora disegnavano in chi ha vissuto quelle ore il tessuto del racconto.

La poetessa Amelia Rosselli, figlia di uno dei fratelli martiri antifascisti, si torceva le mani, così quando la si vedeva passare davanti al Caffè Rosati di Piazza del Popolo di quegli anni ad un passo dalla follia, fulminata da intuizioni terribili sul futuro delle generazioni. Come Pier Paolo. Erano quegli anni. È una storia di froci mi disse quel direttore di quel TG. È morto Pier Paolo Pasolini, introduceva formale il conduttore del TG. Ce ne parla (ce ne parla?!) eccetera . Ed io partivo con un forbito bla bla bla . Gli italiani alle 13,30 di quel giorno erano già tutti a tavola o alla mensa aziendale. Le impronte di copertone scorrevano sui teleschermi, la mia voce si modellava su quelle immagini incongruenti (come lo è un dipinto astratto per i detrattori di quella pittura). Non astratta la mano di quel direttore di quel TG che poggiava paterna sulla mia spalla mentre io dietro il leggio dello Studio Quattro al quarto piano di via Teulada 66 recitavo il mio De Profundis . «Antonio davanti al corpo di Cesare ti fa un baffo» concluse con sollievo ed un pizzico di cultura, questo sì, quel paterno quando uscimmo dallo Studio. Andai in onda in tutte le edizioni. Addio, addio sussurravamo giorni dopo alla bara che passava in piazza di Campo dei Fiori. Pensavo a questo guardando le immagini del Tg3 di piazza Navona decenni e decenni, un abisso di tempo dopo. Funerali.

* l’Unità, 09 giugno 2010


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