Le associazioni omosessuali contro il brano presentato dal cantante
nel quale si racconta di un ragazzo che torna etero e ritrova la felicità
"Tutti a Sanremo contro Povia"
Sul festival la protesta dei gay
Il presidente Arcigay: "Teorie vaneggianti sostenute dagli integralisti cattolici" D’Gay Project: "Solo in Italia questo livello di ignorante provocazione"
di ALESSANDRA VITALI *
ROMA - Una marcia arrabbiata ma allegra e soprattutto felice, per dimostrare che ciò l’equazione gay=infelicità, cantata da Povia in Luca era gay, brano dello scandalo che porterà al prossimo Festival di Sanremo, non ha alcun fondamento. Le associazioni degli omosessuali non ci stanno. E annunciano un presidio a Sanremo, proprio in occasione della manifestazione canora. Appuntamento il 21 febbraio per dare una risposta, come spiega l’Arcigay, "alle vaneggianti teorie per cui si diventa omosessuali a causa di genitori iperprotettivi o assenti, o perché si incontrano anziani pedofili, stupidità e luoghi comuni - si legge in un comunicato dell’associazione - sostenuti dal cantante Povia e dai gruppi integralisti cattolici".
Sulla stessa linea il presidente di Di’Gay Project, Imma Battaglia: "Sa Povia quanti erano etero e poi si sono dichiarati gay? E lì, che fa, dice che erano infelici prima o dopo? Solo in Italia si può assistere a un livello così basso di ignorante provocazione. E Sanremo si presta, per motivi di audience a basso costo. Mentre noi dobbiamo confrontarci con la libertà di espressione. Povia sia libero di dire ciò che vuole - conclude Battaglia - tanto la sua resta solo una canzonetta. Per noi, essere gay significa essere felici."
"Il 21, serata di chiusura del Festival, ci saremo sicuramente - dice il presidente dell’Arcigay, Aurelio Mancuso - ma non escludiamo la nostra presenza anche negli altri giorni della kermesse. Abbiamo un sacco di idee, c’è grande fermento su Facebook e fra le associazioni perché la comunità omosessuale è sinceramente inorridita".
Inorridita per una canzone che fin dal titolo, Luca era gay, lascia intendere che l’omosessualità si può considerare una malattia, un incidente, una deviazione dal percorso dalla quale si torna indietro. E se a un uomo un altro uomo può dare l’amore, non sarà mai pari alla felicità che una donna saprà regalargli.
"Sbaglia chi considera la nostra portesta una forma di censura, noi non vogliamo censurare nessuno - insiste Mancuso - vogliamo solo ristabilire la verità scientifica, perché fino ad oggi nessuno ce ne ha data l’opportunità. Io sono andato a Porta a porta - racconta - mi hanno fatto un’intervista di due minuti infilata in un ’panino’, con Bonolis e lo stesso Povia in studio, nel quale mi hanno massacrato, fatto passare per un poveretto. Non è questo il compito del servizio pubblico".
Che si tratti di un’operazione commerciale è chiaro a tutti, "si deve sapere che è un’operazione che viene fatta sulle spalle della gente, non tanto gli omosessuali che vivono serenamente la loro vita, ma quelli che ancora hanno problemi, non riescono a dirlo ai genitori, non possono vivere alla luce del sole la loro sessualità. Questo è l’aspetto grave dell’operazione - continua il presidente dell’Arcigay - una presa in giro, dire che chi è gay è infelice e che l’unica felicità sta nell’eterosessualità".
Quanto alle forme della protesta, "ci stiamo pensando, abbiamo un sacco di idee, ma quel che conta è che passi il messaggio che non vogliamo fare una battaglia di casta. Se invece che Luca era gay, il titolo fosse stato Luca era ebreo o Luca era negro, che cosa sarebbe successo? E invece niente, politici, intellettuali, tutti zitti. Si dica, piuttosto, che le persone sono infelici per il clima che si respira nel paese, altro che gay o etero...".
* la Repubblica, 21 gennaio 2009