Inviare un messaggio

In risposta a:

SOGNO E PENSIERO. SOGNO, DUNQUE SONO CREATIVO

mercoledì 10 giugno 2009
Ansa» 2009-06-08 22:59
DOPO UN SOGNO CI SVEGLIAMO PIU’ CREATIVI
ROMA - I sogni sono un propulsore della creatività, del pensiero creativo che porta alla soluzione ai problemi, infatti è durante la fase REM del sonno, quella in cui si sogna appunto, che il nostro cervello massimizza le sue (...)

In risposta a:

> SOGNO E PENSIERO. SOGNO, DUNQUE SONO CREATIVO ---- Scoperta in Usa: la vera attività onirica inizia a 5 anni. Solo nel 20% dei piccoli il sonno è animato da qualche scena. Quasi mai d’azione. Le prime storie interessanti arrivano dopo (di Elena Dusi)

sabato 6 febbraio 2010


-  Piccoli sogni crescono assenti nei bimbi si formano con l’età

-  Scoperta in Usa: la vera attività onirica inizia a 5 anni

-  Solo nel 20% dei piccoli il sonno è animato da qualche scena. Quasi mai d’azione. Le prime storie interessanti arrivano dopo

-  di Elena Dusi (la Repubblica, 25.01.2010)

ROMA - Anche a sognare si impara. Le trame piene di azioni ed emozioni non sono affare da bambini ma si costruiscono solo crescendo. Nonostante quel che si immagina osservando le smorfie o i movimenti del corpo, le notti dei piccoli sono calme e placide come specchi d’acqua senza vento. E ai genitori svegliati da pianti o resoconti di incubi i neuroscienziati spiegano che non dal sonno quelle paure scaturiscono, ma da stati incompleti di veglia in cui i piccoli si ritrovano confusi e disorientati.

Allo sviluppo dell’attività onirica nei bambini dedicano un capitolo Giulio Tononi e Yuval Nir, del dipartimento di psichiatria dell’università del Wisconsin a Madison, in uno studio più generale sulla natura dei sogni pubblicato dalla rivista Trends in cognitive sciences. Prima di elaborare scene ricche di movimenti, colori, interazioni ed emozioni, secondo i ricercatori, un bambino deve aver sviluppato le proprie capacità cognitive e arricchito la propria immaginazione. E questo avverrebbe attorno ai 7 anni di età.

Il pioniere degli studi sui sogni nell’infanzia fu lo psicologo americano David Foulkes che con infinita pazienza passò gli anni ’80 e ’90 a svegliare bimbi in piena notte nel suo laboratorio per farsi raccontare tra uno stropicciamento di occhi e un mugugno cosa stavano sognando. Fu lui il primo a stupirsi del fatto che, mentre gli adulti hanno quasi sempre una scena bizzarra da ricordare se svegliati durante la fase Rem (quella in cui si concentra l’attività onirica), solo il 20 per cento dei bambini riferiva di aver avuto un sogno in corso fino a un attimo prima.

«La natura statica dei sogni prima dell’età scolare - scrivono Tononi e Nir - si accorda con la difficoltà di pensare gli oggetti durante le rotazioni o le trasformazioni in genere» e con «lo sviluppo incompleto della facoltà di immaginazione, in particolare di quella visuale e spaziale». La mancanza di un vocabolario adatto a descrivere la bizzarria dei sogni o la scarsa voglia di collaborare con quel signore col camice bianco che li ha svegliati sul più bello del riposo non bastano a spiegare, secondo i ricercatori di Madison, perché i più piccoli non abbiano quasi mai sogni da raccontare.

I sogni piuttosto crescono insieme ai bambini. Fino a 5 anni le scene sono fisse e i protagonisti immobili. Nel sogno appare magari un animale, o si ha desiderio di mangiare. Le emozioni sono assenti, come pure le interazioni fra i personaggi. I ricordi delle giornate trascorse non bussano alle porte della notte e i bambini non riferiscono mai scene di aggressione, situazioni spiacevoli, paura o altre emozioni.

È a partire dai 5 anni che i sogni cominciano ad avere una trama, ancora molto banale. I protagonisti si muovono e scambiano qualche parola. Ma la frequenza degli episodi onirici è ancora bassa, lontana da quell’80-90 per cento registrata negli adulti svegliati durante il sonno Rem, anche fra coloro che sono convinti di non sognare mai semplicemente perché al mattino la memoria ha perso ogni traccia della movimentata vita notturna del cervello.

L’incapacità dei bambini di sognare scene complesse fa pensare a Tononi e Nir che neanche gli animali sappiano elaborare trame di caccia, corsa o avventurosi salti fra gli alberi. E che la loro attività onirica si limiti piuttosto a scene semplici e prive di azione. Nelle persone che hanno perso la vista invece (purché questo sia avvenuto dopo i 5-7 anni di età) le immagini e gli oggetti registrati durante l’infanzia tornano per tutte le notti della vita a riproporsi nella corteccia visiva, come se gli occhi non avessero perso la loro funzione.

I piccoli sognatori cominciano ad avere storie interessanti da raccontare a partire dai 7 anni. Ecco allora affacciarsi le emozioni nelle loro notti. I bambini in sogno si ritrovano a pensare, provano gioie o paure. Rivivono episodi avvenuti durante la giornata o ripescati dalla memoria autobiografica. E diventano finalmente protagonisti di trame sempre più colorate, complicate e - come in ogni sogno che si rispetti - bizzarre e divertentissime da raccontare.


la Repubblica, 25.01.2010

Giulio Tononi, neuroscienziato dell’Università del Wisconsin

"Di notte il film d’un regista maldestro che ci saccheggia il fondo del cervello"

La corteccia cerebrale "suggerisce" un tema, per esempio la paura, e lì parte un’elaborazione piuttosto disorganizzata

di e. d.

ROMA - Dai tempi di Aristotele l’uomo scrive e si interroga sulla natura dei sogni. E per Giulio Tononi, neuroscienziato dell’università del Wisconsin, oggi disponiamo dei mezzi tecnici per svelare molti dei suoi misteri. «Mi occupo di sonno e di studi sulla coscienza» spiega. «E il sogno si trova esattamente all’incrocio fra questi due mondi».

Qual è il nesso fra sonno e coscienza?

«Prendiamo la fase del sonno a onde lente all’inizio della notte. Se qualcuno ci sveglia non abbiamo nulla da dire, da ricordare. Non c’eravamo, avevamo perso coscienza. Durante l’attività onirica invece, tipica ma non esclusiva del sonno Rem, il cervello genera un intero universo di esperienze coscienti. E tutto questo pur essendo disconnesso dalla realtà esterna».

Il cervello non risponde agli stimoli ma la coscienza funziona.

«Esatto, e ancora non sappiamo perché e in che modo questo avvenga. Abbiamo sperimentato che mantenendo le palpebre aperte in una persona che dorme e proiettando un film, le immagini vengono percepite dagli occhi e sono trasportate dai nervi ottici fino alla corteccia cerebrale. Ma lì si bloccano. Perché? Quale interruttore entra in funzione? È uno dei misteri più affascinanti del sonno, e speriamo di potervi rispondere presto».

L’altra domanda che affrontate è quale sia la sorgente dei sogni.

«Esistono due idee generali. La prima è che dalla parte profonda del cervello partano degli stimoli sensoriali piuttosto disordinati verso la corteccia, e che questa faccia il possibile per dare un’interpretazione a questi segnali. La seconda ipotesi, per la quale io propendo e che nasce dalle teorie di Freud, prevede che sia la corteccia a "suggerire" un tema che le sta molto a cuore. La paura, per esempio. E da lì un regista piuttosto disorganizzato cerchi di mettere insieme un film con gli elementi più disparati presi dalle aree profonde del cervello».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: