La politica secondo Freud
di Fabio Della Pergola, risponde Luigi Cancrini
Il filosofo francese Onfray ha suscitato scalpore in Francia per il suo attacco all’icona Freud. Elisabeth Roudinesco continua invece ad accreditarlo al campo progressista, separando il suo pensiero dalle sue simpatie politiche verso la destra che in quegli anni preparava l’avvento di fascismo e nazismo.
RISPOSTA Freud, come molti scienziati del suo tempo, non si è mai interessato alle lotte di partito. Sul piano politico, tuttavia, ha espresso idee importanti sulla follia della guerra (efficacemente riassunte in uno scambio di lettere con Einstein) e sui rischi collegati alla mobilitazione emozionale del grande gruppo. Chi visita la casa in cui lavorò a Vienna si incontra ancora oggi con i pensieri suscitati, in un uomo saggio e tranquillo, dalla cerimonia dell’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Reich, i cui echi arrivavano fino alla sua finestra: dolorose riflessioni suscitando sulla regressione della folla che acclamava il discorso delirante di Hitler. Malato e distrutto dalla consapevolezza amara del disastro cui il mondo stava andando incontro, Freud fu aiutato a fuggire verso Parigi e Londra pochi giorni dopo. La testimonianza più semplice e più chiara del valore progressista del suo pensiero, del resto, al di là di quello che ne pensa un dissacratore professionale come Onfray, è quella del rogo in cui i nazisti cercarono inutilmente di distruggere quello che lui aveva capito e scritto sull’uomo e sul funzionamento della mente umana.
* l’Unitą. 10.05.2010