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Referendum

26.06.2006 ANNO DOMINI JANNI: LA LEGGE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI E’ LA STELLA POLARE DEL NOSTRO CAMMINO. Il Nome e la Libertà di ITALIA non possono essere ingabbiati nelle “virgolette” di nessun partito, nemmeno di uno chiamato “Forza ITALIA”

martedì 27 giugno 2006 di Federico La Sala
(...) Posto di fronte a un quesito fondamentale sulla legge fondamentale, il paese «spaccato in due» della retorica postelettorale di poche settimane fa ha ritrovato una sua fondamentale unità, irrispettosa del bipolarismo coatto. Ha detto No all’egoismo sociale, al mito del Capo e alla servitù volontaria che nelle intenzioni dei riformatori avrebbero dovuto sostituire i principi della solidarietà, dell’uguaglianza, della rappresentanza scritti in Costituzione (...) (...)

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> 26.06.2006 ANNO DOMINI JANNI: LA LEGGE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI E’ LA STELLA POLARE DEL NOSTRO CAMMINO. Il Nome e la Libertà di ITALIA non possono essere ingabbiati nelle “virgolette” di nessun partito, nemmeno di uno chiamato “Forza ITALIA”

martedì 27 giugno 2006

ALLEGATO. PER RIFLETTERE E CAPIRE, ANCORA E DI PIU’:


Rita Borsellino: «In questa campagna si parlava di valori e diritti, non si promettevano posti di lavoro»

In Sicilia e in tutto il Meridione trionfa il “no”, contro la “secessione”

Doppio record per l’Italia del Sud alla consultazione referendaria: il Mezzogiorno registra il maggior numero di “’no” in rapporto ai votanti (74,8%) ma contemporaneamente segna il record in negativo di cittadini alle urne (45,15) rispetto alla popolazione che ha voluto esprimere il proprio voto. Un doppio dato che dà importanti indicazioni a chi vuole approfondire il “sentiment” degli italiani sulle questioni poste dal referendum e su come queste sono state recepite dai cittadini. Sul numero dei votanti, il fanalino di coda dell’Italia del Sud, ma anche dell’intera penisola, è la Campania, con il 40,2% degli aventi diritto che lo hanno effettivamente esercitato.

Nella classifica è seguita dalla Puglia (41,9), dalla Calabria (42,3), dalla Basilicata (44,4), dal Molise (49,3) e dagli Abruzzi (52,8). A trainare il primato dei “no” sul totale dei votanti, al Sud e per l’intero Paese, è la Calabria, unica regione a superare il “muro” dell’80%, a quota 82,5, seguìta dalla Basilicata con il 76,9 di no, dalla Campania con il 75,4, dalla Puglia con il 73,3, dal Molise con il 71,7 e dagli Abruzzi con il 66,7. La Sicilia maglia nera dei votanti, con il 28, 4% ma con una percentuale dei no del 71, 6, mentre in Sardegna ha votato il 46,6% degli abitanti con il 72% dei no.

A mano mano che si procede verso sud, dunque, le posizioni sembrano radicalizzarsi, facendo emergere con tutta evidenza timori e perplessità sul nuovo assetto dell’ordinamento istituzionale proposto dalla riforma del centrodestra, che, nella sua “separazione egoistica” tra aree forti e aree deboli, di visione di un’Italia “divisa” che non avrebbe più avuto gli strumenti della solidarietà sociale, ha deciso di non dare corso a un’opzione che lasciava troppi margini di preoccupazione a popolazioni che storicamente si sono sentite “tagliate fuori”, dalle vicende nazionali e dalle grandi correnti di progresso e di benessere che, in ogni caso, nel Sud sono arrivate con il contagocce e spesso sulla scorta di “cattivi pensieri” di clientele e assistenzialismo in cambio dei voti, e ancor più “cattive azioni”, di vera e propria rapina del territorio.

Per il presidente della regione Campania Antonio Bassolino, il Mezzogiorno d’Italia ha impresso “qualità” al voto, rendendo la vittoria schiacciante. «La ferita che brucia è il Nord», ha aggiunto il governatore che, commentando l’esito referendario, ha replicato a quanti «ancora nelle ultime ore fanno distinzioni tra quel che è accaduto sotto e sopra il Po: in Piemonte, in Liguria».

«Davanti a un appuntamento come questo ha prevalso la maturità dei cittadini siciliani. Ciò significa che quando il voto è libero da condizionamenti e clientele l’esito delle urne cambia». Così Rita Borsellino ha commentato il risultato: «In questa campagna si parlava solo di valori e diritti - ha aggiunto amara - non si potevano promettere posti di lavoro o benefici in cambio del voto e il risultato è sotto gli occhi di tutti».

LIBERAZIONE, 27.06.2006: wwW.LIBERAZIONE.IT


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