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MICHEL ONFRAY, QUANTE SCIOCCHEZZE CONTRO FREUD!!! Una nota di Bruno Gravagnuolo

lunedì 10 maggio 2010
Onfray: un bigotto anti Freud
di Bruno Gravagnuolo (l’Unità, 05.05.2010)
Ma quante sciocchezze scrive il «filosofo» Michel Onfray nel suo ultimo saggio su Freud! Se non fosse che Onfray è ben noto per la sua «specialità» scandalismo pruriginoso e distruttivo si potrebbe parlare di un vero e (...)

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> MICHEL ONFRAY, QUANTE SCIOCCHEZZE CONTRO FREUD!!! --- Esce il libro. L’accusa di Onfray: "un impostore", la difesa degli allievi: "Solo gossip" (di Luciana Sica).

venerdì 8 aprile 2011


-  Esce il libro scritto dal filosofo contro il padre della psicanalisi.
-  Ecco le sue parole e le risposte degli studiosi italiani

-  L’attacco: "Era un inventore di casi clinici, un depressivo e un antisemita"

-  L’accusa di Onfray: "un impostore"
-  la difesa degli allievi: "Solo gossip"

-  Le repliche: "La nostra disciplina non avrà cambiato il mondo ma può aiutare le persone"

di Luciana Sica (la Repubblica, 08.04.2011)

Con vena iconoclasta il filosofo francese Michel Onfray ha scritto un libro di seicento pagine per dire che Freud è stato un borghese reazionario, bugiardo, falsario, omofobo, fallocrate e ammiratore di Mussolini. Crepuscolo di un idolo s’intitola: in Francia è uscito un anno fa da Grasset, e - tra invettive e anatemi, accuse e controaccuse - è stato al centro di una violentissima polemica in bella mostra sulle prime pagine di Le Monde e Libération, sulle copertine di riviste come Le Point, L’Express, Nouvel Observateur.

Nelle librerie italiane, il saggio di Onfray contro «l’affabulazione freudiana» arriva mercoledì prossimo (tradotto da Ponte alle Grazie), ma è improbabile che qui da noi possa avere l’effetto di un ciclone, scatenando la stessa ira furente dell’élite intellettuale parigina, decisamente incline a escludere ogni equivalenza tra il fondatore della psicoanalisi e il più volgare degli impostori. Aldilà delle reazioni più o meno composte, Crepuscolo di un idolo è un meticolosissimo quaderno delle doglianze, una dissacrazione che non risparmia nessun dettaglio. Per dirla con Onfray la tesi di fondo della sua «opera» sarebbe nietzschiana: «La filosofia - così si è espresso - è sempre la confessione dell’autore, la sua autobiografia, e ciò vale anche per Freud».

Sarà, ma alcuni capi d’imputazione risultano sconcertanti. Qualche esempio del furibondo j’accuse contro il maestro viennese: Freud intanto è stato un cocainomane depressivo, onanista, incestuoso, tanto ossessionato dal sesso della madre d’allargare all’universo mondo la sua personale patologia edipica. E poi: un adepto di occultismo, un inventore di casi clinici, un antisemita perché il suo Mosè non era ebreo, e in più un sostenitore dei fascismi per quella nota dedica a Mussolini in Perché la guerra? - il carteggio con Einstein. Addirittura sarebbe stato il teorico dell’«attenzione fluttuante», per potersi appisolare durante le sedute! E ancora, imperdonabile, era un mascalzone che andava a letto con la cognata, «subito dopo aver fissato, come cardine della sua dottrina, la rinuncia alla sessualità al fine di sublimare la libido nella creazione della psicoanalisi».

«Che Freud andasse a letto con Minna Bernays, a me lo rende anche più simpatico. Questa storia l’ho già letta quattro anni fa, sul New York Times. C’era anche la «prova»: la registrazione dei due fedifraghi in un albergo lussuoso delle Alpi svizzere, dove si presentarono come marito e moglie e occuparono una stanza matrimoniale... Dunque Freud tradiva Martha, e allora? Questo toglie qualcosa alle sue scoperte?»: i gossip sulla vita privata di Freud divertono Nino Ferro, che rappresenterà l’Europa al congresso dell’International Psychoanalytical Association, in programma il prossimo agosto a Città del Messico. Un po’ difficile farlo parlare «seriamente», per la sua ilarità e anche perché se c’è un analista che non considera Freud un idolo, è proprio lui. Infatti dice: «Questo libro magari sarà una reazione a quel clima di sacralità che c’è in Francia intorno a Freud, una vera idolatria, una sorta di feticizzazione del suo pensiero che fa dell’opera freudiana un Corano... La mia invece è una visione minimalista della psicoanalisi, che considero quanto di meglio sia stato trovato come rimedio alla sofferenza psichica. E sono radicalmente freudiano, ma nel metodo, mettendo continuamente da parte ciò che so a favore di quanto devo scoprire».

Da sempre la psicoanalisi è oggetto di critiche feroci, alcune molto serie firmate Popper o Grünbaum, e negli ultimi anni - sulla scia del Libro nero della psicoanalisi (Fazi, 2006) - di volta in volta ai più lugubri de profundis («Freud è morto») hanno fatto seguito sorprendenti resurrezioni («Il ritorno di Freud»).

«È un fenomeno ricorrente. Ogni tanto libri e giornali, con tono apocalittico, intonano il requiem per la psicoanalisi e smitizzano il suo fondatore»: a dirlo con un filo d’insofferenza è Simona Argentieri, che tra l’altro figura nel Comitato scientifico di un dizionario appena uscito della Treccani (Cervello Mente Psiche). «Capita che alcuni si aggrappano a una grande figura come quella di Freud, idealizzata sia pure in negativo, per sviluppare qualche esile ideuzza. Non credo ci si debba affannare troppo per le critiche, in genere di modesto spessore, tanto più che la nostra disciplina è in sé una teoria della crisi permanente. Il problema è la confusione che generano, senza distinguere tra scuole e percorsi formativi. Ormai ogni cura basata sull’ascolto viene disinvoltamente definita «psicanalisi», accomunando tutti in un costume di eccessiva presenza mediatica. Compresi quelli che - per dirla con Freud - pur denigrandoci, scaldano la loro minestrina al nostro fuoco... La psicoanalisi non avrà cambiato il mondo, tuttavia talvolta un analista - con lento, anonimo, laborioso miracolo - può cambiare la vita di una persona».

Si avventura in un paradosso Antonio Di Ciaccia, nome legato alla cura dell’opera di Lacan (in settembre uscirà da Einaudi il seminario del ‘72-73, quello sul godimento femminile, intitolato Ancora). È lui, che ha firmato la prefazione dell’Antilibro nero della psicoanalisi (Quodlibet, 2007), a dire qui: «Mica male mettere in discussione Freud. Il pericolo è piuttosto la calma piatta, il conformismo degli analisti, l’eccessivo adeguamento alle attese sociali, culturali... Che poi ci sia una profonda ambivalenza nei confronti della psicoanalisi non può sorprendere, perché c’è un «qualcosa» che vuole ignorare il nostro mondo ossessionato dalla razionalità. E questo «qualcosa» - spaventoso, eppure attraente e così assolutamente condizionante - è l’inconscio che Freud ha fatto parlare».


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