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GELBISON, GIBSON E LA CHIESA CATTOLICA. DUE PAROLE, UN ’RIVELATIVO’ SEGNO DEI TEMPI. UNA ’MEMORIA’ DEL 2004 - di Federico La Sala

Dedicata al ’monaco florense’, Emiliano Morrone, in viaggio...
sabato 24 giugno 2006
"Il grande Teatro di Oklahoma vi chiama! Vi chiama solamente oggi, per una volta sola! Chi perde questa occasione la perde per sempre! Chi pensa al proprio avvenire, è dei nostri! Tutti sono i benvenuti! Chi vuol divenire artista, si presenti! Noi siamo il teatro che serve a ciascuno, ognuno al proprio posto! Diamo senz’altro il benvenuto, a chi si decide di seguirci! Ma affrettatevi, per poter essere assunti prima di mezzanotte! A mezzanotte tutto verrà chiuso e non sarà più riaperto! (...)

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> GELBISON, GIBSON E LA CHIESA CATTOLICA. DUE PAROLE --- NAPOLI E MIGUEL VAAZ: IL CONTE DI MOLA. Una linea che collega Casamassima con le città di Jodhpur (India), Chefchaouen (Marocco) e Safed (Israele): "Tutte ospitarono comunità di ebrei in fuga".

venerdì 14 giugno 2019

In Puglia c’è una città blu come quelle di India e Marocco: un’architetta svela il filo che le lega

C’è una linea che collega Casamassima con le città di Jodhpur (India), Chefchaouen (Marocco) e Safed (Israele): "Tutte ospitarono comunità di ebrei in fuga"

di NATALE CASSANO (la Repubblica - Bari, 13 giugno 2019)

      • [Foto] Casamassima ( a sinistra) a confronto con Chefchaouen in Marocco

C’è una linea che collega le città di Casamassima con le città di Jodhpur (India), Chefchaouen (Marocco) e Safed (Israele). Ed è di colore blu, come il colore con cui sono dipinti muri e porte dei quattro borghi turistici distanti migliaia di chilometri uno dall’altro. Quattro casi unici in tutto il mondo, che ne hanno persino modificato la nomenclatura: se il comune nel Barese viene spesso definito ’Paese azzurro’, per le altre tre città nelle guide si trova il termine ’Blue city’ (città blu).

A decifrare il collegamento legato al colore blu è stata l’architetta Marilina Pagliara, che ha figurato una suggestiva ipotesi legata alla religione e che, di fatto, offre un’alternativa alla leggenda della Madonna di Costantinopoli. Già perché finora si è sempre pensato che il colore azzurro di Casamassima fosse legato al ’Maphorion’ (velo) dell’allora protettrice del borgo, come ringraziamento per aver preservato gli abitati dalla peste che aveva colpito Bari e l’entroterra a metà del 1600. Fu l’allora duca Odoardo Vaaz a ordinare di dipingere a calce viva l’attuale centro storico, aggiungendo il colore azzurro del manto della Madonna.

Anche l’ipotesi della Pagliara si lega a motivazioni religiose, ma affonda le radici nella tradizione ebraica. E parte da Chefchaouen per spiegarlo: "La città santa musulmana divenne rifugio di ebrei in fuga dalla Spagna durante l’Inquisizione, occupando le aree musulmane. La città fu dipinta con la polvere blu di tekhelel, un colorante naturale a base di frutti di mare, perché nella Bibbia viene comandato al popolo di Israele di utilizzare questo colore, tradizione portata avanti attraverso i secoli, e oggi gli abitanti, pur non ebrei, ’rinfrescano la vernice’ sulle loro case, con il pigmento blu venduto in vasi".

Anche Jodhpur e Safed ospitarono all’epoca piccole comunità di ebrei in fuga, che usarono appunto la vernice blu per colorare le loro case. Safed in Israele è anche la città natale della Cabala lurianica, uno dei principali bastioni per lo studio della Torah ed è una delle quattro città sante dell’ebraismo legate a simboli biblici, insieme a Hebron (terra), Tiberiade (acqua) e Gerusalemme (fuoco). Safed era associata all’aria, al cielo e quindi all’azzurro, divenendo anch’essa nel XV secolo rifugio per ebrei espulsi nel periodo dell’Inquisizione dai ’Cattolicissimi Reali Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona’, detti ebrei sefarditi dall’ebraico Sefarad (Spagna), che mantennero tradizioni e usanze del periodo iberico.

E anche Casamassima, ipotizza l’architetto, potrebbe quindi aver ospitato una piccola comunità ebrea, identificatasi attraverso il colore blu delle loro abitazioni.
-  Andando a scavare nella storia della città effettivamente un collegamento c’è, ed è legato alla figura di un ebreo sefardita: Miguel Vaaz de Andrade, considerato da molti storici uno dei maggiori mercanti di grano europei, rifugiatosi a Napoli nel 1580.

La compravendita di grano acquistato dalla Puglia lo rese ricchissimo e "nel 1609 comprò per 76.000 ducati il feudo di Casamassima devoluto al Regio Fisco dopo la scomparsa senza eredi della Baronessa D’Acquaviva e le terre di Rutigliano e Sannicandro ricche di grano - aggiunge Pagliara - Nel 1612 acquistò Mola ottenendo il titolo di conte, dove si reca qualche volta risiedendo nel suo palazzo da cui può seguire la sua flotta impegnata in scambi commerciali nell’Adriatico, diventando sempre più potente e tirannico nei confronti della popolazione". Potrebbe essere stato quindi Vaaz a insediare un comunità ebraica nel borgo barese; ipotesi che trova sostegno anche nella simbologia impressa sui muri del borgo antico. Un esempio? La casa seicentesca del rione Scesciola, dove è presente un’apertura rotonda con una stella a sei punte, che ricorda appunto la Stella di David, simbolo molto diffuso nella Cabala.


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