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EGITTO, GERMANIA ... RIPENSARE L’EUROPA!!!

NEFERTITI. CHE LA REGINA POSSA TORNARE A CASA E RIVEDERE IL SUO SPOSO - AKHENATON!!!

Nefertiti non fa dormire sonni tranquilli alle autorità tedesche né al capo della commissione delle antichità egizie Zahi Hawass, pronto a reclamare un ritorno in patria della sposa di Amenofis IV.
mercoledì 21 giugno 2006 di Federico La Sala
[...] Fra le icone imprescindibili, Hawass ha inserito la Stele di Rosetta, che permise la decodifica dei geroglifici (oggi tesoro del British di Londra), lo zodiaco di Dendera (al Louvre) e il busto di Akhenaton (al Museum of Fine Arts in Boston) [...]
SCOPERTE. I monumenti egizi sarebbero posti in un grande cerchio; ed esistono tracce di un’altra Sfinge. Parla l’egittologo Baratono
IL SOLE, LE PIRAMIDI, E IL CERCHIO DELLA DEA GIUSTIZIA. Un’intervista a Diego Baratono di Aristide (...)

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> L’altro Tutankhamen - il “faraone d’argento”. Dopo la clamorosa scoperta nel 1940, i reperti di Psusennes I sono stati dimenticati per 70 anni. “Nella sua tomba inviolata i segreti dell’Età oscura dell’Egitto” (di Gabriele Beccaria - Un grande re del Nilo).

mercoledì 16 marzo 2011

Misteri

-  Ecco l’altro Tutankhamen
-  E’ il “faraone d’argento”
-  “Nella sua tomba inviolata i segreti dell’Età oscura dell’Egitto”

-  Un grande re del Nilo

-  Le nuove ricerche. Dopo la clamorosa scoperta nel 1940, i reperti di Psusennes I sono stati dimenticati per 70 anni
-  IL TEAM DI ARCHEOLOGI. «Nonostante una grave malattia, governò per quasi mezzo secolo»

-  di Gabriele Beccaria (La Stampa/TuttoScienze, 16.03.2011)

Momento sbagliato e pubbliche relazioni catastrofiche. E così nessuno ha mai sentito nominare Pierre Montet, mentre tutti hanno orecchiato almeno una volta l’avventura dell’irrequieta coppia Lord Carnavon-Howard Carter, e il faraone d’argento è stato eclissato dal faraone d’oro: 70 anni di oblio, che solo adesso cominciano a sgretolarsi: al Cairo c’è chi prepara una resurrezione e una serie di rivelazioni.

Quando l’archeologo francese penetrò nella tomba intatta di Psusennes I, a Tanis, nel delta del Nilo, era il 1940: la Seconda guerra mondiale stava travolgendo l’Europa e la notizia sensazionale di una scoperta pari solo a quella di Tutankhamen, che aveva tenuto con il fiato sospeso mezzo mondo nel 1922, precipitò in poche «brevi» di giornale. C’erano altre questioni a cui pensare e Montet raccolse in fretta e furia un tesoro di argento e lapislazzuli, lo portò al museo del Cairo e ritornò tristemente in patria. Le sue casse si richiusero sui reperti di una storia straordinaria appena riportata alla luce - come nel celebre finale di «Indiana Jones e l’Arca dell’Alleanza» - e sarebbero rimaste sigillate in un sotterraneo per decenni. Se è mai esistita una maledizione di Tutankhamen, questa dev’essersi abbattuta sul suo «collega» della XXI dinastia, un lontano successore di tre secoli più tardi: il faraone ragazzino sembra non aver tollerato l’idea di dividere la celebrità postuma e il record di unico signore dell’Egitto scampato alle razzie dei ladri.

Ancora oggi la sua maschera d’oro e il corredo funebre di statue e gioielli monopolizzano lo stupore dei turisti, mentre Psusennes I rimane relegato in una sala secondaria, come un alter ego a cui tutto sia andato storto: una tomba modesta invece di una attentamente scolpita e affrescata, al posto del sarcofago d’oro uno d’argento, niente mummia, ma solo lo scheletro e al posto degli «ushabti», le effigi in miniatura capaci di dare una mano nell’Aldilà, mucchi ormai scomposti di pietre preziose e metalli. Colpa delle offese inferte dal clima umido, opposto a quello secco che ha preservato le meraviglie della Valle dei Re, ed effetto di un’epoca ancora più turbolenta di quella in cui visse brevemente Tutankhamen, nota tra gli storici come «L’età oscura», segnata da una guerra civile che spaccò l’Egitto, segnato dalla rivalità tra sovrani e sacerdoti.

Ora, però, i misteri del vecchio re - il cui nome originale, Pasibkhanu, significava «La stella che appare nella città» - stanno finalmente svelandosi, come se il maleficio del rivale si fosse incrinato. La sua stella torna a lanciare un baluginio e il merito è di un gruppo di ricercatori - Salima Ikram, Fawzy Gaballah e Peter Lacovara - che ha ripreso in mano il «dossier» che si credeva perduto: studiando le ossa, analizzando le iscrizioni e i cartigli custoditi nella tomba e rimettendo insieme tante testimonianze sparse, hanno fatto una serie di scoperte (di sicuro non ancora finite).

Psusennes era un tipo ben piantato a piuttosto alto per l’epoca, 1 metro e 66: per quanto piagato da una malattia reumatica e da una progressiva ossificazione dei legamenti, riuscì a sopravvivere anche al trauma della frattura della settima vertebra e, salito al trono nel 1047 prima di Cristo, regnò per un periodo che dev’essere apparso a lui e ai sudditi interminabile: 46 anni. Morì ottantenne, sebbene quasi completamente sdentato, quando la vita media non superava i 35 anni.

Non solo lungo, ma segnato da continui colpi di scena. Psusennes, oltre a combattere i nemici del Sud, a Tebe, si scatenò contro le forze della natura. Di fronte al declino della città diPi-Ramesse, realizzata un paio di secoli prima da una celebrità, Ramses II, e nell’XI secolo a.C. preda dell’insabbiamento di un ramo del Nilo, ordinò il trasferimento dei templi e dei palazzi a Tanis, in un’area più ospitale del Delta. Ancora più impegnativo fu contrastare i semi della rivolta che proprio il potente predecessore aveva seminato: alternando forza militare e reti di alleanze in stile tribale, fece sposare una figlia al sommo sacerdote di Karnak (che era il fratello del faraone stesso!) e a farsi attribuire il titolo di «Gran Sacerdote di Amon-Ra».

Grazie alla pace, o all’armistizio, Psusennes I rimpinguò le casse statali e potè dedicarsi al compito più importante: una sepoltura adeguata per il viaggio nell’aldilà. Raccolse grandi quantità di oro, pietre e lapislazzuli (fatti arrivare dall’attuale Afghanistan) e si fece preparare un sarcofago-capolavoro, ma di argento massiccio e non d’oro, com’era tradizione. Perché? Ecco la risposta degli studiosi: vista la difficoltà di lavorazione, voleva dimostrare agli dei il suo potere tentacolare su uomini e cose. Oggi sappiamo che la missione è stata compiuta e il biglietto per l’immortalità conquistato.


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