LA FAVOLA E’ FINITA
di Ida Dominijanni (il manifesto, 27 giugno 2006)
La partita più bella l’Italia non l’ha vinta in Germania con un rigore all’ultimo minuto, l’ha vinta in casa, con un punteggio straordinario, dopo svariati ed estenuanti anni di gioco. Quel perentorio 61,7% di No alla controriforma costituzionale che avrebbe dovuto suggellare l’era berlusconiana acquista tanto più valore con quell’inatteso 53,6% di partecipanti al voto, che dopo dieci anni di quorum mancato riabilita, proprio sulla Carta fondamentale, l’istituto referendario e la vigilanza popolare sulle scelte politiche. Il No c’era il rischio che perdesse, ma c’era anche il rischio che vincesse di misura, con una partecipazione svogliata che avrebbe indirettamente autorizzato il ceto politico, di destra e di sinistra, a continuare a trattare la Costituzione come cosa propria, disponibile allo scambio politico. Così non è stato e i numeri parlano chiaro: la Costituzione è di tutti, e nel momento di massimo rischio i suoi titolari se la sono presa in mano per presidiarla e confermarla. L’inatteso e non necessario quorum raggiunto oggi riporta alla mente il mancato quorum, altrettanto inatteso ma necessario, del referendum del ’99 sull’abolizione della quota proporzionale dal «Mattarellum». Quel quorum mancato di allora pose fine alla favola bella del maggioritario come panacea di tutti i mali che aveva accompagnato i primi dieci anni della transizione italiana. Il quorum raggiunto di oggi mette fine alla favola bella della riforma costituzionale come protesi indispensabile di una modernizzazione senza qualità che ha accompagnato anche gli anni successivi. Allora come oggi ne viene travolto e sepolto lo schema semplificato vecchio-nuovo di cui si accontenta una politica immiserita negli obiettivi e nelle pratiche.
Posto di fronte a un quesito fondamentale sulla legge fondamentale, il paese «spaccato in due» della retorica postelettorale di poche settimane fa ha ritrovato una sua fondamentale unità, irrispettosa del bipolarismo coatto. Ha detto No all’egoismo sociale, al mito del Capo e alla servitù volontaria che nelle intenzioni dei riformatori avrebbero dovuto sostituire i principi della solidarietà, dell’uguaglianza, della rappresentanza scritti in Costituzione. Anche la divisione territoriale artatamente costruita fra un’Italia moderna e produttiva e un’Italia passatista e dipendente ne esce ridimensionata: trionfante al Sud il No alla devolution vince anche al Nord, e il 51,8% che conquista a Milano parla chiaro quanto e più del 68,4% che incassa a Palermo o dell’ 82,5% in Calabria. Spiace per Bossi e per Speroni,ma se andranno in Svizzera pochi li seguiranno. Spiace per Berlusconi e Fini, ma tre sconfitte in tre mesi, e quest’ultima più di tutte, dicono che il vento del ’94 ha smesso di soffiare. Sulla posta in gioco cruciale e ultimativa, quella del sovversivismo costituzionale della destra estranea al patto del ’48, il paese ha messo l’alt.
Ma l’ha messo anche sul vizio di giocare col fuoco della revisione che incanta al centro e a sinistra anche gli eredi di quel patto. Che i loro leader provassero a incassare la vittoria del No come un’autorizzazione a procedere sulla strada delle riforme perseguita in passato era del tutto scontato; e tuttavia suona oggi del tutto stonato. Quel No ha un altro suono. Rilegittima una Costituzione che anche loro hanno colpevolmente contribuito a delegittimare. E obbliga anche loro a sottostare alla sua autorità. Come tutte le leggi umane, la Carta del ’48 non è intoccabile, ma nell’ambito dei suoi principi e delle sue procedure. Dopo il voto di ieri, fantomatiche commissioni, convenzioni e assemblee costituenti sono diventate improponibili, come pure ipotetiche riscritture complessive. La revisione costituzionale possibile torna a essere puntuale, affidata al parlamento, sottratta al capriccio delle maggioranze e, si spera, assicurata a un 138 al più presto riformulato.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!! Un appello al Presidente Napolitano
2 giugno Festa della Repubblica: mettere in sicurezza la Costituzione *
di COORDINAMENTO REGIONALE TOSCANO
DEI COMITATI PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE
Comunicato stampa
Il 2 giugno 1946 gli Italiani e, per la prima volta, le italiane elessero il loro Parlamento, che, chiudendo definitivamente la drammatica parentesi fascista, assunse il compito di scrivere la Costituzione della nascente Repubblica. Il testo, approvato a larghissima maggioranza da una assemblea pur composta da rappresentanti di forze politiche ormai appartenenti a fronti opposti degli schieramenti internazionali, entrò in vigore il 1 gennaio 1948.
Il 25 e 26 giugno 2006, a 60 anni di distanza, una larga maggioranza popolare, che ha superato gli schieramenti politici ed è composta da uomini e donne di generazioni successive, respingendo con il referendum costituzionale il tentativo di stravolgerne i contenuti, ha riconfermato di ritenere quella Costituzione il contratto fondamentale della nostra convivenza civile.
In questi anni le nostre società sono cambiate anche in modo allora imprevedibile per i Costituenti, ed è lecito pensare ad adeguamenti del testo originario che, rispettando l’impianto complessivo di un sistema parlamentare rappresentativo e nell’intento di proseguire nella realizzazione degli obiettivi incompiuti, tengano conto delle nuove esigenze. Non è però accettabile ignorare l’inequivocabile espressione di volontà uscita dal verdetto referendario dello scorso anno proponendo, in nome di una presunta migliore governabilità, formule che contraddicono o si allontanano dalla natura parlamentare della nostra democrazia.
Appare inoltre inquietante la disinformazione che circonda la proposta di referendum Guzzetta-Segni sulla legge elettorale, che ci riporterebbe alla mussoliniana legge Acerbo del 1925. La scorciatoia referendaria in questo caso, mentre sembra voler dare risposta alla ’crisi della politica’, fonde in realtà l’antipolitica e la tentazione di mortificare il ruolo del Parlamento per arrivare a modifiche alla forma di governo dello stesso tenore di quelle scongiurate con il risultato referendario dello scorso anno
A fronte del riaffiorare di proposte di riforma in senso presidenzialistico ed accentratore, i Comitati toscani per la Difesa della Costituzione, componenti del Comitato Nazionale ’Salviamo la Costituzione’ presieduto del Presidente Emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, ritengono assolutamente indispensabile che il Parlamento proceda senza ulteriori indugi all’aggiornamento dell’articolo 138 della Costituzione, innalzando la maggioranza necessaria alle modifiche costituzionali e garantendo sempre la possibilità del ricorso al referendum, come peraltro previsto al primo punto del programma elettorale dell’attuale maggioranza di governo.
Solo così otterremo per tutti la garanzia che le ’regole del gioco’ democratico non possano essere modificate in base ad interessi contingenti da parte di maggioranze che possono non essere rappresentative della reale volontà popolare.
I Comitati invitano tutti, e in particolare i rappresentanti eletti dai cittadini nelle sedi istituzionali, a festeggiare quest’anno, unitamente alla Repubblica, la sua Carta fondamentale, frutto del lavoro e dell’impegno morale di uomini e donne che seppero mettere l’interesse del Paese al di sopra di quello delle singole parti, trovando un mirabile equilibrio fra libertà e doveri, principi ideali e strumenti giuridici.
Firenze, 1 giugno2007
(per il Coordinamento: Francesco Baicchi 348 3828748, del Comitato di Pistoia)
Articolo tratto da:
FORUM (57) Koinonia
http://utenti.lycos.it/periodicokoinonia/
* IL DIALOGO, Sabato, 02 giugno 2007
82.5% di NO - Per cittadini-sovrani e cittadine-sovrane, L’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’ (don Lorenzo Milani) !!!
Caro Biasi fai bene a insistere, ma io che devo dire?!
A QUANTO PARE, non hai solo la coda di paglia e ti brucia la sconfitta ---- come hai dichiarato pubblicamente, qui sul sito, tu hai votato SI alla riforma costituzionale di B.B. --- ma non sai nemmeno più (tanto è il tempo che è passato da quando sei andato via... nonostante le nostre sollecitazioni a ri-tornare a casa e ri-mettere i piedi sulla tua terra!!!) - che cosa è successo e sta succedendo in Calabria: non solo e non tanto dei festival di Filosofia e ...dei ’Lupi’ che girano e si aggirano sulla SILA, ma neanche e nulla della più radicale determinazione di tutta la gente del Sud (ad es. la bella e significativa manifestazione del 1° maggio a LOCRI) a difesa della Legalità, della Costituzione dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti, e del Nome e della Libertà d’Italia. Dove abiti ora, evidentementemente, è ancora notte.... e, da lontano, non riesci a vedere bene!!! Su SAN GIOVANNI IN FIORE......l’avevamo già detto almeno due anni fa, sventola la più alta bandiera d’Italia - visibile in tutto il mondo, e dallo spazio extraterreste!!! Sveglia: vai a rileggere!!! E ricordalo bene questo 82.5% di NO di cittadini-sovrani e cittadine-sovrane della Callabria!!!VIVA L’ITALIA !!! VIVA LA CALABRIA!!!
M. saluti, Federico La Sala
ALLEGATO. PER RIFLETTERE E CAPIRE, ANCORA E DI PIU’:
Rita Borsellino: «In questa campagna si parlava di valori e diritti, non si promettevano posti di lavoro»
In Sicilia e in tutto il Meridione trionfa il “no”, contro la “secessione”
Doppio record per l’Italia del Sud alla consultazione referendaria: il Mezzogiorno registra il maggior numero di “’no” in rapporto ai votanti (74,8%) ma contemporaneamente segna il record in negativo di cittadini alle urne (45,15) rispetto alla popolazione che ha voluto esprimere il proprio voto. Un doppio dato che dà importanti indicazioni a chi vuole approfondire il “sentiment” degli italiani sulle questioni poste dal referendum e su come queste sono state recepite dai cittadini. Sul numero dei votanti, il fanalino di coda dell’Italia del Sud, ma anche dell’intera penisola, è la Campania, con il 40,2% degli aventi diritto che lo hanno effettivamente esercitato.
Nella classifica è seguita dalla Puglia (41,9), dalla Calabria (42,3), dalla Basilicata (44,4), dal Molise (49,3) e dagli Abruzzi (52,8). A trainare il primato dei “no” sul totale dei votanti, al Sud e per l’intero Paese, è la Calabria, unica regione a superare il “muro” dell’80%, a quota 82,5, seguìta dalla Basilicata con il 76,9 di no, dalla Campania con il 75,4, dalla Puglia con il 73,3, dal Molise con il 71,7 e dagli Abruzzi con il 66,7. La Sicilia maglia nera dei votanti, con il 28, 4% ma con una percentuale dei no del 71, 6, mentre in Sardegna ha votato il 46,6% degli abitanti con il 72% dei no.
A mano mano che si procede verso sud, dunque, le posizioni sembrano radicalizzarsi, facendo emergere con tutta evidenza timori e perplessità sul nuovo assetto dell’ordinamento istituzionale proposto dalla riforma del centrodestra, che, nella sua “separazione egoistica” tra aree forti e aree deboli, di visione di un’Italia “divisa” che non avrebbe più avuto gli strumenti della solidarietà sociale, ha deciso di non dare corso a un’opzione che lasciava troppi margini di preoccupazione a popolazioni che storicamente si sono sentite “tagliate fuori”, dalle vicende nazionali e dalle grandi correnti di progresso e di benessere che, in ogni caso, nel Sud sono arrivate con il contagocce e spesso sulla scorta di “cattivi pensieri” di clientele e assistenzialismo in cambio dei voti, e ancor più “cattive azioni”, di vera e propria rapina del territorio.
Per il presidente della regione Campania Antonio Bassolino, il Mezzogiorno d’Italia ha impresso “qualità” al voto, rendendo la vittoria schiacciante. «La ferita che brucia è il Nord», ha aggiunto il governatore che, commentando l’esito referendario, ha replicato a quanti «ancora nelle ultime ore fanno distinzioni tra quel che è accaduto sotto e sopra il Po: in Piemonte, in Liguria».
«Davanti a un appuntamento come questo ha prevalso la maturità dei cittadini siciliani. Ciò significa che quando il voto è libero da condizionamenti e clientele l’esito delle urne cambia». Così Rita Borsellino ha commentato il risultato: «In questa campagna si parlava solo di valori e diritti - ha aggiunto amara - non si potevano promettere posti di lavoro o benefici in cambio del voto e il risultato è sotto gli occhi di tutti».
LIBERAZIONE, 27.06.2006: wwW.LIBERAZIONE.IT
ALLEGATO 2: una premessa e un laboratorio e non la riconferma di una Vandea senza speranza
RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: SUL RISULTATO DELLE ELEZIONI REGIONALI SICILIANE
Rita Borsellino non ce l’ha fatta. Certo, il consenso per Cuffaro si e’ notevolmente ristretto (passa dal 59 per cento delle regionali del 2001 all’attuale 52,9), la Borsellino riesce a raggiungere il 42,2 per cento, mentre Leoluca Orlando nel 2001 era arrivato solo al 36,6, ma il dato di fondo e’ che la maggioranza dell’elettorato siciliano rimane legata a un sistema di potere che rimonta agli anni ’40, ai primi passi della Regione a statuto speciale. E bisogna chiedersi perche’ e’ durato tanto tempo. La risposta, almeno in termini generali e schematici, non e’ difficile. La Democrazia cristiana prima, il centrodestra adesso sono riusciti a coltivare gli interessi degli strati sociali piu’ forti, piu’ o meno direttamente legati ad ambienti mafiosi, e a tenere a galla una rete di consenso tra gli strati piu’ deboli, distribuendo redditi e offrendo opportunita’ che assicurino la sussistenza. Le sinistre e il centrosinistra non sono riusciti e non riescono a costruire un blocco sociale alternativo. Con la candidatura di Rita Borsellino, venuta dopo vani tentativi di trovare una candidatura credibile tra le file dei partiti, si era aperta una prospettiva nuova, che ha portato al coinvolgimento della societa’ civile nella redazione del programma, ma nella scelta dei candidati sono ritornati a pesare vecchi vizi. Esigua e inadeguata la rappresentanza dell’associazionismo, nessuno spazio ai protagonisti di lotte esemplari, come quella per la casa; i partiti, che hanno considerato la Borsellino un personaggio estraneo e hanno maldigerito la sua vittoria nelle primarie, hanno imposto i loro uomini e non si sono certo sbracciati durante la campagna elettorale. Tutto questo puo’ avere influito, ma il problema di fondo rimane la mancanza di una strategia politica. Le iniziative antimafia degli ultimi anni, nelle scuole, con l’antiracket e l’uso sociale dei beni confiscati, non sono riuscite a far lievitare un movimento di liberazione in cui si riconosca gran parte della popolazione. Puo’ anche darsi che, utilizzando il voto disgiunto, si sia voluto esprimere il distacco da Cuffaro per le sue disavventure giudiziarie, ma dopo gli esempi di Marcello Dell’Utri, di Gaspare Giudice, Calogero Mannino, dello stesso Cuffaro, candidati ed eletti alle elezioni politiche nonostante i processi in corso, non tener conto delle incriminazioni e neppure delle condanne fa parte del paesaggio politico nazionale. Cosa fare adesso? Le elezioni regionali non sono l’ultima spiaggia e fare una buona opposizione non significa rassegnarsi a gestire la sconfitta in qualche modo. Se si vuole costruire una strategia bisogna elaborare progetti che diano risposte concrete ai problemi posti dalla disoccupazione e dalla precarieta’, dai bisogni collettivi, organizzando la partecipazione, riscoprendo la presenza sul territorio, senza attendere miracoli e senza riproporre deleghe. Se si camminera’ in questa direzione, queste elezioni possono essere una premessa e un laboratorio e non la riconferma di una Vandea senza speranza. [Dal sito del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi@tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente intervento di Umberto Santino originaramente apparso sulla rivista "Carta", n. 21, del 9 giugno 2006. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e’ uno dei militanti democratici piu’ impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E’ uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita’. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L’antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni ’60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L’impresa mafiosa. Dall’Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l’ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l’emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita’. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L’alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934. Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo Borsellino assassinato dalla mafia, e’ da molti anni insieme a don Luigi Ciotti la principale animatrice dell’associazione "Libera", la principale rete dei movimenti della societa’ civile impegnati contro la mafia. E’ stata recentemente eletta consigliera alla Regione Sicilia. Dal sito della Wikipedia (http://it.wikipedia.org) riprendiamo la seguente piu’ ampia notizia biobibliografica: "Rita Borsellino (Palermo, 2 giugno 1945) e’ una cittadina siciliana nota per il suo impegno in campo politico e sociale. Sorella del magistrato Paolo Borsellino, nel 1967 si laureo’ in farmacia all’Universita’ degli Studi di Palermo, esercitando la professione di farmacista nel capoluogo siciliano per vari anni. E’ divenuta, in seguito all’assassinio del fratello, testimone della lotta alle criminalita’ organizzate. Nel 1995 divenne vicepresidente di Libera, associazione antimafia fondata da don Luigi Ciotti, di cui e’ stata nominata presidentessa onoraria nel 2005. Con Libera ha contribuito in maniera determinante allíapprovazione delle legge 109/96 sull’uso sociale dei beni immobili confiscati alle mafie e sostiene attivamente il progetto Libera Terra. Dal 1992 e’ impegnata attivamente nella societa’ civile nel campo dell’educazione alla legalita’ democratica, nel diffondere una cultura di giustizia e solidarieta’, non solo per tener vivo il ricordo del fratello e di tutte le vittime della mafia, ma soprattutto perche’ in particolare le nuove generazioni attraverso la conoscenza dei fatti acquistino consapevolezza dei propri diritti, del valore della legalita’ e della democrazia, una coscienza critica e responsabile che, una volta adulte, consenta loro di fare scelte giuste e coerenti per il bene loro e della collettivita’ nella quale sono chiamate a vivere. Dal 1994 assieme all’Arci Sicilia e in seguito con la collaborazione di Libera contribuisce all’ideazione e alla crescita dell’iniziativa della Carovana Antimafie, un’esperienza ormai di carattere internazionale che mira a "portare per tutte le strade" l’esperienza di un’antimafia propositiva che vuole incidere positivamente sulla realta’ economica, sociale, amministrativa dei luoghi che attraversa stringendo intrecci solidali ed etici tra i cittadini, le istituzioni e le diverse realta’ della societa’ civile organizzata presenti sui territori. Dal 1998 e’ presidentessa della ’Associazione Piera Cutino - guarire dalla talassemia’, associazione senza scopo di lucro che promuove la ricerca medica contro la talassemia. Numerose sono state le sue iniziative contro le attivita’ mafiose ed in favore dell’emancipazione delle donne. Tra le sue opere, impregnate proprio di questi temi, si ricordano Nonostante Donna. Storie civili al femminile (1996); La fatica della legalita’ (1999); I ragazzi di Paolo. Parole di resistenza civile (2002); Fare memoria. Per non dimenticare e per capire (2003); Rita Borsellino - Il sorriso di Paolo (2005). Alla fine del 2005 si e’ intensificato il suo impegno politico accettando la proposta, veicolata dalla coalizione di centrosinistra, di candidarsi alla presidenza della Regione Sicilia nelle amministrative della primavera 2006... E’ sposata dal 1969 e ha tre figli"]
DA: La nonviolenza e’ in cammino. 1340.
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e’ in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html
Oramai non so più se piangere o ridere quando ti leggo, caro Federico ! Ma quali cittadini e cittadine SOVRANI !!! Sovrani di cosa ? Di votare NO, se NO si perde il diritto di elemosinare un sussidio, una contribuzione, un posticino, una poltroncina, una "sistemazione" per i propri figli, una pensioncina d’invalidità ? Siete (siamo) cittadini di serie B (o C), ma te ne vuoi rendere conto ? Non rifugiamoci nell’illusione, nella retorica, nelle belle parole. Parti e vieni a vedere cos’è un paese civile, cos’è l’ordine, l’organizzazione, la disciplina e il progresso. Vieni in Svizzera ! Abbi il coraggio di partire, di fare la valigia e di percorrere quelle strade che hanno visto tanti emigrati emanciparsi, cambiare mentalità, cambiare orizzonti: oltre i Pisani, oltre le Junture ! Ma quale Gioacchino, ma quale San Giovanni in Fiore!Vieni a vedere come deve funzionare un ospedale, un’autostrada, un paese ! Possibile che dobbiamo essere sempre il fanalino di coda del nostro Paese, della nostra Europa ?! Cambiare, cambiare, cambiare !! Non si può combattere la mafia coi bei discorsi, con le manifestazioni di Locri; bisogna cambiare mentalità, bisogna dire ai giovani che il cambiamento è possibile, che il progresso e l’ammodernamento sono i veri pericoli dei mafiosi, i quali vivono e si annacano sulla povertà e sui bisogni della povera gente ! Il festival della filosofia, il festival della retorica : Facta, non verba penduntur !
Sempre con stima e simpatia. Biasi (rifugiato in terra elvetica per motivi di incompatibilità culturale con il paese natio)
HAI APERTO UN OCCHIO ..... ORA DEVI APRIRE ANCHE L’ALTRO: Forza: VIVA LA CALABRIA, VIVA IL PATTO DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI, VIVA L’ITALIA!!! (M. saluti, fls)
IL NODO IRRISOLTO DELLA QUESTIONE MORALE di Massimo L. Salvatori (la Repubblica, 27.06.2006),
In un passo della Storia d’Italia dal 1871 al 1915 Croce - a commento delle clamorose vicende a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 dell’Ottocento legate allo scandalo della Banca Romana e ai suoi molteplici sviluppi politici e giudiziari che avevano profondamente turbato l’opinione pubblica, rivelando una vasta trama corruttiva la quale, una volta messo in luce il coinvolgimento di ambienti finanziari, uomini di governo, parlamentari, funzionari, giornalisti, si era conclusa con la riforma del disordinato sistema bancario grazie alla creazione della Banca d’Italia nel 1893 - scriveva quanto segue. Che i fenomeni corruttivi sono «cose di tutti i tempi e di tutti i paesi», che «in certi tempi e in certi paesi si addensano e scoppiano in modo grave», e che «il male vero si ha» quando essi «non danno luogo alla reazione della coscienza onesta, e al castigo e alla correzione». Croce riteneva che lo scandalo romano si fosse chiuso infine positivamente con la riforma bancaria, senza però mostrare sensibilità per il fatto che la magistratura, soggiacendo alle pressioni politiche, avesse ridotto l’opera della giustizia a un colabrodo. Il che aveva invece ben colto, proprio nel corso di quegli eventi, Giolitti, trascinato anch’egli nel ciclone. Il quale in un lettera rivolta al re Umberto I usò parole di amara lucidità, che sembrano davvero valere oggi come ieri, e che avrebbero potuto e dovuto essere riscritte pressoché ad ogni tornata degli scandali che hanno segnato la storia d’Italia: «L’assolutoria scandalosa di ladri di milioni ha fatto pur troppo una triste reputazione al nostro paese, e ha dimostrato alle classi povere che le leggi penali non raggiungono in Italia i grossi delinquenti. Ora si aggiungerà la prova che i grossi delinquenti in Italia, oltre ad essere assolti, possono con i milioni rubati far processare coloro che li avevano scoperti, denunciati e messi in carcere». Dal canto suo Cavallotti con la Lettera agli onesti di tutti i partiti del giugno 1895, denunciando quella che definiva l’apertura di una vera e propria "questione morale", apriva il primo capitolo di un libro destinato a non chiudersi più. Non poteva egli allora immaginare con il suo appello al fascio degli onesti di essere il precursore di un altro grande bardo della questione morale ovvero di Berlinguer, il quale quasi un secolo dopo, reagendo agli inizi degli anni ‘80 a quelle ondate devastanti e maleodoranti costituite dall’"affare Sindona", dalla bancarotta dei Caltagirone, dalla faccenda dell’Italcasse, dalle truffe dei petrolieri, dal bubbone della P2, avrebbe preso a invocare il governo degli "uomini capaci e onesti dei vari partiti e anche al di fuori di essi".
Ora a dichiarare che ci troviamo di fronte per l’ennesima volta alla questione morale è in prima linea il Presidente della Camera. Ciò che sta alle spalle di questa ultima denuncia è la fitta serie di scandali aventi per oggetto negli ultimi anni, per nominare solo le punte dell’iceberg, le vicende della Cirio, della Parmalat, del gruppo Previti, degli assalti alle banche da parte della compagnia dei "furbetti" con relative complicità in Banca d’Italia, delle società di calcio, della Rai, per arrivare alla tragicommedia degli ultimi Savoia. Tutto ciò avvenuto dopo i grandi atti di corruzione che Tangentopoli aveva portato alla luce: quella Tangentopoli che aveva rotto la tradizionale subalternità della maggior parte della magistratura al mondo dei mali affari, aveva fatto sperare in un profondo risanamento il quale è risultato nulla più se non una breve tregua prima che, dissipatasi l’illusione e superata la paura degli affaristi nel favorevole clima politico del centrodestra al governo, il fiume melmoso riprendesse il suo corso. Unico elemento controcorrente, bisogna dire, è stato il dato di grande significato che i giudici non hanno piegato la schiena, affrontando una lotta frontale con i potenti pronti sempre a seminare la corruzione e a pescare nel torbido. Dunque, la "questione morale" si presenta come il filo rosso di un’irrisolta questione nazionale. Le scene del teatro cambiano con lo scorrere del tempo, si aggiornano, ma lo sfondo, la sostanza è sempre la stessa. È l’intreccio tra affari e politica, tra dilagante mancanza del senso della legalità e disprezzo dell’etica pubblica, tra l’inesausta e patologica avidità di danaro comunque acquisito e l’uso di qualunque mezzo per ottenerlo. Ma alle spalle di tutto ciò sta, proprio come affermava Giolitti, la convinzione dei delinquenti di poter contare su una diffusa rete di complicità, di essere in grado di far valere gli opportuni ricatti in forza di grandi complicità e chiamate di correo, di riuscire a sfuggire alle giuste pene o comunque, quando inevitabile, di sottostare a pene modeste, lanciando il perverso messaggio che esiste una giustizia per i ricchi e una per i poveri. Così stando le cose, si vede bene che la questione morale è nella sua essenza una questione politica, che l’appello agli onesti è tanto necessario quanto insufficiente, che la piaga della corruzione la si può combattere unicamente per mezzo delle leggi, che le leggi non bastano se non vengono applicate con la forza capace di costituire davvero un deterrente. Il rinvigorirsi dell’etica privata e pubblica non sarà mai perseguibile senza gli esempi di giustizia che danno credibilità ai buoni propositi. E per questo ci pare di dover dire, in relazione ai progetti di amnistia, che un’amnistia a larghe intese che comprendesse anche i reati di corruzione, di saccheggio delle risorse comuni, rappresenterebbe un messaggio ulteriormente inquinante. Ci pensi il nuovo Guardasigilli, e ci pensi con lui la nuova maggioranza di governo.
CHE SIGNIFICA ESSERE CITTADINO-SOVRANO E CITTADINA-SOVRANA, E CHE VUOL DIRE FONDARSI SULLA COSTITUZIONE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI, O SULLA LEGGE DI "MAMMASANTISSIMA". Una e-mail (ricevuta oggi, 28.06.2006) di don Aldo Antonelli
UN NO GRANDE COME L’ITALIA
In seguito alla bellissima, fino a qualche giorno prima impensata e inimmaginabile vittoria del No al Referendum del 25 e 26 Giugno, più di qualcuno ha scritto che “il popolo italiano è cambiato”.
Non sono d’accordo. Direi piuttosto che quella che è cambiata è stata la nostra comprensione dell’Italia.
Sedotta ed abbandonata da coloro che invece di servirla se ne servono; costretta nei panni della Cenerentola di turno dai furbetti di quartiere e ladruncoli d’avventura; landa desertificata dalle scorrerie vandaliche dei potentati economici e politici; eravamo stati indotti, laudatores temporis acti, a vedere solo macerie là dove invece fermentavano nuovi germi di rinascita.
A nulla sono valsi i bombardamenti mediatici della reti televisive di B, le bugie strategiche dei vari Fini e Casini, i martellamenti populistici che spacciavano la riforma pasticciata e autoritaria di B e di Bossi come semplice riduzione del numero di Deputati e Senatori. L’Italia s’è desta ed in massa, in una percentuale mai più raggiunta in questi ultimi undici anni è accorsa alle urne per gridare forte il suo
NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!
Al Sud come al Nord, nelle piccole come nelle grandi città.
I cucinieri della disinformazione mediatica sono stati accontentati: i loro menù patinati sono stati rifiutati.
Ci si voleva far credere che la riforma imposta in maniera unilaterale e ricattatoria fosse un passo in avanti verso una maggiore democrazia, quand’invece risultava offensiva della libertà e dignità del parlamento, asservito al volere unico del Leader!
Nella inesistita campagna referendaria da nessuno è mai stato ricordato, nemmeno dalle sinistre, che l’essenziale di una costituzione è limitare il potere. E che la riforma BB faceva il contrario: aboliva il controllo. Basti pensare al ribaltone (inesistente in tutte le costituzioni del mondo). Nella riforma era fatto divieto di sciogliere una alleanza di potere, di fatto si imbavagliavano i partiti ad alleanze rigide e con questo si distruggeva il sistema parlamentare. Il paese sarebbe stato bloccato in continue votazioni: se dal voto non usciva una solida maggioranza, allora si tornava a votare; se una parte usciva dalla coalizione, allora si tornava a votare; se il governo si paralizzava, allora si tornava a votare...L’unico meccanismo permesso era il voto. Sarebbe stato come andare da un meccanico e sentirsi dire che a ogni guasto si deve ricomprare una macchina nuova.
La nostra Costituzione è giovane, una delle più giovani nel mondo occidentale....! E di una tale caratura da restare ancora inattuata.
Un esempio?
L’art. 34 della Costituzione dice: “i capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.”
E se non hanno mezzi?
Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo, che è il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo.
Dice così: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”!
Secondo questo articolo Berlusconi che si strappa le vesti perché un operaio aspira ad essere alla pari di altri, risulta essere, “lui”, incostituzionale!
Aldo Antonelli
UNA DIFFERENZA DI LANA .... CAPRINA.
Caro Biasi mi dispiace per te ... ma sei incapace di intendere la differenza che passa tra un cattolico che sostiene di essere figlio di Mammasantissima e "Dio" e un cristiano che dice di essere figlio del Dio di ’Maria’ e di ’Giuseppe’. Ora come puoi capire quello che ti ho detto (da tempo) e ti sto dicendo relativamente alla LEGGE di nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti, della COSTITUZIONE?! Questo è il problema: essere o non essere!!! Le radici della NOSTRA Costituzione sono cristiane, e non ’cattoliche’!!! Vedi tu, se questa è una questione di lana ... caprina!!!
M. cordialmente, Federico La Sala