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ECCLESIA DE EUCHARISTIA (Giovanni Paolo II, 2003). Il cristianesimo non è un "cattolicismo": il ’cattolicesimo’ è morto.

INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - di Federico La Sala

Il "Dio" dei nostri ’padri’ e delle nostre ’madri’ è il "Dio" dei viventi, non dei morti !!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA!!!
domenica 1 maggio 2011
[...] Che Egli viva in eterno, nella verità e nella pace - e nella memoria e nel cuore del nostro tempestoso presente storico, in lotta per portare alla luce una nuova - e più degna di noi stessi e di noi stesse - concezione dell’umano e del divino [...]
“DUE COLOMBI”, “DUE SOLI”. A KAROL J. WOJTYLA - GIOVANNI PAOLO II, in memoriam (03.04.2005)
GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro (...)

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> INDIETRO NON SI TORNA: GIOVANNI PAOLO II, L’ULTIMO PAPA. PER IL DIALOGO A TUTTI I LIVELLI: UT UNUM SINT. Un omaggio a WOJTYLA: UN CAMPIONE "OLIMPIONICO", GRANDISSIMO. W o ITALY !!! - ---Wojtyla, tre anni dopo (di Marco Tosatti).

sabato 5 aprile 2008

Wojtyla, tre anni dopo

Il 2 aprile del 2005 moriva Giovanni Paolo II. Nei giorni seguenti milioni di persone giunsero da ovunque per l’ultimo saluto.

di MARCO TOSATTI *

Tre anni fa la sua morte ha toccato molti cuori. Le vie della conoscenza interiore non sono razionali; “ho pianto, e ho creduto”: così racconta la sua conversione, nelle “Memorie d’oltretomba”, Francois René de Chateaubriand. Le lacrime, la commozione, aprono spesso spiragli, finestre sulle realtà non materiali; e così è stato allora, almeno a leggere le testimonianze che molte persone inviano al sito della Causa di beatificazione. Giovanni Paolo II nella sua parabola da pontefice atletico e vigoroso a immagine quotidiana dello sforzo e della sofferenza aveva piano piano conquistato la simpatia del mondo. La sua evidente fragilità smorzò avversioni e ostilità. E la battaglia combattuta contro la guerra in Iraq, mentre già si avviava alla fine, gli guadagnò anche la simpatia di chi da sinistra per la chiesa non dimostra tenerezza. Abbiamo tutti vissuto gli anni che andavano dal 2000 al 2005 in un eccesso di emozione, spiando ogni passo stentato, tremando quando sembrava barcollare. L’attenzione era focalizzata su di lui, più che sul suo messaggio. Che è rimasto lo stesso, senza sconti e cambiamenti, dal 1978 in poi, fino alla morte. E così si è ripetuto un fenomeno già visto in passato, specialmente per Paolo VI.

Molte persone che adesso rimpiangono Giovanni Paolo II, e che assistevano attonite, ma silenziose, all’”eccesso” di umanizzazione provocato in lui dalla sofferenza, sembrano provare vergogna, adesso, e mostrano nei confronti della Chiesa una severità straordinaria. Quasi volessero farsi perdonare quei momenti di debolezza sentimentale dell’aprile 2005. Ne fa le spese l’amico e la “spalla” teologica di Giovanni Paolo II: Joseph Ratzinger, che vivo Karol, si addossava l’amaro delle decisioni condivise, e il ruolo di “cattivo”. Adesso si trova a difendere il messaggio di prima, il messaggio di sempre della chiesa, senza lo schermo dell’umana simpatia di Karol. Anziano anch’egli, e, forse, sofferente anch’egli, sia pure in maniera diversa. Karol Wojtyla pensava che la sua malattia, esposta, fosse una forma di evangelizzazione. Joseph, più timido, ha una visione diversa dei ruoli, privato e pubblico, del Papa. Certo; ci manca, Giovanni Paolo II. Forse questo può essere lo spunto per riflettere su quanto sia fragile la nostra razionalità, se emozioni superficiali come simpatia o antipatia, ci nascondono il senso profondo dei messaggi.

Ecco il testo dell’omelia che Benedetto XVI pronuncia nella messa in San Pietro nei tre anni dalla morte:

CAPPELLA PAPALE NEL TERZO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PAOLO II

Questa mattina, alle ore 10.30, il Santo Padre Benedetto XVI presiede, sul sagrato della Basilica Vaticana, la celebrazione della Santa Messa con i Cardinali nel III anniversario della morte del Servo di Dio il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Celebrazione Eucaristica.

"Cari fratelli e sorelle! La data del 2 aprile è rimasta impressa nella memoria della Chiesa come il giorno della partenza da questo mondo del servo di Dio Papa Giovanni Paolo II. Riviviamo con emozione le ore di quel sabato sera, quando la notizia della morte fu accolta da una grande folla in preghiera che gremiva Piazza San Pietro. Per diversi giorni la Basilica Vaticana e questa Piazza sono state davvero il cuore del mondo. Un fiume ininterrotto di pellegrini rese omaggio alla salma del venerato Pontefice e i suoi funerali segnarono un’ulteriore testimonianza della stima e dell’affetto, che egli aveva conquistato nell’animo di tantissimi credenti e di persone d’ogni parte della terra.

Come tre anni fa, anche oggi non è passato molto tempo dalla Pasqua. Il cuore della Chiesa è ancora profondamente immerso nel mistero della Risurrezione del Signore. In verità, possiamo leggere tutta la vita del mio amato Predecessore, in particolare il suo ministero petrino, nel segno del Cristo Risorto. Egli nutriva una fede straordinaria in Lui, e con Lui intratteneva una conversazione intima, singolare e ininterrotta. Tra le tante qualità umane e soprannaturali, aveva infatti anche quella di un’eccezionale sensibilità spirituale e mistica. Bastava osservarlo quando pregava: si immergeva letteralmente in Dio e sembrava che tutto il resto in quei momenti gli fosse estraneo. Le celebrazioni liturgiche lo vedevano attento al mistero-in-atto, con una spiccata capacità di cogliere l’eloquenza della Parola di Dio nel divenire della storia, al livello profondo del disegno di Dio. La Santa Messa, come spesso ha ripetuto, era per lui il centro di ogni giornata e dell’intera esistenza. La realtà "viva e santa" dell’Eucaristia gli dava l’energia spirituale per guidare il Popolo di Dio nel cammino della storia. Giovanni Paolo II si è spento alla vigilia della seconda Domenica di Pasqua; al compiersi del "giorno che ha fatto il Signore". La sua agonia si è svolta tutta entro questo "giorno", in questo spazio-tempo nuovo che è l’"ottavo giorno", voluto dalla Santissima Trinità mediante l’opera del Verbo incarnato, morto e risorto. In questa dimensione spirituale il Papa Giovanni Paolo II più volte ha dato prova di trovarsi in qualche modo immerso già prima, durante la sua vita, e specialmente nell’adempimento della missione di Sommo Pontefice. Il suo pontificato, nel suo insieme e in tanti momenti specifici, ci appare infatti come un segno e una testimonianza della Risurrezione di Cristo. Il dinamismo pasquale, che ha reso l’esistenza di Giovanni Paolo II una risposta totale alla chiamata del Signore, non poteva esprimersi senza partecipazione alle sofferenze e alla morte del divino Maestro e Redentore. "Certa è questa parola - afferma l’apostolo Paolo - se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo" (2 Tm 2,11-12).

Fin da bambino, Karol Wojty³a aveva sperimentato la verità di queste parole, incontrando sul suo cammino la croce, nella sua famiglia e nel suo popolo. Egli decise ben presto di portarla insieme con Gesù, seguendo le sue orme. Volle essere suo fedele servitore fino ad accogliere la chiamata al sacerdozio come dono ed impegno di tutta la vita. Con Lui visse e con Lui volle anche morire. E tutto ciò attraverso la singolare mediazione di Maria Santissima, Madre della Chiesa, Madre del Redentore intimamente e fattivamente associata al suo mistero salvifico di morte e risurrezione. Ci guidano in questa riflessione rievocativa le Letture bibliche appena proclamate: "Non abbiate paura, voi!" (Mt 28,5). Le parole dell’angelo della risurrezione, rivolte alle donne presso il sepolcro vuoto, che ora abbiamo ascoltato, sono diventate una specie di motto sulle labbra del Papa Giovanni Paolo II, fin dal solenne inizio del suo ministero petrino. Le ha ripetute più volte alla Chiesa e all’umanità in cammino verso il 2000, e poi attraverso quello storico traguardo e ancora oltre, all’alba del terzo millennio. Le ha pronunciate sempre con inflessibile fermezza, dapprima brandendo il bastone pastorale culminante nella Croce e poi, quando le energie fisiche andavano scemando, quasi aggrappandosi ad esso, fino a quell’ultimo Venerdì Santo, in cui partecipò alla Via Crucis dalla Cappella privata stringendo tra le braccia la Croce. Non possiamo dimenticare quella sua ultima e silenziosa testimonianza di amore a Gesù. Anche quella eloquente scena di umana sofferenza e di fede, in quell’ultimo Venerdì Santo, indicava ai credenti e al mondo il segreto di tutta la vita cristiana. Il suo "Non abbiate paura" non era fondato sulle forze umane, né sui successi ottenuti, ma solamente sulla Parola di Dio, sulla Croce e sulla Risurrezione di Cristo.

Via via che egli veniva spogliato di tutto, da ultimo anche della stessa parola, questo affidamento a Cristo è apparso con crescente evidenza. Come accadde a Gesù, pure per Giovanni Paolo II alla fine le parole hanno lasciato il posto all’estremo sacrificio, al dono di sé. E la morte è stata il sigillo di un’esistenza tutta donata a Cristo, a Lui conformata anche fisicamente nei tratti della sofferenza e dell’abbandono fiducioso nella braccia del Padre celeste. "Lasciate che vada al Padre", queste - testimonia chi gli fu vicino - furono le sue ultime parole, a compimento di una vita totalmente protesa a conoscere e contemplare il volto del Signore. Venerati e cari fratelli, vi ringrazio tutti per esservi uniti a me in questa santa Messa di suffragio per l’amato Giovanni Paolo II.

Un pensiero particolare rivolgo ai partecipanti al primo Congresso mondiale sulla Divina Misericordia, che inizia proprio oggi, e che intende approfondire il suo ricco magistero su questo tema. La misericordia di Dio - lo disse egli stesso - è una chiave di lettura privilegiata del suo pontificato. Egli voleva che il messaggio dell’amore misericordioso di Dio raggiungesse tutti gli uomini ed esortava i fedeli ad esserne testimoni (cfr Omelia a Cracovia-£agiewniki, 18.8.2002). Per questo volle elevare all’onore degli altari suor Faustina Kowalska, umile Suora divenuta per un misterioso disegno divino messaggera profetica della Divina Misericordia. Il servo di Dio Giovanni Paolo II aveva conosciuto e vissuto personalmente le immani tragedie del XX secolo, e per molto tempo si domandò che cosa potesse arginare la marea del male. La risposta non poteva trovarsi che nell’amore di Dio. Solo la Divina Misericordia è infatti in grado di porre un limite al male; solo l’amore onnipotente di Dio può sconfiggere la prepotenza dei malvagi e il potere distruttivo dell’egoismo e dell’odio. Per questo, durante l’ultima visita in Polonia, tornando nella sua terra natale ebbe a dire: "Non c’è altra fonte di speranza per l’uomo che la misericordia di Dio" (ibid.).

Rendiamo grazie al Signore per aver donato alla Chiesa questo suo fedele e coraggioso servitore. Lodiamo e benediciamo la Beata Vergine Maria per avere vegliato incessantemente sulla sua persona e sul suo ministero, a beneficio del Popolo cristiano e dell’intera umanità. E mentre offriamo per la sua anima eletta il Sacrificio redentore, lo preghiamo di continuare a intercedere dal Cielo per ciascuno di noi, per me in modo speciale, che la Provvidenza ha chiamato a raccogliere la sua inestimabile eredità spirituale. Possa la Chiesa, seguendone gli insegnamenti e gli esempi, proseguire fedelmente e senza compromessi la sua missione evangelizzatrice, diffondendo senza stancarsi l’amore misericordioso di Cristo, sorgente di vera pace per il mondo intero". [Testo originale: Italiano]

* La Stampa/ Blog: San Pietro e dintorni di Marco Tosatti, 1/4/2008.


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