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VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. Benedetto XVI, il papa teologo, ha gettato via la "pietra" su cui posava l’intera Costruzione ... e anche la maschera!

giovedì 18 ottobre 2018
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AL DI LA’ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO: "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio (...)

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> VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. ---- Cosa non funziona nel Pontificato ratzingeriano? Franco Garelli, sociologo cattolico, ne parla con Marco Politi.

giovedì 29 aprile 2010

Se la Chiesa non coinvolge più. Un giovane su due non è cattolico

“La Chiesa di Benedetto XVI è troppo occidentale, si presta poca attenzione al resto del mondo”

Il sociologo Garelli: Ratzinger è distaccato e impolitico

di Marco Politi (il Fatto, 29.04.2010)

Cinque anni dopo il 19 aprile 2005, che segnò l’avvento di Benedetto XVI, un giovane italiano su due respinge la qualifica di cattolico. Segno di crescente disaffezione. Ancora nel 2004 si dichiaravano cristiano-cattolici i due terzi della gioventù. Certo, sono processi di lungo periodo, ma l’indagine realizzata dall’Istituto Iard rivela che il Pontificato di Ratzinger non è riuscito a contrastare l’allontanamento dei giovani dalla Chiesa. E proprio in quell’Italia, che è direttamente sottoposta alla sua giurisdizione pastorale. Anzi, c’è motivo di credere che l’abbia favorito.

Il quinquennio passato è quello di una “Chiesa del no” che, sull’onda dei cosiddetti principi non negoziabili stabiliti da Benedetto XVI, ha impedito la riforma delle legge sulla procreazione assistita per consentire ad una madre di non partorire un bimbo già condannato in partenza alla morte, ha combattuto una legge sulle coppie di fatto, ha vietato le unioni gay, ha bloccato l’autodeterminazione del paziente nel testamento biologico. Tematiche a cui le giovani generazioni sono sensibili.

Cosa non funziona nel Pontificato ratzingeriano? Franco Garelli, sociologo cattolico che per conto della Cei ha realizzato importanti inchieste sulla religiosità in Italia, preferisce partire da un dato positivo. “Nel caso degli abusi sessuali del clero Benedetto XVI - dice - sta proiettando l’immagine di un capo della Chiesa che vuole fare pulizia, non ha paura di tagli drastici, non demorde e caccia i colpevoli”.

Però questo è solo un aspetto. Nel suo svolgersi il quinquennio ratzingeriano ha mostrato di oscillare in diverse direzioni. Questo Papa, spiega, “genera ammirazione e preoccupazione, governa più con i dossier che attraverso uno spirito collegiale, è il Pontefice della chiarezza dottrinale, della ripresa della memoria e della tradizione, ma al tempo stesso - enfatizzando l’esclusività della fede cristiana - isola la Chiesa, poiché la propone come portatrice di un’unica verità e non la presenta come ponte verso le altre religioni e i non credenti”.

Non è per fare paragoni astratti con il predecessore, però chi osserva il procedere della Chiesa non può fare a meno di notare che “Wojtyla era un leader carismatico, Ratzinger è più teologo. Wojtyla creava movimento, Ratzinger crea riflessività. In Wojtyla il tradizionalismo era contemperato da segni affettivi, Benedetto XVI è più normativo, definitorio, distaccato. Non produce coinvolgimento o almeno non in maniera maggioritaria”.

Alla fine - a parte la battaglia determinata sulla pedofilia - l’impressione è quella di una Chiesa statica. Con una caratteristica specifica: “Si avverte una debolezza del governo istituzionale, spesso più del consenso prevale l’ossequio”. E soprattutto, questo “è un Papa impolitico”.

Se si chiede a Garelli quali siano i problemi insoluti del Pontificato, ne elenca alcuni: tutti legati al rapporto fra Chiesa e società. “La Chiesa - sostiene - deve affrontare finalmente la questione dei divorziati risposati. Dopo il concilio Vaticano II è impensabile non affrontare questo tema nel mondo contemporaneo”. E’ una cosa, d’altronde, che sanno tutti i parroci. Quelli che più soffrono della proibizione di non prendere la comunione, che vale tassativamente per ogni divorziato risposato (a parte le guasconate di Berlusconi, per il quale c’è sempre si trova sempre un prelato pronto a perdonarlo), sono proprio i cattolici più sinceri e più impegnati nella vita ecclesiale.

Seconda questione, il celibato dei preti. Garelli come tanti altri respinge totalmente ogni connessione tra abusi sessuali e castità richiesta al clero. Il problema non è questo. Si tratta, molto semplicemente, che “il celibato dei sacerdoti deve essere volontario”.

Su un piano più generale il sociologo mette il dito sul vero punto dolente del Pontificato. La mancata riforma dell’assolutismo monarchico della Chiesa cattolica. Riforma che già con Giovanni Paolo II era matura (e la cui assenza era appena mascherata dall’attivismo wojtyliano e dalle novità del suo pontificato) e che con Benedetto XVI si sta manifestando sempre più improcrastinabile. Garelli, non da oggi - e lo fa capire ogni volta che lo invitano a partecipare ai grandi convegni decennali della Chiesa italiana - è un convinto sostenitore della “collegialità”. Cioè della partecipazione dei vescovi al governo della Chiesa universale. E altrettanto convintamente ritiene che il “laicato nella Chiesa deve partecipare davvero alla progettazione della missione pastorale e non servire solo da supporto”.

“La collegialità - sottolinea - ha un valore teologico e sociale. Il cardinale Martini l’ha richiamata spesso come punto qualificante. E’ necessario creare le condizioni affinchè nella Chiesa vi sia circolarità di idee. Bisogna prestare attenzione alle situazioni diverse ed è importante accettare l’unità nella diversità. Così come è necessario spingere i vescovi a riflettere insieme”.

Di pari passo è urgente superare l’“afonia dei laici”, cioè la situazione per cui i fedeli non sono mai consultati e chiamati alla progettazione della nuova evangelizzazione. Colpa, certamente, anche di tanti esponenti cattolici che non aprono bocca, perché “hanno meno coraggio delle generazioni precedenti”, e quindi il laicato cattolico in Italia si presenta sempre “allineato e coperto”. Di fatto clero e alte gerarchie parlano solo loro e i media, a loro volta, prestano attenzione solo a loro.

Eppure dal corpo della Chiesa salgono richieste diverse. “I fedeli - racconta Garelli che tante volte è andato a misurare sul campo il polso del cattolicesimo italiano - chiedono più ascolto e confidenza. Vorrebbero una Chiesa che sappia parlare un linguaggio spirituale più attento alle condizioni di vita e alle ragioni umane. Una Chiesa più in ricerca, capace di accompagnarli nelle loro vicende umane piuttosto che pronunciare verità e definizioni”. E quando non accade? “Se non trovano risposte, si chiudono, tacciono o vanno altrove”.

Certo, non va sottovalutato il segno dei tempi di uno stile di vita dilagante che mira solo ai consumi, alla scalata sociale, all’edonismo. “La cultura televisiva del Grande Fratello - confessa Garelli - depotenzia qualsiasi impegno religioso, politico o culturale, depotenzia destra e sinistra!”.

Gli chiedo, ora che inizia l’anno sesto di Papa Ratzinger, quale sia un altro punto critico del pontificato. Risponde: “Porre il baricentro nell’Occidente e prestare poca attenzione al cattolicesimo mondiale, che si nutre di culture non occidentali”. Intanto dal 2000 al 2008 le vocazioni sacerdotali in Europa sono cadute di un altro 7 per cento.


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