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Pianeta Terra....

LA FAGLIA DI S. ANDREA E IL "BIG ONE". E torna l’incubo del sisma che 100 anni fa distrusse San Francisco. Un articolo di Luigi Bignami.

giovedì 22 giugno 2006 di Federico La Sala
Studio Usa pubblicato da Nature: "Sta accumulando un’energia elevatissima, potrebbe essere rilasciata con un super terremoto"
La faglia di S. Andrea sta scoppiando
E la California adesso ha paura
E torna l’incubo del sisma che 100 anni fa distrusse S. Francisco
di LUIGI BIGNAMI (www.repubblica.it, 22.06.2006)
POTREBBE essere uno dei più potenti terremoti degli Stati Uniti quello che si verificherà lungo la Faglia di San Andrea tra non molto, se le previsioni del geofisico Yuri Fialko (...)

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> LA FAGLIA DI S. ANDREA E IL "BIG ONE". --- -"Interpretare le scosse prima del Big One". Dalla California i nuovi studi sulla sismologia.

domenica 17 gennaio 2010


-  La sfida più difficile
-  "Interpretare le scosse prima del Big One"

-  Dalla California i nuovi studi sulla sismologia

-  Bisogna prima accertare la correlazione tra i diversi fenomeni del sottosuolo
-  Presto si potranno prevedere i disastri con strumenti spinti nelle profondità terrestri

-  di SIMON WINCHESTER (la Repubblica, 17.01.2010)

Anche se di scarso conforto per le vittime del terremoto di Haiti, la sismologia sta facendo qualche piccolo passo avanti nella ricerca di ciò che appare per il momento irrealizzabile, ovvero riuscire ad anticipare avvenimenti terrificanti come quello di martedì scorso. Nuovi studi su episodi di slittamenti ultralenti che si verificano nelle profondità della Terra stanno fornendo qualche promettente indizio.

Gli studi più interessanti sono quelli che si stanno conducendo, a rilento e con ingenti spese, a Parkfield, in California. Nel sottosuolo, proprio in corrispondenza della faglia di Sant’Andrea che si estende per 1287 chilometri lungo i margini della placca tettonica nordamericana e della placca pacifica, è stato scavato un buco molto profondo.

I ricercatori responsabili del programma di trivellazione si prefiggono di scoprire che cosa accade di preciso nel punto di contatto tra due placche. Sembrerebbe alquanto plausibile ormai che le piccole scosse non vulcaniche a bassissimo impatto e tuttavia rilevabili che i ricercatori hanno registrato in profondi fori di sonda sottostanti la faglia di Sant’Andrea siano in qualche modo associati ai devastanti terremoti che si verificano a profondità minori e quindi sopra di esse. In particolare, gli scienziati vorrebbero determinare se è possibile identificare qualche caratteristica delle scosse non vulcaniche che avvengono nella profondità della crosta terreste con qualche anticipo rispetto all’inizio di un forte terremoto, così da sfruttarne utilmente il margine di preavviso.

Ciò sarebbe molto importante per il disastro avvenuto a Haiti, perché la faglia denominata Enriquillo-Plantain Garden - la diretta responsabile del terremoto di martedì scorso - presenta molti punti in comune con la faglia di Sant’Andrea: è una faglia che separa due placche (la nordamericana e la caraibica), per la maggior parte della sua estensione è a uno stesso tempo stabile e sottoposta a forti tensioni e pressioni, e più o meno una volta ogni secolo è sottoposta a un considerevole sforzo di taglio. (L’ultima volta accadde nel 1907 in Giamaica. Da allora gli scienziati avevano avvisato che un giorno - non meglio precisato - una catastrofe avrebbe finito col coinvolgere Port-au-Prince).

È estremamente probabile che le scosse non vulcaniche a basso impatto riscontrate nella faglia di Sant’Andrea abbiano luogo anche ai Caraibi: se si accertasse con sicurezza questa correlazione tra le scosse e i terremoti, allora la scienza sarebbe vicina ad accertare qualcosa di estremamente importante. Per il momento, però, tale correlazione non è stata ancora scoperta. Tuttavia, le scosse in questione paiono avere alcune caratteristiche insolite, che ne fanno dei veri campanelli d’allarme: per esempio per in momento si è evidenziata una correlazione tra la loro occorrenza e fenomeni esterni quali le maree e le fasi lunari. Un rapporto con i movimenti all’interno della crosta terrestre è quanto meno un’ulteriore possibilità, ed è qualcosa che fino a cinque anni fa ancora non si poteva supporre. Da qui il vago barlume di speranza di poter fare progressi.

Se un giorno i geologi dovessero essere convinti di questa presunta correlazione e individuare con apparecchiature spinte in profondità nella Terra un improvviso sciame di scosse non vulcaniche chiamerebbero i sindaci di San Francisco o di Los Angeles affinché prendano provvedimenti opportuni allertando la popolazione? I sindaci ordinerebbero veramente un’evacuazione di massa? E se lo facessero e poi l’evento annunciato dagli scienziati non dovesse verificarsi?

Queste sono tutte domande che vale la pena porsi, in particolare nei confronti di un Paese che è per molti aspetti meno progredito della California. Se una simile quantità di notizie fosse confermata in corrispondenza della faglia Enriquillo-Plantain Garden, i geologi cercherebbero di avvisare gli abitanti di una città come Port-au-Prince? E se la loro previsione dovesse rivelarsi corretta, il loro preavviso servirebbe davvero a salvare delle vite umane o innescherebbe un panico tale da trasformarsi in qualcosa di più letale dello stesso terremoto?

Il ramo della sismologia che si occupa di previsioni è indubbiamente un po’ più avanti di come era cinque o sei anni fa, ma a mano a mano che ci si avvicina a realizzare l’impossibile spuntano nuove domande e le risposte arrivano in ogni caso con troppa lentezza per essere di vero conforto a qualcuno.

-  © The New York TimesLa Repubblica
-  Traduzione di Anna Bissanti


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