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"Non lasciateci soli".

SALVARE Il manifesto !!! Ciò che è in gioco è la libertà d’informazione, la democrazia - a cura di Federico La Sala

Non è come le altre volte, non è la solita ciclica difficoltà, è una faccenda molto più seria.
mercoledì 1 ottobre 2008 di Federico La Sala
[...] Perché sappiate che questo nostro esperimento antimercato rischia di chiudere. Noi ce la mettiamo tutta ma la risposta spetta a voi lettori de il manifesto e ai non lettori che tuttavia pensano che questo giornale sia un utile personaggio nella commedia, o tragedia, che stiamo vivendo [...]

LA RESA DEI CONTI. ECCO PERCHE’ RISCHIAMO LA PELLE
di Francesco Paternò (il manifesto, 24 giugno 2006)
E’ anomalo che un’anomalia duri da più di (...)

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> SALVARE Il manifesto !!! ---- Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito.

giovedì 9 febbraio 2012

SENZA FINE

editoriale (il manifesto, 09-02-2012)

Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica. Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione. È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell’editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011.

Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d’informazione farebbe volentieri un grande falò. La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi. La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno sempre costituito una felice anomalia, un’eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca assoluto e le sue leggi non sono le nostre.


Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico. I tagli ai finanziamenti per l’editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione. Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci. Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia. Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l’effetto di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell’antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell’informazione.

Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente. Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze. State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell’origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.


SIAMO QUI

QUARANT’ANNI DALLA VOSTRA PARTE

di Matteo Bartocci (il manifesto, 09.02.2012)

Nonostante una ristrutturazione durissima e sacrifici senza precedenti il giornale resta in edicola. Oggi alle 14 conferenza stampa in redazione Il ministero dello Sviluppo ha avviato la procedura di liquidazione coatta amministrativa della cooperativa. Un passo inevitabile dopo i tagli del governo. Ecco quello che abbiamo fatto e quello che dobbiamo fare

È il momento più difficile della storia quarantennale del manifesto. Chi ci segue sa che l’allarme l’avevamo lanciato da tempo. Che non era un «al lupo, al lupo» né una delle infinite crisi che con l’aiuto di decine di migliaia di sostenitori siamo riusciti a superare dal 1971 a oggi.

Il ministero per lo sviluppo economico ha ufficialmente avviato la procedura di liquidazione coatta amministrativa della cooperativa editrice del manifesto. Ma il giornale resta in edicola e rilancia. Perché non è finita finché non è finita.

Questa procedura particolare alternativa alla liquidazione volontaria cautela la cooperativa da eventuali rischi di fallimento. E’ una procedura estrema, riservata a soggetti per loro natura fragili come le cooperative, che non hanno «padroni» che ogni anno ripianino i debiti o raccolgano i profitti.

Da oggi il manifesto entra in una terra sconosciuta. I casi di cooperative editoriali che hanno attraversato questa procedura sono rarissimi, forse è addirittura un inedito. Una delle tante «prime volte» che il manifesto, giornale quotidiano e forma originale della politica, ha sperimentato sulla sua pelle nei suoi primi 40 anni. I dettagli «tecnici» di quello che accadrà li daremo oggi in una conferenza stampa (alle 14 qui in redazione, via Angelo Bargoni 8, Roma). Per adesso però non sono la cosa più importante.

Banalmente: oggi il manifesto spende più di quanto incassa. E’ una debolezza cronica e strutturale, aggravata dal taglio drastico e retroattivo dei contributi pubblici per l’editoria non profit. Il manifesto ha lanciato sottoscrizioni e campagne di sostegno ancora prima di nascere. Non è «piagnisteo»: è nel suo Dna. Senza non potrebbe vivere. E’ un’impresa comune costruita senza padroni. Né occulti né palesi. I «padroni» del manifesto sono chi ci lavora e chi lo legge.

Per questo stavolta alla procedura indicata dal ministero non potevamo più opporci. Dal 2008 cala la pubblicità, le vendite vanno e vengono (incoraggianti a novembre e dicembre, in lieve calo a gennaio) e senza il contributo pubblico (che era previsto) il bilancio del 2011 non si può chiudere. E’ l’aritmetica perversa dei fondi editoria, che vengono erogati nel 2012 come rimborso del 2011. Nonostante le promesse di intervento fatte dal presidente del consiglio Mario Monti e l’esplicita richiesta in tal senso del presidente della Repubblica, a oggi nessuna soluzione è stata trovata.

Restiamo noi e voi. Siamo la stessa cosa, ma noi abbiamo il dovere di spiegarvi quello che abbiamo fatto. Sul manifesto circolano moltissime leggende metropolitane e qualche lacrima di coccodrillo. Sono tempi brutali per tutti e non c’è da stupirsi.

Però sfatiamo alcuni luoghi comuni. I sacrifici che abbiamo fatto in questi anni sono senza precedenti. Abbiamo ridotto tiratura e distribuzione all’osso (p.s. le edicole sono 30mila e più di tanto non si può tagliare, già adesso il giornale si trova poco e male). Siamo l’unico quotidiano nazionale non full color: questo ci fa risparmiare in tipografia ma ci rende meno appetibili per la pubblicità. Di recente abbiamo aumentato il prezzo, ridotto la foliazione e portato Alias e la TalpaLibri dentro il quotidiano. In questi anni durissimi abbiamo messo a punto tutto. Siamo in ristrutturazione industriale più o meno dal 2006 e il sacrificio più grande lo stanno facendo soprattutto i lavoratori (che sono anche gli editori di se stessi).

Parlano i bilanci. Nel 2006 il manifesto aveva 107 dipendenti. A febbraio sono 74 (52 giornalisti e 22 poligrafici). Di questi 74, però, la metà è in cassa integrazione a rotazione. Per cui il giornale che leggete (dal 2010 a oggi) è fatto, materialmente, da circa 35 persone. Troppe? Troppo poche? Scarse? Brave? In numeri: dal 2006 al 2010 il costo del lavoro è diminuito del 26%, con un risparmio annuo di 1,1 milioni di euro. Nel triennio 2008-2010 i costi industriali si sono ridotti di 2 milioni e mezzo. I costi generali del 20 per cento. E visto che parliamo di soldi e di mercato, tra noi tutti riceviamo più o meno lo stesso salario, dalla direttrice alla centralinista: circa 1.300 euro netti al mese.

Il manifesto però è innanzitutto un progetto politico. Questo giornale può migliorare e cambiare molto ma non può mutare natura. Non potrebbe esistere senza il contributo di chi, da anni, lavora e scrive gratuitamente, dai fondatori al più giovane dei collaboratori. Più che ai nostri stipendi (che pure contano e non arrivano) il primo pensiero di ogni giorno è il nostro/vostro giornale. Da oggi lo sarà ancora di più.


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