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GAZA: disastro umanitario

FERMATE ISRAELE: "Non è possibile, non è decente che il Consiglio di sicurezza non intervenga". Un appello di Rossana Rossanda

martedì 31 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] Qui non si tratta di un eccesso di vendicatività, si tratta della volontà del governo di Ehud Olmert, in cui evidentemente sta anche il laburista Amir Peretz, di chiudere qualsiasi porta o dialogo di pace per togliere la Palestina come nazione dalla faccia del Medio Oriente. Politicamente parlando, è l’esatto reciproco del gruppo fondamentalista islamico [...]

Fermate Israele
di Rossana Rossanda*
Il sequestro di 64 parlamentari (...)

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> FERMATE ISRAELE: "Non è possibile, non è decente che il Consiglio di sicurezza non intervenga". Un appello di Rossana Rossanda

mercoledì 12 luglio 2006

Yael Dayan: «Sì ai caschi blu a Gaza» di Umberto De Giovannangeli *


«Israele farebbe bene a non lasciar cadere la proposta avanzata da Sari Nusseibeh: una forza internazionale di interposizione nella Striscia di Gaza non è una minaccia per noi israeliani ma sarebbe un’assunzione di responsabilità da parte di chi intende contribuire fattivamente a porre un freno all’escalation di violenza e ridare una chance al dialogo». A sostenerlo è Yael Dayan, scrittrice, più volte parlamentare laburista, figlia del generale Moshe Dayan, l’eroe della Guerra dei Sei giorni. «In questo momento - riflette Yael Dayan - la priorità assoluta deve essere data alla liberazione del soldato rapito, ma questo per me vuol dire che tutte le strade devono essere battute per raggiungere l’obiettivo, anche quella di uno scambio con detenuti palestinesi che non siano stati condannati per gravi atti di terrorismo».

Dalle colonne dell’Unità, Sari Nusseibeh, uno degli intellettuali palestinesi più impegnati nel dialogo, ha lanciato un appello all’Europa perché sia parte attiva della costituzione di una forza di interposizione da dislocare nella Striscia di Gaza. Come valuta questa proposta? «È una proposta da non lasciar cadere. Perché chiama la Comunità internazionale, a cominciare dagli Stati Uniti e dall’Europa, all’assunzione delle proprie responsabilità in questa area di crisi, ed anche perché cerca di dare una risposta concreta ad una situazione drammatica. Una risposta che non è giocata contro Israele ma è a favore di una coesistenza pacifica tra i due popoli. Ma perché ciò possa determinarsi abbiamo bisogno di un sostegno internazionale. Politico, economico e anche militare. La proposta di Nusseibeh va in questa direzione».

Olmert ha rigettato le critiche dell’Europa su un uso sproporzionato della forza da parte di Israele nell’offensiva militare lanciata nella Striscia. «Di nuovo c’è la tentazione di liquidare certe critiche come pretestuose, "filo-palestinesi", addirittura "anti-semite". Non sono d’accordo con Olmert. Sia chiaro: non intendo mettere in discussione il diritto-dovere di Israele di difendersi dagli attacchi terroristici. Ma questa difesa, del tutto legittima, non può spingersi sino al punto di mettere tra parentesi il rispetto dei diritti umani per ciò che concerne la popolazione civile palestinese. Mi rifiuto di considerare inevitabili "danni collaterali" ad una giusta operazione militare, l’uccisione di civili. Si tratta di un problema politico che non può essere scaricato sui vertici militari né tanto meno sui soldati impegnati nelle operazioni sul campo».

Torniamo alla proposta di Sari Nusseibeh. C’è chi in Israele si è sempre rifiutato di accettare la presenza di una forza di interposizione ritenendola una ingerenza. «Ben venga una tale "ingerenza" se può salvare vite umane, di palestinesi e israeliani. D’altro canto, Israele non ha più, dall’estate scorsa, insediamenti nella Striscia. Ci siamo ritirati sui confini internazionali. Dove sarebbe dunque questa "ingerenza"? Nel mondo ci sono decine di missioni di "peace-keeping" che vedono la presenza sul campo di forze americane, europee, asiatiche.... Qualcuno mi deve convincere che a Gaza oggi non ci sia necessità di ristabilire le condizioni minime di sicurezza...".

Israele ha dichiarato guerra al "governo terrorista" di Hamas, arrestando ministri e parlamentari. «Anche su questo concordo con Sari Nusseibeh: Israele sta facendo di politici di mezza tacca, che stavano fallendo nella loro funzione di governo, degli eroi della resistenza all’occupazione israeliana agli occhi della gente palestinese. "Martirizzando" Hamas non si favorisce la leadership moderata di Abu Mazen, ma si ottiene il risultato opposto».

Olmert non è di questo avviso. «Guardiamo ai fatti: abbiamo eliminato il fondatore di Hamas (lo sceicco Ahmed Yassin); abbiamo fatto fuori il suo successore (Abdel Aziz Rantisi), possiamo anche colpire Khaled Mashaal (il leader di Hamas in esilio a Damasco, ndr.) ma questa pratica non ha portato all’indebolimento di Hamas, semmai ne ha rafforzato la presenza e i consensi in ogni ambito della società palestinese».

C’è ancora uno spazio per la speranza? «Smettere di sperare è consegnarsi anima e corpo ai signori della guerra, a coloro che vogliono tenere in ostaggio il nostro presente e il nostro futuro. Non mi considero una sognatrice idealista, penso invece di essere una persona pragmatica, come lo era Yitzhak Rabin. E come lui continuo a credere che Israele non può realizzare il suo sacrosanto diritto alla sicurezza contando solo sulla propria forza militare. Questa forza va messa al servizio di una strategia politica. Una strategia di pace».


* WWW.UNITA.IT, Pubblicato il 12.07.06


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